Cronaca

Per la Dia di Trapani il signor Valtur è un prestanome di Matteo Messina Denaro

La direzione investigativa antimafia ha chiesto il sequestro di tutti i beni del cavaliere Carmelo Patti, fondatore della nota catena di villaggi turistici. Il provvedimento trae origine dall'inchiesta 'Golem', che negli ultimi due anni sta facendo terra bruciata intorno al superlatitante di Cosa nostra

Carmelo Patti

“Né io né mio papà potevamo comprare il necessario per campare … quei quattro pezzi di mobilio che avevamo sono stati pignorati”. Correva l’anno 1962 e questa frase, grido di lamento, di povertà, incredibile alla luce dei fatti, era contenuta in una lettera diretta ai giudici del Tribunale fallimentare di Trapani. La firma in calce è quella dell’odierno patron della Valtur, il cavaliere Carmelo Patti. Lui e suo padre all’epoca furono dichiarati falliti e quello era il modo per protestare rispetto alla grave situazione economica patita.

Oggi, 50 anni dopo, Carmelo Patti è indiscusso patron di una delle più grosse società di ricettività turistica a livello internazionale, la Valtur, ma non se la passa bene: non può dire che non ha di che vivere, ma da qualche anno il ministero dello Sviluppo Economico ha messo sotto amministrazione giudiziaria la Valtur. Di due giorni fa, del resto, la notizia che il prossimo 20 aprile contro Patti comincerà dinanzi al Tribunale di Trapani un procedimento perché la Dia ha chiesto il sequestro del suo patrimonio, valutato nell’ordine dei 5 miliardi di euro.

Una maxi misura di prevenzione che fa seguito all’avviso di garanzia per favoreggiamento al boss latitante Matteo Messina Denaro: secondo la Dia, il cavaliere Patti sarebbe uno dei prestanome del super latitante. Il procedimento di sequestro dei beni contro il patron della Valtur trae spunto dall’inchiesta denominata Golem e che, condotta negli ultimi due anni dalla Squadra Mobile di Trapani, ha fatto un bel po’ di terra bruciata attorno a Matteo Messina Denaro, 50 anni ad aprile, ricercato da 19 anni, dall’estate del 1993.

Nel tempo il nome di Carmelo Patti è comparso più volte accanto a quello di Michele Alagna, ufficialmente insegnante, ma che per Patti svolgeva anche il lavoro di commercialista. Michele Alagna è fratello di Franca Alagna, la donna di Matteo Messina Denaro, nonché colei che al superlatitante ha dato una figlia, Lorenza. Michele Alagna ricopriva cariche sociali nelle aziende di Patti, in particolare in quelle che si occupavano dell’indotto Fiat nel Belice, ma non solo. Avrebbe anche custodito gioielli di Carmelo Patti in una cassetta di sicurezza, aveva la delega ad operare su conti correnti, curava i rapporti tributari di una serie di aziende che operavano di concerto con altre imprese del Gruppo Imprenditoriale Patti.

Alagna e Patti finirono sotto processo per una serie di violazioni fiscali proprio per la gestione delle aziende dell’indotto automobilistico, le cui sedi sono state tutte trasferite in nord Africa, nella penisola iberica, in Lussemburgo. Cablaggi (per conto Fiat) e insediamenti turistico-alberghieri sono il centro degli affari del cavaliere Patti, pare seguiti passo passo dalla consorteria mafiosa. Tra i primi a mettere nei guai il cavaliere per quanto riguarda i rapporti consolidati con Cosa nostra è stato il pentito Angelo Siino di Patti. Che non ha dubbi: “Aiutava ed era aiutato da Cosa nostra e dalla sua ha anche il fatto di essere un massone”.

Il racconto dei pentiti colloca Carmelo Patti molto vicino al defunto cassiere della mafia mazarese Francesco Messina detto mastro Ciccio u muraturi. “Mastro Ciccio – dice Siino – aveva tra le mani Patti, tanto che Bernardo Provenzano ci scherzava su, dicendogli che lui non aveva problemi a passare le vacanze alla Valtur”. Tra i casi recenti che vengono citati nel rapporto della Dia c’è quello dell’acquisto dell’ex villaggio Gasmann di Favignana, il Punta Fanfalo. La vendita all’asta, che risale al 1998, se la contesero due donne: Emma Marcecaglia, oggi presidente di Confindustria, e una sconosciuta di 21 anni di Castelvetrano, Desi Ingrasciotta, che alla fine la ebbe vinta. Ben presto, dietro quest’ultima spuntarono Patti e la Valtur: era stato il cavaliere Patti a tirare fuori il denaro per l’acquisto del villaggio turistico, soldi ancora una volta passati per le mani del fidatissimo Michele Alagna. Il maxi sequestro riguarda partecipazioni societarie in campo industriale e turistico intestati a Patti, a suoi familiari e ad altri soci, ma anche un incredibile numero di abitazioni in Italia e all’estero (Marocco, Costa d’Avorio, Tunisia) e una imbarcazione, la Valtur Bahia, appartenente al dipartimento marittimo brasiliano, registrata a Londra e tenuta ormeggiata a Mazara.

di Rino Giacalone