Mafie

Pio Albergo Trivulzio e lo strano appalto <br/> per le pulizie che vale sei milioni di euro

Su sei società che sono andate alle buste, tre condividono interessi e soci. Di più: il caso si allarga a personaggi già coinvolti in tangentopoli. Spuntano contatti con Cosa nostra e un'indagine su un omicidio irrisolto, quello di Maurizio Pierro

Una gara d’appalto da sei milioni di euro. Dodici ditte partecipanti che diventano sei all’apertura delle buste. Tra queste, ben tre, vale a dire il 50%, condividono affari e interessi. Una di loro, poi, si aggiudicherà il bando. Le altre arriveranno seconda e quarta. Con un particolare: la differenza tra le rispettive offerte sta dentro una forbice di appena 50mila euro. In questo modo si evitano ribassi che potrebbero essere giudicati anomali. Capita al Pio Albergo Trivulzio di Milano.

Ma per comprendere i particolari di questa vicenda, che rischia di riportare sotto i riflettori la Baggina dei milanesi, bisogna tornare al 14 aprile 2011. In quella giornata l’allora commissario Emilio Triaca, nominato a febbraio dopo l’azzeramento dei vertici del Pat travolto dallo scandalo di affittopoli, licenzia il bando di gara per gestire il comparto delle pulizie. Un bel tesoretto da spalmare in tre anni. Ai nastri di partenza ci sono anche due spa, che saranno escluse. L’appalto, catalogato come pubblico, vale 6,5 milioni di euro. L’apertura delle buste avviene il 20 settembre. Tutte le ditte fissano un tetto di spesa annuale. Vince la Colocoop che spunta un prezzo di due milioni di euro. A seguire la National Cleaness, quindi la Manutencoop e quarta la Ferco srl. Ultima la Team service che corre con l’handicap di aver vinto la stessa gara tre anni prima. In calce al verbale di apertura delle buste le firme dell’avvocato Massimo Meraviglia, dirigente degli affari generali e del provveditore Ugo Ammanati, entrambi presenti nell’attuale organigramma del Pio Albergo che dallo scorso ottobre ha un nuovo Cda presieduto da Laura Iris Ferro.

L’appalto in queste ore stuzzica gli investigatori, anche se ad oggi non è stato aperto alcun fascicolo. Ma, al di là delle ipotesi giudiziarie, resta una certezza: i rapporti d’affari tra alcuni soci. Cui fanno da contorno vecchi protagonisti di tangentopoli e l’ombra della mafia.

ASSETTI SOCIETARI COMUNI

Dubbi e sospetti emergono spulciando gli assetti societari delle ditte arrivate prima, seconda e quarta. Cominciamo allora dalla Colocoop. Tra i soci c’è il milanese Valerio Greco. Suo padre, Bruno Greco, ufficialmente compare nel Cda dell’azienda fino al 1996. Quattro anni prima finirà in carcere per tangentopoli. Il suo nome sta nella lista dei primi otto imprenditori arrestati. Lo scandalo di Mani Pulite all’epoca è solo all’inizio. Lui ne uscirà dopo una condanna pecuniaria. Non è finita. Nel 1999 per Bruno Greco scattano di nuovo le manette. L’inchiesta riguarda le mense del Comune. L’imprenditore viene accusato di aver pagato una tangente ai funzionari dell’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Denaro versato, scrive il giudice, anche “per nascondere condotte scorrette del personale dell’impresa di pulizie nei confronti dei pazienti”. L’impresa, come per il 1992, è sempre la Colocoop. Nel 2003 Bruno Greco sarà assolto con formula piena e dopo aver passato tre mesi di carcere preventivo.

APPALTI E COSA NOSTRA

Proseguiamo: seconda classificata nell’appalto del Pat è la National Cleanness. La srl con sede a Ferno (Varese) ha tra i suoi soci sempre Bruno Greco che detiene il 24,5% delle quote. La società, riferibile al gruppo composto da Bruno Greco, Stefano Fabris e Franco Sales, compare nel fascicolo che riguarda la morte di Maurizio Pierro, commercialista ucciso a Milano l’11 febbraio 1997. Omicidio a oggi irrisolto e le cui indagini hanno riguardato imprenditori vicini a Cosa Nostra. Tra le migliaia di pagine dell’inchiesta spunta un’annotazione della Dda di Milano “che – si legge – vuole mettere in luce il collegamento di Bruno Greco con ambienti riconducibili alla malavita organizzata”. Legami che secondo gli investigatori emergono da un’indagine della procura di Catania sulle infiltrazioni del clan Santapaola negli appalti della base americana di Sigonella. Il fascicolo risale alla seconda metà degli anni Novanta e si concluderà con l’arresto di 21 persone.

Nel 1996 la Cooperativa Trasporiental “riconducibile a Cosa nostra”, si aggiudica l’appalto per le pulizie inizialmente vinto proprio dalla National Cleanness. Gli accertamenti successivi dimostrano come “la Trasporiental, per mezzo di persone legate a Stefano Fabris e Bruno Greco, aveva concordato delle strategie atte a consentire alla società medesima di inserirsi nelle gare d’appalto del Nord Italia”. Sul punto vengono anche sentiti Greco e Fabris, i quali, si legge nell’annotazione milanese, rendono “dichiarazioni mendaci e concordate tra loro, al fine di eludere le investigazioni”. Di più: “Gli imprenditori dopo essere stati vittime dell’attività illecita della Trasporiental, avevano poi raggiunto un accordo con questi ultimi, condividendone la strategia mafiosa che avrebbe loro consentito di operare con la loro impresa sul territorio”.

Sia Bruno Greco sia Stefano Fabris non saranno raggiunti da avvisi di garanzia. Il loro terzo socio nella National Cleaness, Franco Sales, invece sì, ma per altri fatti. Nel 2005 il tribunale di Milano lo condannerà a undici mesi in primo grado per corruzione negli appalti della sanità lombarda.

NON SOLO PULIZIA: CEMENTO E ‘NDRANGHETA

Non è finita. Bruno Greco, infatti, è legato a Enzo Costa proprietario della Ferco srl, la società che nell’appalto del Pat arriverà quarta. I due ras delle pulizie condividono diversi interessi nel settore immobiliare. I loro nomi compaiono negli assetti societari della Giglio2 srl e dell’Immobiliare Cusago 96. A chiudere il quadro, riportando in primo piano l’ombra della mafia, c’è una spa che si occupa di edilizia: la Villaggio del Sole, tra i cui soci, oltre allo stesso Greco, compare Adolfo Mandelli, arrestato il primo luglio 2010 per i suoi legami con la ‘ndrangheta lombarda.

Insomma, dopo affittopoli e dopo i sospetti d’infiltrazione delle cosche nei lavori della ex Casa Albergo di via Fornero, ora spunta l’ennesimo sospetto. E del resto alcuni appalti sono già oggetto d’indagine da parte della procura. Tra questi anche quello per la ristrutturazione dell’ex sezione Santa Caterina poi dedicata alla mamma di Silvio Berlusconi.

Per quanto riguarda l’inchiesta sull’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone il virgolettato riferito a Bruno Greco non è dei giudici che lo assolveranno con formula piena, ma del gip che ne dispose l’arresto

Si precisa che all’epoca dell’inchiesta di Catania sulle infiltrazioni di Cosa nostra nella base di Sigonella, Bruno Greco non era socio della National Cleanness, ma lo è diventato solo successivamente

Articolo modificato dalla redazione web alle 16,35 del 5 marzo 2012

AGGIORNAMENTO
Nell’ottobre 2016 Enzo Costa e Bruno Greco hanno patteggiato rispettivamente 5 e 6 mesi di reclusione per le accuse di traffico di influenze illecite