Emilia Romagna - Cronaca

La strategia della tensione e le trame neofasciste

Le trame dell’eversione neofascista in Italia, ai tempi della strategia della tensione, a volte richiedono di essere seguite oltreoceano. Succede, ad esempio, se s’indaga il caso di Augusto Cauchi, militante aretino del movimento politico Ordine nuovo e poi del Fronte nazionale rivoluzionario.

Il documentario 4 agosto ’74. Italicus, la strage dimenticata di Quadretti e Guzzo, chiama apertamente in causa il “bombardiere nero”, protagonista di diversi attentati ai treni in Toscana.

Augusto Cauchi è indicato, in un appunto sequestrato a Stefano Delle Chiaie, come uno degli autori della strage dell’Italicus.

La stessa Alessandra De Bellis, moglie separata di Cauchi, il 10 agosto 1975, disse all’allora sostituto procuratore della Repubblica di Arezzo Marsilio Marsili (genero di Licio Gelli) che l’attentato al treno espresso fu preparato nella casa del marito alla Verniana di Monte San Savino (Arezzo) e che l’avevano materialmente compiuto i neofascisti, compreso il suo ex marito.

Oggi l’ex “primula nera” ha 60 anni, vive in Argentina, dove ha tentato, sotto falso nome, di rifarsi una vita sposandosi e avviando una ditta di import-export di olio d’oliva. Un po’ come un altro estremista di destra, Giovanni Ventura, defunto il 2 agosto 2010, dopo aver riparato a Buenos Aires, dove aveva aperto il centralissimo ristorante italiano “Filo”.

Cauchi nei decenni di latitanza ha collezionato 5 mandati di cattura per strage, associazione sovversiva e banda armata. Quando nel 1993 l’hanno arrestato nel suo appartamento di Buenos Aires, doveva scontare 12 anni e sei mesi di carcere per ricostituzione del partito fascista e associazione sovversiva e armi. La pena a lui inflitta e non scontata è andata estinta per “mancata esecuzione”.

Dopo la strage dell’Italicus Augusto Cauchi fuggì da Arezzo. Era il 27 gennaio del 1975. A Empoli, tre giorni prima, Mario Tuti, un altro esponente del Fronte nazionale rivoluzionario, uccise due agenti di polizia.

Cauchi, vicino alla P2 di Gelli e protetto dal Servizio informazioni difesa (Sid) riparò dapprima in Spagna. Il 1° luglio del ’74 l’ammiraglio Mario Casardi era subentrato, ai vertici del Sid, al generale Vito Miceli (tessera n.1605 della P2).

In Spagna, il generale Francisco Franco diede protezione ai transfughi neofascisti. In cambio Cauchi e gli altri “dell’ostello di terroristi gestito da Delle Chiaie” ebbero l’occasione di mettere a segno numerose operazioni per conto dei franchisti.

Augusto Cauchi rapì e uccise un industriale cercando di far ricadere le colpe sui nazionalisti baschi. Poi, il 9 maggio 1976, con Stefano Delle Chiaie, Piero Carmassi, Mario Ricci, Giuseppe Calzona e Carlo Cicuttini prese parte all’assassinio, a colpi di pistola, di due giovani democratici a Montejurra, nel corso di una manifestazione organizzata dal partito carlista. Nessuno in Spagna ne rispose anche se, su questa vicenda, fu pubblicato un servizio fotografico con le immagini degli aggressori in azione.

Alla morte di Franco, il 20 novembre ’75, la protezione avrebbe rischiato di saltare e allora Cauchi prese la consueta via di fuga del terrorismo nero, approdando sulle rive del rio de la Plata .

In Argentina, il 1° luglio del ‘74 era morto il presidente Perón. Gli successe la moglie Isabela Martínez, ma di fatto l’uomo forte era Lopez Rega che fondò l’Alleanza anticomunista argentina, un’organizzazione segreta finalizzata all’assassinio di militanti comunisti e della sinistra peronista.

Quale migliore approdo per Cauchi? Il 24 marzo 1976 la giunta militare dei tre angeli della morte Emilio Eduardo Massera, Jorge Rafael Videla e Orlando Ramón Agosti si impadronì del Paese con un colpo di Stato. Gli stragisti neri non potevano che essere ben accetti. E di fatto lo furono, fornendo una “manodopera qualificata” nei tanti Garage Olimpo, dove passarono buona parte dei 30 mila desaparecidos.

Intanto, in Italia, le indagini sulle stragi proseguirono. Alla fine degli Anni Ottanta le relazioni tra il terrorismo nero e la P2 vennero evidenziate da Piero Luigi Vigna. Il pm di Firenze individuò il canale di finanziamento dell’attività eversiva neofascista in Toscana, nei rapporti tra Licio Gelli e Cauchi e altri militanti del Fronte quali Fabrizio Zani, Andrea Brogi e Alessandro Danieletti. Vigna li riconobbe responsabili dell’attentato alla linea ferroviaria Firenze-Bologna della notte tra il 20 e il 21 aprile 1974. La strage venne evitata solo perché la carica esplose qualche minuto prima del passaggio del treno espresso Milano-Napoli. Nonostante ciò, nel dicembre 1989, la Corte d’Assise d’Appello di Firenze prosciolse tutti gli imputati.

Cauchi, dall’Argentina, intervistato sulla vicenda di Cesare Battisti, ha affermato: “Battisti è un prigioniero politico come lo sono stato io. È finito nel mirino della giustizia italiana solo per fatti riguardanti la fase cospirativa”.

Non ha poi mancato, Cauchi, di fornire una sua lettura della storia patria: “In Italia –ha detto- non ci sono mai stati attentati. Né l’Italicus, né la strage di Bologna lo sono stati, ma sono solo risultati del Lodo Moro, tra l’ex presidente del Consiglio e il Fronte per la liberazione della Palestina. Moro aveva garantito ai palestinesi la possibilità di trasportare armi ed esplosivi in Italia, in cambio della sicurezza che non ci fossero attentati terroristici nel nostro Paese”.

E.B.