Media & Regime

Dopo Megaupload tocca al Cloud Computing?

La chiusura di Megaupload non è una semplice battaglia a quattro “doppia V” tra pirati e Fbi. Da una World Wide Web War, la vicenda potrebbe innescare una rivoluzione digitale (una World Wide Web Revolution) o far diventare un vecchio ricordo la condivisione e lo storage online.

Il colosso fondato da Kim Schmitz non è il solo sito di hosting dove milioni di utenti ogni giorno caricano e scaricano materiale coperto (e non) da copyright. Infatti a pochi minuti dalla notizia della chiusura del sito, molti si sono fiondati a cercare altri siti da cui scaricare film e serie sottotitolate da gruppi di giovani volontari che quotidianamente traducono dialoghi americani. Lifehacker, ad esempio, ha subito preparato una lista di valide alternative a Megaupload.

Tra queste ci sono “semplici” fornitori di hosting e chi, come Dropbox, oltre a funzionare come deposito di file, consente di avere una nuvola e sincronizzare vari computer fra loro. Chi ultimamente non ha mai sentito parlare di Cloud Computing, la cosiddetta “nuvola informatica” ?

Dropbox è la mia nuvola, lo utilizzo tutti i giorni per i documenti che condivido con i gruppi di lavoro all’università. Mi consente di elaborare un documento e sincronizzarlo su tutti i computer che utilizzo. Anche sullo smartphone. Inoltre se ho creato una cartella collaborativa con più persone con le quali ho un progetto comune, il lavoro degli altri è già sul mio computer senza scambi di file tramite penne usb o altre periferiche esterne.

Non tutto, però, è rose e fiori. Molti criticano i servizi di Cloud Computing perché fra questi non tutti criptano i nostri file una volta depositati sui  server e capita pure che i file siano accessibili alle stesse aziende di cloud. In sostanza c’è chi invita a non fidarsi perché qualcuno prima o poi potrebbe avere accesso alla nostra nuvola e rubare preziose informazioni. D’altronde lo stesso Dropbox è stato sotto accusa per un grave problema nella sicurezza dei dati (durato poche ore), in seguito a un bug annunciato sul blog ufficiale. Il servizio tuttavia continua a funzionare molto bene e la mia nuvola sincronizza i documenti senza problemi.

Ma è proprio questo il punto. Se qualcun altro, in Italia o dall’altra parte del mondo, stesse utilizzando Dropbox violando norme sul copyright e l’Fbi (o chi per lui) decidesse di chiudere il servizio, che fine fa la mia nuvola? Che fine fanno i miei documenti? Certo, posso sempre cambiare servizio, stare sicuro perché in ogni caso i file che stavano sulla nuvola sono fisicamente anche sul computer, ma ciò non toglie che io rimango privato di un servizio fondamentale. Come faranno coloro (non sono pochi) che lavorano a migliaia di chilometri di distanza?

È chiaro che la discussione non si dovrebbe limitare al solo scambio di materiale pirata. E certo non sto qui a discutere delle leggi sul copyright anche se – visti i tempi – è evidente che vadano riviste. La vicenda di Megaupload rischia quindi di creare un precedente pericoloso per il cloud computing e la Rete intera. Inoltre con le minacce di censura sempre dietro l’angolo (vedi Sopa), c’è davvero materiale caldo su cui discutere.