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Addio a Chinaglia, è morto negli Stati Uniti Dai gol con la Lazio alle inchieste giudiziarie

"Long John" trascinò i biancocelesti in serie A con una squadra maledetta, tra risse negli spogliatoi, spari ai lampioni e dichiarazioni di voto al Msi. Poi la grande fortuna negli Stati Uniti, dove ancora viveva. Ma negli ultimi anni finì sui giornali soprattutto per le accuse di riciclaggio

Si è spento in Florida all’età di 65 anni Giorgio Chinaglia, storico attaccante della Lazio e della Nazionale italiana. “Long John”, come era soprannominato dai tifosi laziali per quelle sue gambe lunghe, la testa incassata nelle spalle e il suo incedere sgraziato sui campi da calcio, è morto dopo un ultimo periodo di vita poco felice in patria. E’ stato coinvolto in svariate vicende giudiziarie negli ultimi anni. La più nota quella legata al tentativo di scalata alla società sportiva Lazio, cioè uno strano tentativo di acquistare la società da Lotito cominciato l’anno precedente. Al tempo Chinaglia si presentò come il rappresentante di un fantomatico gruppo farmaceutico ungherese intenzionato ad acquisire la maggioranza delle azioni del club capitolino. Questo provocò una serie di oscillazioni del titolo della società in borsa che determinarono una prima accusa di aggiotaggio, cui se ne è aggiunta una per estorsione perché Chinaglia, insieme ad alcuni capi degli Irriducibili (la tifoseria della Lazio) avrebbe ripetutamente minacciato Lotito.

Nello stesso anno la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli iscrisse invece Chinaglia nel registro degli indagati per riciclaggio, con l’aggravante dell’articolo 7, cioè aver favorito la camorra. L’inchiesta, la stessa che si occupò del tentativo di acquisto della Lazio e di quello precedente del Lanciano, riguardava un presunto riciclaggio di denaro da parte del clan dei Casalesi ed era partita seguendo alcune decine di milioni di dollari che sarebbero entrate illegalmente in Italia dall’Ungheria: soldi che si suppone sarebbero serviti per il tentativo di acquisto della Lazio. Chinaglia si è sempre professato innocente e ha rigettato ogni accusa, preferendo però rimanere negli Stati Uniti, dove era rimasto a vivere dopo aver concluso la carriera di calciatore all’inizio degli anni Ottanta nei New York Cosmos. In America Chinaglia fece faville: vinse quattro campionati coi Cosmos e in sette anni mise a segno la bellezza di 193 gol in 213 partite, diventando il miglior marcatore di sempre della Nasl, la North American Soccer League, e venendo inserito nel 2000 nella Hall of Fame.

Ma la vita dell’attaccante di Carrara è sempre stata eccessiva, anche fuori dai campi di calcio. Emigrato in giovane età a seguito dei genitori in Galles, dopo qualche partita con lo Swansea tornò in Italia, prima alla Massese, poi all’Internapoli e infine alla Lazio. Long John da capocannoniere trascina i biancocelesti alla promozione in Serie A e l’anno seguente (stagione 1972-73) ad un incredibile terzo posto da neopromossi: con lo scudetto svanito solo negli ultimi minuti dell’ultima giornata con la sconfitta per 1-0 a Napoli e la contemporanea vittoria della Juve a Roma. L’anno dopo (1973-74) è di nuovo capocannoniere, questa volta in Serie A con 24 gol e la Lazio che vince uno storico scudetto. Meno fortunato con la nazionale, Chinaglia nel Mondiale del 1974 si segnala soprattutto per aver mandato a quel paese in mondovisione l’allenatore Ferruccio Valcareggi che lo sostituì con Anastasi durante la gara d’esordio con Haiti.

Rimarrà comunque nella leggenda come indiscusso simbolo della Lazio degli anni Settanta. Quella di Wilson e Re Cecconi, di Pulici, Garlaschelli, Martini, Frustalupi e Oddi. Quella di Tommaso Maestrelli in panchina. Quella delle partitelle in famiglia in cui si scatenavano le cacce all’uomo, dei pugni e delle risse nello spogliatoio, diviso in due per evitare guai più seri. Delle pistole con cui si sparava ai lampioni durante i ritiri. Dei saluti romani e delle dichiarazioni di voto per il Msi. Dei giocatori che nel tempo libero prendevano il brevetto di paracadutisti. Una squadra maledetta, entrata di diritto nella storia del calcio italiano. Una squadra sublimata dalla carismatica figura di Giorgio Chinaglia: un ragazzo dall’infanzia difficile e dal carattere scorbutico, che si esaltava nelle avversità, quando sentiva di avere tutti contro. E allora partiva nelle sue irresistibili progressioni palla al piede e scaraventava la sfera di cuoio in rete.