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Londra e Washington pronte a intervenire<br>in Iraq anche senza il permesso dell’Onu

Un documento segreto scritto dal segretario dell'ex premier inglese Blair rivela che, cinque mesi prima dell'inizio del conflitto, l'Inghilterra aveva raggiunto un'intesa con l'America di Bush per iniziare le operazioni militari contro Saddam anche senza l'ok del Palazzo di Vetro

Regno Unito e Stati Uniti erano d’accordo per attaccare l’Iraq di Saddam Hussein anche senza il placet dell’Onu.

Una lettera della segreteria dell’ex premier inglese Tony Blair rivela l’accordo raggiunto con gli Usa di George Bush per procedere per vie militari ben cinque mesi prima dell’inizio del conflitto.

Il documento, scritto dall’allora segretario britannico Matthew Rycroft il 17 ottobre 2002, dice che nel caso gli ispettori delle Nazioni Unite avessero riscontrato violazioni alla Risoluzione Onu 1441, riguardante le armi di distruzione di massa che, secondo l’amministrazione Bush, sarebbero state detenute da Saddam, non si sarebbe atteso una seconda risoluzione per attaccare.

“L’unico modo per mantenere gli Usa in collaborazione con l’Onu era essere chiari sul fatto che, se Hans Blix (il capo degli ispettori delle Nazioni unite, ndr) avesse riscontrato violazioni della risoluzione da parte dell’Iraq, Saddam non avrebbe avuto una seconda chance”, scrive Rycroft.

“In altre parole – aggiunge nella lettera – se per qualche motivo non verrà approvata una seconda risoluzione, noi e gli States procederemo con l’azione”.

Il contenuto del documento, indirizzato dalla segreteria dell’ex premier ad alcuni stretti collaboratori, tra cui l’ambasciatore britannico all’Onu Jeremy Greenstock, è in netto contrasto con quanto affermato pubblicamente dal governo inglese nello stesso periodo. Infatti l’allora ministro degli Esteri, Jack Straw, continuava ad ribadire la necessità di attendere il via libera del Palazzo di Vetro. Stessa storia per quanto riguarda i comunicati emessi da Downing Street.

Prima di lanciare un’offensiva militare, era però necessaria un’ulteriore risoluzione del Consiglio, che Blair e Bush avevano però scelto di ignorare – anche perché Blix non riscontrò alcuna violazione. Una scorciatoia nel regolamento, che riporta il punto interrogativo sulla reale capacità sovranazionale dell’ONU e sul suo reale potere.

Nonostante Blix non avesse riscontrato violazioni da parte del paese mediorientale, Blair parla di “elementi inconfutabili” a prova della presenza di armi di distruzione di massa. Una strategia per motivare l’attacco. Come è noto, anche dopo l’invasione e la caduta di Saddam, le armi non furono mai trovate, tant’è che l’ex capo del governo inglese è indagato dalla commissione Chilcot sulle menzogne che hanno spinto l’intervento armato.

Ma c’è di più. Anche i servizi segreti di Sua Maestà avvertirono Blair sull’inconsistenza delle accuse a Saddam: “L’Iraq non costituisce una minaccia per il Regno Unito”. La baronessa Manningham-Buller, direttore generale dei servizi ai tempi dell’invasione, aveva descritto la campagna irachena come “una distrazione” rispetto agli obiettivi da perseguire, come il terrorismo e Al Qaeda.

E non solo: secondo il contro-spionaggio, la guerra irachena avrebbe avuto pesanti ricadute anche sull’ordine pubblico interno. Testimoniando lo scorso anno di fronte alla commissione Chilcot, Manningham-Buller ha detto che l’invasione ha portato alla radicalizzazione di gruppi di giovani musulmani britannici. Erano in “enorme aumento” i casi di estremismo domestico da parte di giovani musulmani, convinti che l’Occidente fosse in guerra contro l’Islam.

Il rapporto finale della Chilcot Inquiry è atteso per i prossimi mesi, e solo allora verrà tracciato il quadro complessivo degli avvenimenti che portarono al conflitto. Un quadro tutt’altro che limpido dove, come gli ultimi elementi farebbero supporre, il cowboy dalla pistola facile non era solo il texano George Bush.