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Uno scienziato dell’ex Urss dietro <br> al programma nucleare iraniano

A sostenerlo fra gli altri il Washington Post che cita fonti d'intelligence e l'atteso rapporto dell'Aiea. Dal Cremlino sono arrivate parole durissime contro il paventato attacco israeliano contro le presunte postazioni nucleari di Teheran

Il rapporto sul nucleare iraniano dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ancora non è stato reso noto, ma secondo alcune anticipazioni, un gruppo di scienziati stranieri, fra cui un russo, avrebbe dato man forte a Teheran nella realizzazione di ordigni nucleari.

A sostenerlo, fra gli altri, il Washington Post che cita sia fonti di intelligence che parte del lavoro dell’Aiea (che sarà reso noto nei prossimi giorni a Vienna). Fra gli scienziati che avrebbero permesso all’Iran di superare diverse fasi critiche nel processo di costruzione di un’arma nucleare, spiccherebbe il fisico nucleare Vyacheslav Danilenko, ex scienziato sovietico ingaggiato dall’Iran alla metà degli anni’90.

Secondo quanto riportato dal quotidiano Usa, Danilenko avrebbe istruito per anni gli iraniani su come “costruire detonatori di alta precisione simili a quelli utilizzati per innescare una reazione a catena nucleare”. E avrebbe fornito al governo di Teheran informazioni preziose per la costruzione di un tipo particolare di generatore, l’R265, fondamentale per la realizzazione un ordigno atomico.

Il piano segreto dell’Iran, sempre secondo il quotidiano Usa, si sarebbe rivelato “più ambizioso, più organizzato e con più successo di quanto inizialmente sospettato”. Il Washington Post, però, avverte: Teheran non avrebbe ancora ultimato il suo programma, non potrebbe contare su ordigni nucleari e al momento e non avrebbe ancora deciso se costruire o meno una bomba. E, elemento non secondario, non ci sarebbero elementi che farebbero pensare che il governo di Mosca sia mai stato al corrente dell’attività dello scienziato.

E proprio dal Cremlino, questa mattina, sono arrivate parole durissime sul possibile attacco contro le installazioni nucleari iraniane, citato più volte negli ultimi giorni dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e dal presidente israeliano Shimon Peres secondo il quale “la possibilità di un attacco militare contro Teheran è più probabile di un’opzione diplomatica”.

Intervenire sarebbe “un grave errore dalle conseguenze imprevedibili”, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, sottolineando che “non ci può essere alcuna soluzione militare al problema del nucleare iraniano”. Tutti i conflitti, ha proseguito Lavrov, “devono essere risolti esclusivamente attraverso i mezzi approvati dalla comunità internazionale nell’ambito della carta dell’Onu”.

Il presunto dossier nucleare iraniano, tra l’altro, ha ancora moltissime zone d’ombra. Se da una parte anche il Financial Times, anticipando i contenuti del rapporto dell’Aiea, ha fatto riferimento oggi a nuove prove che dimostrerebbero l’intenzione di Teheran di costruire l’arma nucleare, come alcune immagini via satellite di un grande container di acciaio che può essere utilizzato per una serie di test con potenti esplosivi indispensabili per la bomba atomica vicino a Teheran, non c’è un riferimento concreto sull’ipotesi che il Paese sia in procinto di effettuare test.

Nel frattempo, mentre Washington e Tel Aviv non commentano le indiscrezioni sull’attesissimo rapporto dell’Aiea, l’ayatollah Seyyed Ahmad Khatami, membro dell’Assemblea degli Esperti e considerato un falco dell’establishment iraniano, ha rimandato già al mittente qualsiasi critica. Sostenendo che i rapporti dell’Agenzia sul programma nucleare iraniano sono “falsi”.