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Veracruz, 49 morti in tre giorni <br/>nella guerra tra cartelli della droga

Nella città, un tempo principale porto commerciale verso l'Europa, sono esplose le rappresaglie tra i Los Zetas, principale clan dei narcos e gli altri gruppi. La guerra per il controllo del traffico di droga ha fatto, secondo le stime del presidente Calderon, 40mila morti negli ultimi 5 anni

Il nuovo centro dell’orrore dei narcos messicani è Veracruz. Il porto sul Golfo del Messico, capitale dell’omonimo stato, è da tre giorni un incubo per polizia, investigatori e cittadini.

Venerdì mattina, in diverse parti della città, sono stati trovati quattordici cadaveri, presumibilmente appartenenti, secondo la polizia locale, ad affiliati ai clan di narcos che si stanno combattendo per il controllo delle rotte del traffico di droghe. Il quotidiano di Città del Messico La Jornada riferisce che sette cadaveri sono stati trovati in due posti della periferia della città, in quartieri popolari, mentre altri sette sono stati abbandonati avvolti in teli di plastica, a un incrocio non lontano dal quartiere Zona Dorada di Boca del Rio, la stessa area della conurbazione di Veracruz dove martedì erano stati scoperti due camion con 35 corpi di uomini e donne. I cittadini di Veracruz usano Twitter e i social network per segnalare le zone da evitare a causa di movimenti sospetti.

Da martedì nella città è in corso un vertice nazionale di giudici, presidenti di tribunale e procuratori e sembra che i narcos abbiano voluto dare una dimostrazione della loro «potenza» con l’escalation degli ultimi tre giorni. Nonostante il massiccio dispiegamento di polizia e forze dell’ordine infatti, da martedì a oggi, sono 49 i cadaveri trovati in città e non è escluso che i macabri ritrovamenti continuino ancora.

La polizia messicana, secondo i media locali, ritiene che i quattordici corpi trovati oggi possano essere la vendetta del cartello degli Zetas per la mattanza di martedì. I 35 cadaveri trovati in due camion abbandonati sotto un cavalcavia di Boca Del Rio, infatti, sono secondo gli inquirenti, tutti di presunti affiliati agli Zetas, il più temibile cartello dei narcos in questo momento. I cadaveri (23 uomini e 12 donne) avevano le mani legate e alcuni mostravano segni di tortura. In uno dei camion, inoltre, era stato trovato un messaggio il cui contenuto non è stato però rivelato dalle autorità.

Sarebbero stati gli Zetas, ad agosto, ad appiccare l’incendio al Casino Royale di Monterrey (52 morti) e il massacro di martedì sarebbe una vendetta dei cartelli rivali. Se questa ipotesi fosse confermata, il nuovo massacro scoperto oggi potrebbe essere tanto una ulteriore vendetta degli Zetas, quanto una nuova azione degli altri cartelli, intenzionati a colpire duramente il gruppo più forte.

Secondo Alberto Islas, un esperto di questioni legate alla sicurezza e alla lotta al narcotraffico intervistato dall’agenzia Reuters, la lotta tra gli Zetas e gli altri cartelli dell’area del Golfo ha fatto di Veracruz uno snodo strategico per le rotte del narcotraffico. La città, un tempo il principale porto commerciale del Messico per i traffici con l’Europa, è al centro della vasta area orientale che, secondo gli esperti del sito Stratfor, specializzato in analisi di sicurezza è intelligence, è «l’impero» dei Los Zetas. Il cartello, formato da ex militari, controllerebbe tutto l’est del Messico, dagli stati di Nuevo Laredo, a nord, al confine con gli Usa, fino alla penisola dello Yucatan, a sud e starebbe ormai estendendo le proprie attività anche nei vicini Guatemala e Belize.

Appena due settimane fa, le autorità messicane avevano presentato come un grande successo l’arresto di 80 presunti Zetas, parte della «rete di comunicazione» che serve al cartello per trasmettere ordini e notizie.

Gli Zetas, però, non sono evidentemente l’unico pericolo, in una «guerra ai narcos» che negli ultimi cinque anni, da quando è stata lanciata dal presidente Felipe Calderón, ha causato, secondo alcune stime, almeno 40mila morti. Secondo Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, inoltre, la violenza legata al crimine organizzato sta pesando sull’economia messicana. Agusto de la Torre, capo economista della Banca mondiale per l’America latina, illustrando tre giorni fa i dati sulle economie latinoamericane nell’annuale incontro di Bm e Fmi, ha detto alla stampa locale che «i problemi della violenza associata al crimine organizzato e al narcotraffico» stanno diventando una zavorra per il Messico, l’unico paese della regione ad aver visto negli ultimi tre anni un aumento della povertà, che tocca 52 milioni di persone. La crescita del Pil nel 2011 sarà del 3,8 per cento, rispetto a una media regionale del 4,5 e nel 2012 sarà, secondo le stime del Fmi, del 3,6 rispetto a una media regionale del 4.

di Joseph Zarlingo