Emilia Romagna

Gli imbavagliati dell’Usb irrompono in Comune: “Merola non può zittirci”

Bloccato dalla polizia municipale, il corteo dei sindacati di base ha comunque esternato la sua rabbia nei confronti del sindaco di Bologna che ha revocato loro l'accordo di relazione sindacale in atto dal 2006: "Non è possibile che in questo momento di forte crisi la partecipazione venga ristretta anziché allargata".

Prima sono stati fermati sulle scale di Palazzo D’Accursio dalla polizia, che li ha bloccati giusto il tempo di fare terminare la sessione del Consiglio comunale. “Dobbiamo capire se potete entrare tutti”, gli è stato detto. Poi, nel pomeriggio, una volta entrati nella sala, sono stati ignorati da tutti i consiglieri e gli assessori presenti. “Troppo impegnati a votare”, è stato il commento di qualcuno.

Sta di fatto che la protesta di Usb contro la decisione del sindaco Virginio Merola di interrompere le relazioni sindacali tra Comune e sindacato di base si è svolta in un’atmosfera quasi surreale. Con tutto il consiglio impegnato nella votazione  del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale mentre loro, oltre quaranta manifestanti, sono rimasti a guardare in silenzio con un bavaglio bianco sulla bocca.

A poco è servito per il momento anche il discorso di Luigi Marinelli di Usb Bologna, che ad alta voce ha chiesto un incontro con tutti i consiglieri e ha spiegato come non si possano interrompere le relazioni sindacali “solo perché Usb non è della stessa opinione del Sindaco”. “Merola – ha poi aggiunto il sindacalista – non vuole parlare con noi perché siamo scomodi”. Alla fine ad occuparsi di loro sono stati solo Massimo Bugani del Movimento 5 Stelle e Tommaso Petrella del Pd. Il primo ha già chiesto un’udienza conoscitiva sulla questione, il secondo ha preso un volantino per informarsi. La decisione di Merola di tagliare tutti i ponti, per Usb significa l’esclusione da ogni discussione al di là di quelle strettamente attinenti al contratto di lavoro. Traduzione: niente più confronti su welfare, asili e tutte quelle questione che normalmente vedono i sindacati esprimersi.

“Il tentativo di tapparci la bocca continua”, hanno detto gli attivisti una volta usciti dal Comune. Nei prossimi giorni diffonderanno i risultati della raccolta firme che hanno avviato. Nel frattempo sono partite le iniziative di protesta già annunciate. Dal tendone allestito in Piazza Re Enzo allo sciopero della fame a rotazione tra i delegati.

Una giornata di protesta, quella di Usb, che è iniziata alle nove di mattina in via Finelli, di fronte alle scuole Irnerio, ed è poi proseguita con un presidio sotto le scuole “Ercolani”. “Vergogna, vergogna”, hanno urlato a più riprese i manifestanti, in sciopero contro “lo spezzatino e il demansionamento” degli operatori dei servizi scolastici in appalto. Causa della protesta il l’amministrazione comunale, colpevole “di puntare al risparmio sulla pelle dei lavoratori”. “Il Comune – spiega un delegato Usb – ha diviso le attività educative prima riunite in un unico bando in tre distinti appalti: pre e post scuola, mensa e sostegno all’handicap”. Col risultato che alcuni educatori si ritrovano con due o tre contratti diversi e un taglio dello stipendio anche di 200 euro. Il dito è puntato contro la sussidiarietà, in questi giorni in discussione in Regione e Comune, e per Usb “il cavallo di troia per privatizzare welfare e servizi educativi”.

Andrea è uno dei pochi operatori in protesta che sceglie di parlare. Molti suoi colleghi rifiutano per paura di subire ritorsioni da parte delle proprie cooperative di appartenenza. “Lavoro come educatore in una polisportiva che ha vinto uno dei tanti bandi scolastici per il pre e il post scuola”. Il contratto? “Sono inquadrato come educatore sportivo per l’anno sportivo 2011-2012”. Poi mostra un foglio firmato che gli assegna l’incarico in una scuola elementare di San Donato. “Questo è l’unico contratto che ho, sono educatore, ma inquadrato come se giocassi a pallone con i bambini”, dice rassegnato. E quindi niente ferie, niente malattia e “sopratutto nessuna richiesta di competenze pedagogiche. La mentalità che ci chiedono – aggiunge Andrea – non è certo quella dell’educatore, mancano i materiali per lavorare con i bambini”. Andrea deve ancora laurearsi, eppure spiega di non avere prospettive. “Mi pagano otto euro l’ora adesso, e continueranno a pagarmi così, senza diritti e senza tutele, e con la possibilità di perdere il lavoro da un momento all’altro”.

Con lui hanno sfilato per il centro altri trenta educatori provenienti da un po’ tutte le coop che si occupano di educazione in città, e quindi Dolce, Cadiai, Quadrifoglio. Per molti di loro l’estate appena passata sarà l’ultima con uno stipendio. “Quando gli appalti erano tutti riuniti sotto un’unica cooperativa – spiega Rossella – potevamo lavorare nei centri estivi. Ora che sono divisi per molti di noi non ci sarà più questa possibilità”.

di Carmen Pedullà e Giovanni Stinco