Cronaca

Gli Schettino d’Italia e <br/>la credibilità persa

Der Spiegel, il più autorevole e autoritario settimanale germanico, scrive con perfidia e rancore che “non poteva che essere italiano un comandante che abbandona la nave” e, comunque, non l’avrebbe mai fatto un tedesco. C’era da aspettarselo. Non è che 17 anni di credibilità calpestata li recuperi in un giorno. Hai voglia a brandire il Rinascimento, c’è poco da vantarsi. Non siamo Schettino, e la dimostrazione arriva proprio dal naufragio, ma gli spunti siamo capaci di offrirli su un piatto d’argento. Il columnist che dipinge l’Italia del Duemila si dimentica quello che hanno fatto altri membri dell’equipaggio, ma soprattutto chi abita all’isola del Giglio. Non importa se per uno Schettino ci sono almeno un migliaio di persone che hanno rischiato la vita senza stipendio per andare a salvare gente di cui non conoscevano niente. Basta farsi un giro da quelle parti: dal vicesindaco in giù tutti hanno una storia da raccontare di quella notte. Sempre al Giglio si può chiedere ai vigili del fuoco (1.000 euro al mese, quando ci sono gli straordinari) quello che hanno rischiato, agli speleologi volontari che si sono presi le ferie per andare a cercare superstiti e scendere a 20 metri di profondità per sette ore, con l’attrezzatura da loro pagata.

Di tutti questi lo Spiegel si dimentica, ma lo fa con scientifica meticolosità e un preciso fine. Non possiamo continuare a negarci che questo Paese nell’ultimo mezzo secolo ha prodotto ed esportato gente come Licio Gelli, Michele Sindona, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi, solo per citarne quattro tra le migliaia. Possiamo pretendere che il mondo se lo dimentichi? Il 1968, nato tra la Francia e la Germania, da loro è durato un mese, in Italia dieci anni: è stato manovrato dai servizi e ha prodotto stragi di Stato. I nostri prodotti da esportazione si chiamano oggi Diego Della Valle e Luca Cordero di Montezemolo, e qualche marcia, se pensiamo a Enrico Mattei e Adriano Olivetti, l’abbiamo persa.

Dietro a quel cuore grande così dimostrato al Giglio, c’è qualcosa che deve essere ricostruito. Forse proprio attorno alla gente come loro. L’attuale governo dovrebbe saperlo. Come dovrebbe sapere che c’è una credibilità persa. Non è solo lo Spiegel. Fatevi una rassegna stampa del naufragio e capirete perché gli imprenditori che cercano di spingersi oltre ai confini non vengono presi minimamente sul serio. Una difficoltà che si rifletterà sull’economia di questo Paese per qualche decennio.

Possibile che Corrado Passera, ministro, banchiere e uomo di mondo, non abbia sentito la necessità, per il bene del Paese e della sua immagine, di andare a vedere quello che accadeva? Possibile: non l’abbiamo visto. Sarebbe stata la solita passerella inutile di berlusconiana memoria? Forse, in questo contesto, no. Stessa necessità non ha sentito il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini e, salvo una breve apparizione di 4 minuti, neppure il capo della protezione civile era arrivato, Franco Gabrielli: prima di stabilirsi sull’isola ha aspettato di essere insignito dal governo del titolo di commissario straordinario per l’emergenza. Da qualche giorno a questa parte il successore di Guido Bertolaso fa il possibile, e sull’isola il clima è indubbiamente cambiato. Ma forse Gabrielli, in qualità di numero uno della protezione civile poteva arrivare un po’ prima. All’ottavo giorno si è fatto vedere il presidente del Senato, Renato Schifani, ma non è un membro del governo. Se vogliamo dirla tutta a quel punto poteva farsi vedere anche Gianfranco Fini, che quei fondali, in qualità di sub, li conosce, visto che proprio a poche miglia dal Giglio lo hanno immortalato più di una volta i fotografi a fare immersioni dove ai comuni mortali è vietato.

Così l’immagine del Paese è rimasta per otto giorni in balia del maestrale, degli Schettino, delle lacrime dell’amministratore delegato della Costa Crociere, Pierluigi Foschi, che piangeva in diretta tv, ma non ha mai fornito una lista completa di quante persone ci fossero a bordo. Neppure ha dato una planimetria della nave ai vigili del fuoco, che per i primi tre giorni hanno effettuato ricerche al buio.

Si dirà che è stata l’emergenza, che bisogna pensare allo spread, ai Btp, all’euro, alla crisi, al debito pubblico. Si dirà che le passerelle sono inutili e le abbiamo finalmente riposte in un cassetto. In realtà per deberlusconizzare il Paese servono anche sforzi diversi. Serve anche mostrare l’altra faccia dell’Italia. Che questo governo, nel caso del Giglio, ha deciso di non mostrare. Chiedete a chi abita sull’isola se avessero preferito una medaglia o una diversa organizzazione dei soccorsi per scongiurare un disastro ambientale che è già in atto. Vi risponderanno loro.