Diritti

California, “incostituzionale” il divieto <br> a unioni gay. Ora tocca alla Corte suprema

La corte d'appello di San Francisco ha annullato il referendum che proibiva il matrimonio fra persone dello stesso sesso. I comitati: “Vendicare voto di 7 milioni di persone”. Esultano le associazioni Glbt. Ora la parola passa alla Corte che però ha una maggioranza conservatrice

Il divieto ai matrimoni gay in California è incostituzionale. Lo ha deciso una Corte di appello di San Francisco, che ha abolito il divieto. Le unioni omosessuali, brevemente consentite in California nel 2008, erano state messe fuori legge nel novembre 2008, con il referendum “Proposition 8” (passato con il 52 per cento dei Sì) – che inseriva nella Costituzione dello Stato uno specifico divieto al matrimonio tra due persone dello stesso sesso.

Il tribunale di San Francisco ha deciso che “Proposition 8” viola il 14esimo Emendamento della Carta degli Stati Uniti, discriminando esplicitamente un gruppo preciso di persone: i gay e le lesbiche. “Sebbene la Costituzione permetta alle comunità locali di approvare le leggi che preferiscono, è necessario che ci sia almeno una ragione legittima per il passaggio di una legge che tratta persone differenti in modo differente”, ha scritto il giudice Stephen Reinhardt nella sentenza. A questo punto è probabile che i supporter della “Proposition 8” decidano di portare il caso direttamente alla Corte Suprema, che si troverà a decidere sulla legittimità dei matrimoni omosessuali su base nazionale, con una sentenza che avrà con ogni probabilità ripercussioni profondissime sulla società americana (alcuni già paragonano la futura sentenza alla Brown v. Board of Education, che cancellò la separazione tra bianchi e neri nelle scuole pubbliche, o alla Roe v. Wade, che legalizzò l’aborto negli Stati Uniti).

Fuori del tribunale di San Francisco i gay, le lesbiche e i trasgender (molti arrivati anche da altri Stati) hanno a lungo festeggiato. Evan Wolfson, il presidente di “Freedom to Marry”, ha detto che “questa monumentale sentenza d’appello riconsegna la California alla crescente lista di Stati che hanno messo fine alla discriminazione degli omosessuali in tema di matrimonio, e accelera il movimento della maggioranza del Paese a favore dei matrimoni gay” (riferimento alle notizie che arrivano dallo Stato di Washington, sul punto di approvare le unioni tra omosessuali). Duro il commento di “Focus on Family”, tra i gruppi che avevano sostenuto il bando ai matrimoni gay, che attraverso il proprio esperto legale Bruce Hausknecht parla della “necessità di vendicare il voto di sette milioni di persone, che si erano espresse chiaramente per il divieto”.

In attesa del prossimo, probabile ricorso alla Corte Suprema (che resta un’incognita, per i sostenitori dei matrimoni gay: la Corte oggi presenta una maggioranza conservatrice di 5 giudici contro 4), resta l’importanza della sentenza della California, uno Stato che per ampiezza e diversità di popolazione e capacità di influenza culturale ha spesso guidato i cambiamenti negli Stati Uniti. Tra il 16 giugno e il 5 novembre 2008, il periodo in cui le unioni omosessuali furono legali in California, si sposarono circa 18mila coppie dello stesso sesso.

Il passaggio della “Proposition 8” (la cui campagna fu finanziata con circa 40 milioni di dollari da molte istituzioni religiose e conservatrici americane) lasciò comunque in vigore i matrimoni già celebrati. Le unioni tra persone dello stesso sesso sono permesse in sei Stati americani: Connecticut, Iowa, Massachusetts, New Hampshire, New York, Vermont, con l’aggiunta di Washington, D.C.