Scuola

I ricavi dell’Imu finanzino l’istruzione pubblica

Come un perfetto equilibrista Mario Monti è riuscito a rincuorare i mercati assicurando l’introduzione dell’Imu e contemporaneamente a conquistare il plauso della Conferenza episcopale italiana con le esenzioni sulle scuole cattoliche.

Nessuno, però, ha voluto rincuorare quei quattro milioni di studenti iscritti alle scuole e università pubbliche, che hanno visto tagli per un ammontare di 11 miliardi di Euro negli ultimi anni.

Un recente studio condotto dall’Unione degli Studenti in collaborazione con l’Obessu – la rete europea dei sindacati studenteschi – riporta la comparazione tra le politiche rivolte agli studenti attuate nei diversi paesi europei. Prendiamo per esempio le politiche della Norvegia: in questo paese scandinavo sono gratuiti, perché garantiti dallo stato, i trasporti locali, i libri di testo, le gite scolastiche e i computer, inoltre non ci sono tasse di iscrizione alla scuola pubblica, e viene garantito un reddito agli studenti per permettergli di studiare senza la preoccupazione di fare lavori saltuari e mal pagati per mantenersi gli studi come avviene in Italia.

Addirittura la Spagna, paese che sta attraversando una profonda crisi economica garantisce, a chi si trova in difficoltà economica, trasporti, libri, e borse di studio. Nonostante le difficoltà, le scuole continuano ad essere gratuite, accessibili a tutti.

Ci viene da pensare, guardando questi dati, che forse il modo per uscire dalla crisi sia quello di investire in istruzione e ricerca. Perché nessuno ha chiesto che i fondi ricavati dalla lotta all’evasione e dall’introduzione dell’Imu vadano a rifinanziare l’istruzione pubblica e i servizi per gli studenti? Perché tutti parlano della necessità di fare sacrifici per i “giovani” ma intanto il fondo per il diritto allo studio è stato tagliato di 71 milioni (2009-2011) e ogni studente dovrà pagare, in media, 66,5 euro in più di tasse sul diritto allo studio?

Il Governo Monti, dietro al paravento del Governo Tecnico, sta compiendo una scelta profondamente politica, quella di tappare le ali a milioni di studenti che un giorno potrebbero contribuire, grazie alle conoscenze e competenze apprese, a rinnovare l’economia italiana puntando sull’innovazione tecnologica e la green economy.

Forse – con meno retorica sui giovani, nessun privilegio e finanziamento per le scuole e università private e più investimenti in scuole e università pubbliche – torneremmo a dare un senso profondo all’istruzione pubblica, attribuendogli il compito di rialzare il nostro paese dalla crisi che ci ha colpito dando un futuro concreto a milioni di giovani.