Economia & Lobby

Nessuno vuol produrre <br> la caldaia del futuro

Ieri sera ho visto in funzione una caldaia a pirolisi aperta. Costruirla costa 50 euro.

Il mio vicino di casa, Valerio Marchioni, è un genio costruttivo. E mi ha mostrato una cosa che credevo impossibile.
Prima di spiegare di cosa si tratta devo raccontare cos’è la pirolisi.
Da 150 anni conosciamo questa tecnologia rivoluzionaria, restata quasi inutilizzata (chissà perché).
Il principio scientifico è elementare: se metto della legna dentro un cilindro, aspiro l’aria e poi porto il cilindro a 400 gradi, succede che il legno si scinde in gas e cenere. Questo gas è del tutto simile a quello che usiamo per cucinare e può far andare un’auto, un generatore di corrente o scaldare.
Oggi esistono persino degli scooter che montano questo meccanismo.
La pirolisi, o scissione molecolare, è esattamente quello che abbiamo visto in Ritorno al futuro 2 quando fanno partire l’auto rovesciando in un cilindro un po’ di immondizia.
È importante notare che con la pirolisi si può trasformare qualunque sostanza organica secca in gas.
E, per inciso, questo sistema è molto ma molto meno inquinante degli inceneritori (termovalorizzatori) che prima bruciano e poi filtrano i fumi (il che è difficilissimo e ti scappano le nano particelle mortali).

Il problema di questa tecnologia è che comunque è complessa, in quanto bisogna costruire un sistema che porti sottovuoto il combustibile.

Quello che Valerio mi ha fatto vedere ieri sera è una sistema pirolitico senza il sotto-vuoto!
Si tratta di una rivoluzione copernicana dal punto di vista energetico.
Un aggeggio a basso costo, composto solo da 5 pezzi di lamiera, che si può realizzare perfino con materiali riciclati.
Dobbiamo questa scoperta a Nathaniel Mulcahy della WorldStove, azienda tortonese che ha costruito la Lucia Stove. Brucia biomassa e, invece di produrre CO2, la sequestra intrappolandola nel biochar, una specie di carbone vegetale ottimo come concime.
Questa caldaia, grazie a un’intercapedine nella quale si forma una forte corrente d’aria, sfrutta il movimento vorticoso della fiamma.
Sostanzialmente metti del triturato organico in un barattolo bucherellato, accendi e quasi subito si forma una fiamma che ricopre il combustibile impedendo così che l’ossigeno lo raggiunga. Non brucia il legno, brucia il gas che esce dal legno.
Quindi il materiale organico brucia senza ossigeno, cioè invece di bruciare si carbonizza, si scinde in gas e una sorta di carbonella.
La fiamma del gas che brucia sostituisce il cilindro sotto vuoto. E funziona! (vedi il video qui sotto).
Questa è la buona notizia.
La cattiva è che siamo in un mondo di tardigradi scemoidi, visto che questa tecnologia Mulcahy l’ha inventata ben 7 anni fa…
E’ evidente che ci vorrebbe poco a collegare questa caldaia a un generatore di corrente elettrica e a una cocla (vite di alimentazione) che rifornisca di legno la caldaia e porti via la carbonella di scarto.
Ogni piccola azienda agroalimentare italiana potrebbe installare almeno un impianto da 10 chilowatt.
In rete ci sono notizie di vari tentativi fatti da Mulcahy, per trovare un consorzio interessato a industrializzare il brevetto. Evidentemente devono averlo fatto impazzire con i soliti tira e molla perché abbiamo provato a contattarlo ma non risponde. Pare che se ne sia andato ad Haiti a costruire la sua caldaia per quelle popolazioni disperate.
Infatti, originariamente il suo progetto aveva lo scopo di fornire alle popolazioni più povere gas per cucinare a bassissimo prezzo.
Un decimo di quello della legna o della carbonella. E Mulcahy ci ricorda che nel Terzo Mondo il fumo dei fuochi per cucinare dentro le case è una delle principali cause di morte.
Inoltre ridurre del 90% il costo del fuoco per cucinare sarebbe un grosso aiuto per le famiglie. Infine, si ridurrebbe drasticamente il bisogno di tagliare alberi per alimentare i fuochi domestici visto che la caldaia Lucia Stove si può alimentare con qualunque biomassa e tollera un’umidità del 30% (!).
Nel video qui sotto Nathaniel Mulcahy mostra anche una pentola mai vista che permette di far arrivare al bollore l’acqua in pochi secondi. Più veloce del microonde.
La pentola è in realtà un’itercapedine cilindrica, leggermente conica e la fiamma non si limita a lambire il fondo ma penetra all’interno della pentola. Un’invenzione che farebbe risparmiare enormi quantità di combustibile in tutte le cucine del mondo.
(Nota: so benissimo che un cilindro non può essere leggermente conico perché la geometria euclidea conosce solo la precisione – geometrica appunto – dico solo per farmi capire. Preciso questo per evitare 100 commenti di grammatici che mi spiegano che un elefante non può essere un po’ rinoceronte.)

Se io fossi il dottor Monti manderei domani mattina un’unità dei lagunari ad Haiti, capitanati da Passera, allo scopo di rintracciare Nathaniel Mulcahy e fargli firmare un contratto di concessione del suo progetto, in cambio di un assegno a 7 zeri, sull’unghia. Con una tecnologia del genere da produrre, sai quanti reparti della Fiat riapriamo? E sai che risparmio per il sistema energetico italiano?
Ma non succederà.
E per Haiti non partirà neanche Bersani. E, ahimé neanche gli altri leader politici della sinistra. Hanno tutti cose più importanti di cui occuparsi che badare ai fornelli.
Più info: http://www.ok-ambiente.com/2009/09/16/lucia-stove-la-stufa-a-biomassa-del-futuro/

PS
Continuando la ricerca ho scoperto che esistono altre versioni di questa stufa a pirolisi aperta.
Una, inventata da Carlo Ferrato e Davide Caregnato, e studiata per i paesi del Terzo Mondo si può costruire con un pezzo di lamiera zincata, cesoie e scalpello, tagliando e piegando la lamiera e montando la struttura con soli incastri. E un costo irrisorio. Assolutamente geniale.


http://youtu.be/tIfjgMcJY74

Ho anche scoperto che il carbone di risulta della pirolisi, è un fertilizzante straordinario, col quale si forma la mitica Tera Nera degli Indios, un tipo di terreno che ha rendite agricole altissime e che è noto in Sudamerica da millenni.