Sono una decina in redazione. “Ma sono quelli fissi. Perché poi ogni numero è firmato da almeno trenta persone, tutte giovani come noi”, racconta Giorgio (Ruta è il cognome), una bella faccia da siciliano da battaglia, una breve barba bionda che farebbe sfracelli in un western all’italiana.
“Mi sono laureato a Siena in scienze politiche. E lo sa perché sono tornato qui a Modica? Perché mi mancavano la Sicilia e Il Clandestino. Senza mi sentivo un po’ inutile, e chissà mai se me ne pentirò. Mi piacerebbe fare il giornalista, certo, ma intanto faccio il cameriere in una pizzeria qua a Modica alta. È una passione, il mensile. Io sono stato tra quelli che lo hanno fondato. Lo facemmo nascere per caso, un po’ per scommessa, alla fine di una discussione. In un garage dove dei giovani si trovavano a suonare, per questo lo chiamammo Il Clandestino. Era il 2006 e lo vendevamo nelle nostre scuole, all’Archimede, al Galilei, al Verga. Poi lo registrammo nel 2008. I soldi? Ce li danno con la pubblicità la pizzeria dove lavoro io e qualche bar; in genere ci copriamo la metà dei costi. Ogni tanto si va in rosso e allora la differenza ce la mettiamo noi All’inizio eravamo un gruppo interamente maschile, poi un po’ alla volta sono venute anche le ragazze, e ora anzi sono quelle che lavorano di più. I nomi? Ciccio, Piero, Francesco, Stefania, Fatima, Rossana, Angelo, Marcello, Stefano, Enrica, Angela. E loro due”.
Loro due sono Salvo Puma, ventitre anni e Giovanni Lonico, ventuno. Il primo fa service audio e suona pure la chitarra in un po’ di gruppi locali, il secondo studia ingegneria meccanica a Catania. Belle facce da battaglia anche le loro. “Come è fatto il Clandestino? Ventiquattro pagine. Le prime cinque sono sempre dedicate all’inchiesta del mese. L’ultimo numero abbiamo lavorato sul nuovo centro commerciale di Modica, per sapere perché ne nascono tanti, in che acque navigano, chi c’è davvero dietro. Il prossimo invece sarà sul cimitero, visto che lo stanno privatizzando. Per le altre pagine non c’è un ordine fisso. Cultura, libri, cronaca, personaggi di Modica, dal vecchio gelataio al musicista, gli eventi della città. Questo mese ci sarà una novità: chiuderemo con due pagine di satira intitolate ‘Grisou’.”
I moschettieri del Clandestino contano da tempo su un mentore d’eccezione, Riccardo Orioles, nome dell’antica ed eroica redazione dei Siciliani. Se li coccola, trasmette loro gli insegnamenti di Giuseppe Fava, li propaganda in rete come i portabandiera dell’Italia che un giorno cambierà davvero. Loro ricambiano. E intanto organizzano da tre anni un festival del giornalismo che sta diventando un evento nel suo genere. Un appuntamento fisso dal 25 al 28 agosto. “Lo facciamo nell’atrio del Comune”, spiega Giorgio, “ma usiamo anche altri palazzi per qualche workshop. A essere sinceri la prima edizione è andata così e così, poi ci abbiamo preso la mano e le cose sono andate molto meglio. Oltre Orioles hanno accolto l’invito molti giornalisti siciliani sensibili ai temi della lotta alla mafia, come Luciano Mirone e Antonio Roccuzzo, Attilio Bolzoni e Alfio Sciacca. E c’è stata una bellissima risposta da parte dei giovani”.
I giovani. Sono loro i protagonisti. Per i bisogni concreti del mensile, però, grazie al cielo che ci sono gli anziani. Il direttore responsabile infatti glielo fa un sessantenne: un ferroviere anarchico di Ragusa, Pippo Gurrieri, tessera di pubblicista come direttore di Sicilia libertaria, “uno di cui ci fidavamo, sapevamo che ci avrebbe lasciato autonomia totale”. E quanto alla sede, la redazione viene ospitata quasi una volta a settimana dal circolo “Di Vittorio”.
“Lì discutiamo, lì prepariamo il giornale. I momenti difficili? Mah, i problemi maggiori finora li abbiamo avuti nei periodi in cui tutti hanno esami. Allora sì che è un’impresa riempire le ventiquattro pagine, però alla fine ce l’abbiamo sempre fatta. In ogni caso non pensi che abbiamo tutti in testa l’idea di diventare giornalisti. C’è chi vuole fare l’informatico, chi il musicista; quel che ci spinge è il bisogno di raccontare, di influire positivamente sulla nostra città. Se uno prende il Giornale di Sicilia o La Sicilia si accorge subito che gli articoli su queste zone sembrano quasi tutti comunicati stampa, che inchieste vere non ce ne sono. Ma una città va raccontata. Se no è come se non esistesse, o esistesse in un altro modo”. Giusto, proprio come se fosse clandestina…
Il Fatto Quotidiano, 9 ottobre 2011
Nella foto, la redazione de Il Clandestino. Per ingrandire clicca qui