Cronaca

Nel Policlinico militare di Anzio <br/> Vent’anni di sprechi e di inefficienze

La struttura dovrebbe ospitare pazienti lungodegenti, dipendenti del ministero della Difesa e delle Forze Armate, al massimo per 60 giorni, e invece è diventata la loro casa da più di 20 anni

Un padiglione del Policlinico di Anzio

Per arrivarci bisogna costeggiare il mare e la spiaggia che vide lo sbarco degli Alleati nel lontano 1944. Le mura ritinteggiate di rosso e le cime dei pini marittimi e delle palme che svettano dai 14 ettari di parco fanno immaginare un piccolo Eden. Invece, superata la facciata, il Dipartimento lungo degenza “Movm Federico Bocchetti” del Policlinico militare ad Anzio (Rm) rivela la sua desolante realtà: una struttura enorme, cadente e corrosa dal sale, che dovrebbe ospitare pazienti lungodegenti, dipendenti del ministero della Difesa e delle Forze Armate, ex dipendenti o loro parenti, al massimo per 60 giorni, e invece è diventata la loro casa da più di 20 anni. Una casa dove, beninteso, gli ospiti non pagano un euro ma sono completamente a spese della collettività, pur percependo, in molti casi, pensioni di tutto rispetto, nonché pensioni di accompagnamento. Ma questo sarebbe il meno. Sprechi e inefficienze si sono accumulati negli anni, forse anche grazie alla collocazione un po’ isolata rispetto a Roma e all’Ospedale militare del Celio.

Dopo aver visitato la struttura, grazie all’aiuto di un lavoratore interno, che vuole rimanere anonimo e chiameremo K., una cosa appare del tutto evidente: si tratta di un patrimonio immenso che si sta lasciando cadere a pezzi, dove le cose che non vanno sono tante. Per cominciare: in questo che fu, all’inizio del ‘900 prima un sanatorio e poi un ospedale, i posti letto sono 60 (anche se potrebbero essere di più visto lo spazio) ma gli ospiti sono solo 30. Ognuno di loro costa alla collettività 300 euro al giorno, e non pagano un centesimo alla struttura, neanche il ticket. Una cosa però la pagano, tra l’altro in nero fino a qualche mese fa, le badanti. Quasi ogni anziano ha infatti la propria badante, che supplisce a quello che non fa il personale, come dare le medicine e fare le pulizie. Sì, perché in corridoio di badanti straniere se ne vedono tante, ma di infermieri e personale quasi nessuno.

Il paradosso di questa gigantesca struttura infatti è che su 140 dipendenti circa, tra civili e militari, il personale sanitario conta solo una decina di unità, di cui 4-5 infermieri, di certo insufficienti a coprire i turni. Tra i medici non c’è nessun geriatra, come ci si potrebbe aspettare, ma ben due psicologi e uno psichiatra. Più di quello che offrono alcuni ospedali psichiatrici giudiziari italiani…. Ci sono anche altri medici “convenzionati che si portano il lavoro esterno qui, come ad esempio chirurghi plastici. La notte poi – racconta K. – quelli che dovrebbero stare di guardia, in realtà dormono nei loro appartamenti, quindi se succedesse qualcosa non ci sarebbe praticamente nessuno”. Per non farsi mancare niente, il Dipartimento lungodegenza di Anzio dispone anche di una farmacia (in un altro edificio sito sempre nel parco) con due farmacisti militari, “che hanno anche una farmacia esterna – continua K. – e un laboratorio di analisi gestito da un medico di medicina generale e una biologa, anch’essa esterna. Tutto questo anche se a Roma il Celio dispone di diversi laboratori di analisi e di una farmacia”.

Uscendo dalla struttura dove sono ospitati i degenti, si possono trovare altri edifici, come la Chiesa e la casa del comandante (gli unici rimessi a nuovo), una mensa e un bar deserto, e altre strutture che non si è riusciti a visitare. Tutte, assicura K. “tranne quella dove sono ospitati i degenti, con il tetto ricoperto di amianto e prive di impianto anti-incendio. E la cosa assurda è che l’ispezione per la sicurezza fatta qualche settimana fa ha detto che era tutto in ordine”.

Tuttavia la sorpresa più grande si ha se si continua a camminare verso la spiaggia, al di là della strada. Lì ci sono varie rovine romane. “Pochi sanno infatti – continua K. – che esattamente sotto il padiglione dei degenti c’è la villa di Nerone, una struttura immensa dal grandissimo valore storico e artistico. Una ventina d’anni avevano fatto degli scavi ma è stato ricoperto tutto in gran fretta. In compenso quando sono stati fatti alcuni lavori di scavo, come ad esempio la realizzazione di un parcheggio, sono spariti i reperti che man mano venivano alla luce. Mosaici romani, statue e monete d’oro sono finiti probabilmente nelle case di dipendenti”. Nel corso degli anni associazioni, privati e università hanno proposto di ristrutturare alcune parti della struttura, e magari creare un centro studi sul mare. Offerte sempre rifiutate. “E’ chiaro che si vuole far decadere sempre di più questa struttura – conclude amaro K. – fin quando sarà impossibile gestirla. A quel punto sarà svenduta e chi la comprerà farà il vero affare della sua vita. E’ però una grande tristezza assistere a un tale spreco di risorse e vedere professionisti, anche specializzati, sottoutilizzati, che passano il tempo a far niente”. Sì, perchè una volta entrati in quel posto, la depressione ti entra dentro e si vorrebbe subito scappare via. Fuggire da un posto senza via d’uscita.