Società

Sotto la T-shirt, il futuro

Cosa spinge una consigliera regionale da 8000 euro al mese che a tempo perso danzava vestita da crocerossina ai bungabunga e, secondo attendibili testimonianze a un certo punto restava in perizoma giusto per arieggiare l’ambiente, a girare per Milano con una maglietta con su scritto: “Sotto la T-shirt sono ancora meglio”? Tutto il segreto è in quel “sotto”. Che si potrebbe leggere come l’ennesimo immolarsi alla causa del Capo con una operazione di disinformacia dove il corpo che sta sotto la T-shirt è il mezzo non già per compiacere il capo ma per distrarre l’attenzione (ne tira più etc etc) di quelli che magari un giorno potrebbero anche domandarsi perché il capo non si toglie dei piedi.

In realtà propendo per un’altra ipotesi: è iniziata l’era del riciclo. Giorno verrà in cui senza bungabunga e senza nipotine di dittatori africani da portare a convertirsi da prostitute brasiliane (la new company del vecchio corso di aggiornamento) le Minetti e le Carfagne dovranno chiudere il cerchio e provare a tornare (forse) donde sono venute. L’igienista lo sa e si è portata avanti col lavoro: finita la politica (…) si dovrà tornare a lavorare. E allora meglio annunciare al mondo che “sotto la T-shirt” si è in splendida forma. Quanto aveva torto Vanzina: lui sosteneva che sotto il vestito ci fosse niente. Invece sotto la T-shirt c’è molto: un futuro, per la precisione.