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Sarkozy e Assad, storia<br>di un’amicizia che imbarazza la Francia

L’ultima visita a Parigi del presidente siriano risale al dicembre scorso quando fu accolto con tutti gli onori. Da allora sembra passato un secolo. L'inquilino dell'Eliseo tenta di accreditarsi come il peggior nemico del dittatore di Damasco

Sarkozy strinbe la mano ad Assad durante l'incontro all'Eliseo nel dicembre 2010

L’ultima visita a Parigi del presidente siriano Bashar al-Assad risale al dicembre scorso. Al seguito, come sempre, arrivò la bella e «occidentalizzata» moglie Asma. Una colazione fra lei e Carlà fu largamente documentata da tutti i media francesi (la «Diana orientale», veniva definita da Paris Match). Le foto di Assad e consorte, ritratti più tardi ai tavoli della Coupole, tradizionale brasserie parigina, come una semplice coppia di innamorati, sono finiti su riviste e siti di ogni tipo. Ebbene, è trascorso meno di un anno. Ma è come se fosse passata un’era. Sarkozy è diventato uno dei leader occidentali più duri nei confronti di Assad. Quasi volesse far dimenticare i suoi trascorsi. Quell’amicizia a lungo sbandierata con il rais siriano, regista da mesi di uan durissima repressione contro i dissidenti nel suo Paese.

Sarkozy ovvero colui che ha «sdoganato» Assad. Si dirà: “Niente di nuovo, succede sempre così”. Basti pensare a Gheddafi: andavano a trovarlo o lo ricevevano con fasto un po’ tutti i leader mondiali, appena pochi mesi prima dell’inizio della rivolta. Celeberrimo è il baciamano che Berlusconi tributò al leader libico in occasione della sua ultima visita in Italia. Ma non è la stessa cosa. Perché lo sdoganamento di cui Assad ha beneficiato dal 2008 e praticamente fino agli inizi del 2011, è opera solo e soltanto del presidente francese che l’ha voluto sottrare dal suo ruolo di «paria» della comunità internazionale.

Un amico arabo esclusivo per il Presidente. L’obiettivo? Avere un alleato «personale» (da non condividere con gli americani) nell’area, utile per il progetto sarkozysta di Unione per il Mediterraneo. Il debutto di Assad avviene dal palco d’onore alla parata del 14 luglio 2008. In realtà le polemiche in Francia non mancano. E un emissario dell’Eliseo a Damasco cerca di strappare al dittatore la promessa di liberare un gruppo di prigionieri politici malati. Come dirà a un diplomatico Usa (la conversazione è stata rivelata da Wikileaks), incasserà «un no netto e brutale». Sarkozy decide di annullare l’invito? «No, abbiamo deciso di non fare della questione dei diritti dell’uomo una condizione vincolante», dichiara il suo consigliere al collega americano.

Massacri? Torture? Sarkozy non sente storie. Lo sdoganamento di Assad avviene nonostante i pareri contrari, fin dagli inizi, degli esperti del ministero degli Esteri francese, che sottolineano quanto repressivo sia il regime di Damasco. «Quando spiegavamo a Sarkozy che era uno dei tiranni della peggior specie – ha sottolineato al Nouvel Observateur Bernard Kouchner, responsabile del dicastero fino al novembre 2010 -, lui rispondeva : ‘Bashar protegge i cristiani. E con una donna così moderna come moglie, non può essere un personaggio completamente negativo’». Alla presenza del presidente siriano alla parata del 14 luglio del 2008, fece seguito la visita «storica» (così venne definita) di Sarkozy in Siria nel settembre dello stesso anno. E poi un continuo andirivieni, con cadenza annuale.

Come al solito, la ‘mania’ di andare contro Chirac – La passione di Sarkozy per la Siria ha radici lontane. Nel 1997, quando era solo un semplice deputato, aveva ricevuto un invito dal partito Baath siriano. Rimase nel Paese tre giorni, con l’allora moglie Cécilia, a fare turismo, servito e riverito dal regime. Più tardi elogierà a più riprese la «fierezza siriana» e la «tolleranza religiosa» del Paese. Una volta diventato presidente, nel 2007, il suo predecessore, Jacques Chirac, cercherà di influenzarlo negativamente riguardo alla Siria, i cui servizi segreti erano stati all’origine dell’omicidio due anni prima di Rafiq al-Hariri, ex premier libanese. E grande amico di Chirac (la ricca famiglia Hariri paga da vari anni al pensionato Chirac l’affitto di un lussuoso appartamento con vista sulla Senna, ndr). Ma i consigli dell’anziano collega, suo acerrimo nemico nella destra francese, spinsero Sarkozy a perseguire ancor di più sulla sua strada filo-siriana.

Una politica da furbi, ma con pochi risultati. Già nella visita del settembre 2008, Sarkozy concluse a Damasco una serie di accordi di tipo economico, come la costruzione della metropolitana della capitale siriana attribuita ad Alstom e la fornitura di 54 Airbus a Syrian Air. Ma con il tempo, di tutto questo non rimarrà nulla, a parte la costruzione di un cementificio effettuata dal gruppo francese Lafarge. Per il resto l’opposizione degli Stati Uniti bloccherà tutto, in particolare l’embargo sulla vendita di ogni tecnologia sensibile alla Siria, che renderà impossibili perfino le forniture di Airbus. Anche a livello politico, l’amico siriano servirà a poco, né per svolgere un ruolo nelle trattative fra isrealiani e palestinesi, né per il progetto dell’Unione per il Mediterraneo, nel frattempo naufragato. Quanto al Libano e alla sua (supposta) ritrovata indipendenza, lo scorso 25 gennaio la caduta del favorito dei francesi e dei sauditi, Saad Hariri, orchestrata da Damasco, ha rappresentato la prova lampante che a Libano a comandare sono sempre i siriani. E dire che Sarkozy contava tanto sull’amico Assad per riportare una vera democrazia a Beirut.

L’inversione di rotta: tanto rapida quanto ipocrita. Il 26 aprile scorso, per la prima volta nella sua vita, Sarkozy pronuncia delle parole critiche su Assad definendo la sua repressione «inaccettabile». Da allora il nuovo trend si afferma sempre più. Il presidente francese è ormai il più duro dei leader europei nei suoi confronti. Il 10 ottobre al teatro dell’Odéon si sono riuniti alcuni rappresentanti dell’opposizione siriana. Presente anche il ministro francese degli Esteri, Alain Juppé. Pronuncia queste parole: «La Francia, con tutti i suoi mezzi, sarà accanto al popolo siriano nela sua lotta per la libertà».