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Obama: “Centrale il nostro ruolo in Asia”<br>La Cina si arrabbia, l’Europa sta a guardare

Il presidente statunitense ha parlato al Parlamento australiano marcando l'importanza strategica degli Usa nello scenario del Pacifico. Sul piatto un accordo per la creazione di una base militare permanente nel nord del Paese. La reazione di Pechino all’accordo tra Washington e Canberra non è stata positiva

Barack Obama al Parlamento australiano

Non è stata solo una visita di cortesia, quella del presidente statunitense Barack Obama in Australia. I due paesi, solidi alleati, hanno posto le basi per una ulteriore, più stretta, collaborazione che in futuro dovrebbe diventare uno degli assi portanti della politica statunitense nel Pacifico.

Se non fosse chiaro, lo ha spiegato lo stesso Obama, in un discorso al Parlamento federale australiano, a Canberra. «Gli Stati Uniti sono una potenza del Pacifico – ha detto – E siamo qui per rimanerci. Non devono esserci dubbi l’America è completamente dentro lo scenario dell’Asia e del Pacifico nel XXI secolo».

«Con la maggior parte delle potenze nucleari e metà dell’umanità, l’Asia deciderà in larga parte se questo secolo sarà un secolo segnato dai conflitti o dalla cooperazione, da inutili sofferenze o dal progresso umano – ha proseguito Obama – E come nazione del Pacifico, gli Stati Uniti avranno un grande ruolo e di lungo termine nel forgiare questa regione e il suo futuro, rispettando i loro principi fondamentali, in stretta collaborazione con i nostri partner e alleati». In questa cornice, ha detto ancora il presidente Usa, l’alleanza con l’Australia è indispensabile e diventerà ancora più stretta.

Il primo atto di questo nuovo corso, però, è tutt’altro che pacifico. Obama infatti ha portato in dote alla premier australiana Julia Gillard un accordo per la creazione di una base militare permanente statunitense nel nord del Paese, dove sarà stanziato un contingente di 2500 marines. «La riduzione delle nostre spese per la difesa – ha spiegato Obama – non avverrà a spese del Pacifico. Le mie linee guida sono chiare, pianificheremo e finanzieremo le risorse necessarie a mantenere la nostre forte presenza militare in questa regione. Proteggeremo la nostra unica capacità di proiezione di potenza e di controllo delle minacce alla pace».

Quali siano queste minacce, però, non è dato sapere, almeno non dalla lettera del discorso di Obama, ma i dubbi sono pochi, tra gli analisti di geopolitica e cose militari. Appena pochi mesi fa, infatti, il Pentagono ha diffuso il suo annuale rapporto sulla crescita del potenziale militare cinese e ha sottolineato come, in un futuro nemmeno troppo lontano, la Cina sarà in grado di sostenere il suo ruolo di gigante mondiale anche sul piano delle capacità belliche.

La reazione di Pechino all’accordo tra Washington e Canberra non è stata positiva. Un articolo del Quotidiano del popolo, l’organo ufficiale del Partito comunista cinese, ha criticato l’accordo e ha detto che «l’Australia non può pensare di prendere in giro la Cina». Obama, però, ha cercato di mostrarsi molto diplomatico e ha elogiato nel suo discorso al parlamento australiano anche lo spirito di collaborazione che su alcuni dossier, come quello nordcoreano, si è instaurato con Pechino. «Cercheremo nuove opportunità di collaborazione con la Cina, compreso un maggior dialogo tra le nostre strutture militari, per facilitare la comprensione ed evitar fraintendimenti – ha aggiunto il Premio Nobel per la pace – Tuttavia allo stesso tempo continueremo a parlare francamente con Pechino dell’importanza di rispettare le norme internazionali e i diritti umani del popolo cinese».

Proprio il tipo di “lezioni” poco gradite a Pechino che si sente circondata dalla rete di forti relazioni bilaterali degli Usa con il Giappone, la Corea del sud, l’Australia e sempre di più anche Indonesia e India, gli altri due colossi della regione. Dopo la visita in Australia, Obama ha partecipato al summit dell’Asean, l’organizzazione regionale del sud est asiatico, a Bali, Indonesia. Un summit diverso dal solito perché non si è parlato solo di questioni regionali, ma, con la presenza di rappresentanti di governi che non fanno parte dell’organizzazione (Obama e il presidente russo Dimitri Medvedev arrivano oggi – India, Cina, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Corea del sud da domani) è a tutti gli effetti un forum internazionale di altissimo livello. Una prefigurazione del ruolo del Pacifico nei prossimi decenni. L’Europa, non invitata, guarda da molto molto lontano.

di Joseph Zarlingo