Emilia Romagna

Lotta contro la vivisezione, prima condanna in Italia per un laboratorio fuorilegge

Quattro mesi di carcere per un imprenditore che in pochi anni ha compiuto oltre 1300 esperimenti illegali sugli animali. "Questa condanna è particolarmente importante perché è emessa per un caso di sperimentazione illegale – spiega la Lav - e perché conferma che tutti gli animali sono oggi oggetto della normativa penale sul maltrattamento (legge 189 del 2004), senza distinzione alcuna, anche se oggetto di attività speciale, come in questo caso la sperimentazione animale''

Prima storica condanna in Italia a un laboratorio illegale di vivisezione. Il procedimento penale che ha fruttato una condanna a 4 mesi di carcere per un imprenditore di Mirandola (Modena) è scaturito a seguito dell’intervento delle Guardie zoofile della Lav, coadiuvate dalla Guardia di Finanza, nel gennaio 2011 a cui era anche seguito il sequestro dei più di duecento animali presenti, detenuti miseramente in scaffali di stabulazione, poi salvati dalla associazione animalista.

Nei locali posti sotto sequestro quasi un anno fa erano stati compiuti più di 1300 esperimenti fuorilegge di biocompatibilità e sperimentati oltre 500 sostanze medicinali torturando fino alla morte cavie conigli e criceti.

E come se non bastasse, le operazioni dell’imprenditore modenese sono state affiancate, come scrive la Lav in un comunicato, dall’Università di Modena che ha di fatto prestato il suo nome a un privato che compiva esperimenti abusivi al fine di mettere a punto materiali e dispositivi medici all’interno di una vera e propria cascina, un casolare di campagna in condizione igienico-sanitarie assolutamente precarie.

”Un reato gravissimo, sia per le sofferenze inflitte agli animali sia per l’assenza di garanzie che un laboratorio clandestino può offrire alla collettività, e per il quale dunque avremmo voluto una pena ben più severa – afferma la Lega AntiVivisezione Emilia Romagna – Questa condanna è particolarmente importante perché è la prima emessa in Italia per un caso di sperimentazione illegale e, inoltre, perché conferma che tutti gli animali sono oggi oggetto della normativa penale sul maltrattamento (legge 189 del 2004), senza distinzione alcuna, anche se oggetto di attività speciale, come in questo caso la sperimentazione animale”.

L’episodio si aggiunge ad una lunga e significativa serie di battaglie animaliste contro la vivisezione non più solo ideali ma reali che sta portando i primi importanti risultati. Come ad esempio  l’allevamento lager di cani e roditori destinati al laboratori di vivisezione Stefano Morini di San Polo d’ Enza (RE), chiuso nel 2010, in piedi fin dal 1953 dopo la formazione di uno speciale coordinamento animalista dal nome programmatico “Chiudere Morini” attivo dal 2002.

Altro obiettivo recente delle associazioni, già riportato sul fattoquotidiano.it, è stata la richiesta di chiusura per la Green Hill in provincia di Brescia, altro allevamento lager candidato ad essere uno dei più grossi d’Europa e acquistato da pochi anni dall’azienda americana Marshall Farm Inc., la più grande “fabbrica di cani” da laboratorio al mondo.

Da Montichiari, piccolo e anonimo comune bresciano partono così le cavie vive, in grossa parte inermi cani beagle, destinate ai laboratori di tutto il mondo, dall’America alla Cina, anche se la parte più cospicua di quegli animali resta in Europa.

Carismatiche e bipartisan le figure impegnate in questa lotta: l’ex ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, che si era già impegnata per finanziare i metodi alternativi alla vivisezione, e l’eurodeputato Idv Andrea Zanoni, che ha depositato un’interrogazione alla Commissione europea per fare luce sulle inadempienze e sui maltrattamenti di Green Hill denunciati dagli animalisti: “Se il canile lager non rispetta le regole allora deve chiudere per sempre”.

Battaglia delle associazioni animaliste, quanto azione del corpo forestale dello stato, è anche la lotta in Emilia Romagna contro il commercio clandestino di cuccioli provenienti dall’est europeo, in massima parte da Ungheria, Repubblica Slovacca, Romania. Un mercato illegale da 300 milioni di euro,  giocato sulla pelle di poveri cani ammassati nei lunghissimi trasporti sottoposti a vaccinazioni ripetute o non vaccinati del tutto, contando su un’organizzazione capillare dei trafficanti che coinvolge allevatori, trasportatori, veterinari e negozianti apparentemente regolari.

Parecchie le azioni del corpo forestale andate a buon fine, anche di recente: il sequestro di cani a Reggio Emilia provenienti dall’Ungheria, o quella condotta dal nucleo della polizia zoofila di Formigine (Mo) contro una sedicente fattoria didattica che ammassava 356 cani di tutte le razze costretti in anguste gabbiate da conigli, provenienti dagli stessi traffici illeciti.

La nota lieta arriva infine dalla battaglia compiuta contro Green Hill: la nuova mascotte del movimento animalista è Tobia, giovane cucciolo di Beagle recentemente salvato dal tavolo operatorio bresciano della multinazionale americana.

d.t.