Cronaca

Caso Goracci e questione morale

L’arresto dell’ex sindaco di Gubbio Orfeo Goracci è purtroppo il principale motivo per cui si è parlato di Rifondazione Comunista in questi ultimi giorni. Per chiarezza di comportamenti e trasparenza nei confronti dei lettori di questo blog voglio qui riassumere cosa ha fatto Rifondazione Comunista e cosa ne penso.

A novembre, Goracci e alcune altre persone hanno ricevuto un avviso di garanzia. Goracci si è autosospeso dal partito e gli altri indagati iscritti a Rifondazione sono stati immediatamente sospesi. Nei giorni immediatamente successivi Rifondazione ha chiesto a Goracci di dimettersi da vicepresidente del Consiglio regionale dell’Umbria perché noi riteniamo incompatibile che un indagato per reati di quel tipo possa ricoprire incarichi istituzionali. Goracci, contro il nostro parere ha ritenuto di non dare le dimissioni e su questo abbiamo avuto una polemica pubblica.

Qualche giorno fa Goracci e altre persone sono state arrestate. Abbiamo immediatamente sospeso dal partito gli arrestati iscritti a Rifondazione che non avevano ricevuto avvisi di garanzia. Parallelamente abbiamo preso una posizione pubblica molto chiara in cui si ribadiva la piena fiducia nell’azione della Magistratura e l’auspicio che si arrivasse in tempi brevi al processo in modo da fare piena luce sulla vicenda. Su questo è possibile ascoltare l’intervista telefonica che mi è stata fatta dal Fatto Quotidiano

Ieri abbiamo deciso nella segreteria nazionale di Rifondazione Comunista di costituirci parte civile nell’eventuale processo che seguirà alle indagini. Il deliberato della segreteria è il seguente: “Rifondazione Comunista ritiene di inaudita gravità i reati che vengono contestati ad Orfeo Goracci ed agli altri indagati. L’accertamento sul piano giurisdizionale  e delle responsabilità penali, spetta alla magistratura, nella quale riponiamo la massima fiducia. Il Prc ritiene, peraltro, che l’espletamento delle responsabilità politiche ed i comportamenti dei rappresentanti istituzionali debbano essere trasparenti e cristallini ben oltre le responsabilità penali, per questa ragione, quando Goracci ha ricevuto l’avviso di garanzia, gli abbiamo chiesto le dimissioni da vice  Presidente del Consiglio regionale dell’Umbria. Riteniamo che esista un dovere civico, una questione morale, una responsabilità costituzionale fondativa della rappresentanza. A partire da questi convincimenti il Prc, si ritiene parte lesa, di fronte ai propri iscritti ed all’opinione pubblica. Decide, pertanto, sin da ora, che si costituirà parte civile, per difendere l’onore e la militanza generosa e cristallina dei propri iscritti, nella udienza di apertura dell’eventuale processo.”

Questo è quanto ha fatto Rifondazione Comunista in merito alla vicenda, nel modo più trasparente possibile e nella consapevolezza di essere parte lesa. Rifondazione è oggi un partito di uomini e donne che fanno politica nel loro tempo libero, in modo disinteressato e pagando con il loro denaro il funzionamento del partito. Siamo parte lesa perché un episodio come questo – nella misura in cui verrà provato – danneggia la nostra credibilità, la nostra azione politica e offende gli ideali per cui si battono gli uomini e le donne di Rifondazione Comunista.

Qualcuno ci ha detto: “ma non vi eravate accorti di nulla?” No. In tutta franchezza no. Ho avuto conflitti politici con Goracci – e con lo stesso circolo di Gubbio – ma non ho mai avuto il minimo sospetto sul fatto che vi potessero essere illegalità nella gestione dell’amministrazione e nei rapporti con le persone. Né ho mai ricevuto alcuna segnalazione in proposito. Sottolineo questo fatto perché se avessi avuto segnalazioni sarei andato io dall’autorità giudiziaria. Mi è infatti capitato mesi fa di ricevere una lettera anonima in cui si affermava che un nostro consigliere regionale aveva preso voti dalla ‘ndrangheta. Immediatamente ho preso il treno e ho consegnato la lettera al Procuratore della repubblica di Reggio Calabria chiedendo di indagare e fare piena luce sulla vicenda. Solo dopo ho avvisato il consigliere regionale perché ritengo che sulla legalità – nella gestione della cosa pubblica – non si transiga.

Forse questo mio comportamento ha qualcosa a che vedere con il fatto che il consigliere, dopo qualche tempo, ha ritenuto di abbandonarci per passare al PD, ma di questo non me ne dispiaccio.

Questo è quanto. Sono mortificato per questa situazione ma non ritengo in coscienza che il Partito della Rifondazione Comunista abbia alcuna responsabilità per quanto è successo a Gubbio e su cui l’autorità giudiziaria dovrà fare piena luce – il più rapidamente possibile – con un processo.

Detto questo io penso che il problema è modificare le regole per impedire che un sindaco o un amministratore locale possa incidere nel modo ipotizzato dal giudice sulle regole di funzionamento di una amministrazione. Occorre non solo separare più nettamente l’indirizzo politico dalla gestione amministrativa. Un sindaco è eletto per realizzare un programma non per decidere come devono essere gestiti i concorsi. Occorre costruire forme di democrazia partecipata che permettano il controllo da parte della popolazione sulla gestione della pubblica amministrazione. Occorre obbligare le amministrazioni a tutti i livelli ad aprire porte e finestre e a sancire regole per il controllo popolare. Affinché questo sia possibile io penso sia necessario rimuovere quella deformazione plebiscitaria che c’è nella elezione diretta del sindaco.
Questa elezione da un potere che il sindaco non dovrebbe avere. L’elezione diretta trasforma il Sindaco in un a specie di podestà, è un pezzo di berlusconismo istituzionale. Si è molto detto sul fatto che l’elezione diretta permetterebbe al popolo di scegliere la persona più giusta e onesta al di fuori delle manfrine dei partiti. A me pare che non sia vero: in realtà esiste una distanza tra l’apparenza, l’immagine e la realtà e più la persona in questione ha il sostegno dei media e meno il popolo è in grado di conoscere la realtà. Per questo penso che la questione morale, oltre ad un problema di onestà personale sia un problema di regole trasparenti nella gestione della pubblica amministrazione, di controllo dal basso sulla stessa, di abolizione dell’elezione diretta dei “capi”.

Sottolineo per chiarezza che sono per il più rigoroso rispetto della legalità nella gestione della cosa pubblica. Questo non mi ha impedito di far obiezione fiscale alle spese militari, di partecipare a blocchi stradali con i lavoratori in lotta, di partecipare fino in fondo le lotte NO TAV e di oppormi alla repressione delle stesse. La legalità nella pubblica amministrazione è un dovere e per me lo è anche la lotta per cambiare le decisioni sbagliate.