Politica

Così la Lega ha legato l’Italia

Il peggio della Lega (leggi “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”, partito di secessione e di governo del Paese da cui si invoca la secessione) si vede nella caduta.

Avviene nell’estate del 2011, parte del rovinoso crollo di Silvio Berlusconi, che ha campato di voti della Lega, ma li ha pagati, a scadenze fisse, carissimi, mantenendo l’alto tenore di vita di un partito quasi inesistente attraverso il governo, il potere e la vita facile dei gerarchi. Ma è anche la caduta interna di un partito privato e carismatico, nel momento in cui l’eccesso di potere e di pretese di altro potere non ha potuto più reggere lo squilibrio fra il disvelamento progressivo di idee ripugnanti, quasi tutte condivise con la peggiore estrema destra razzista d’Europa (dal “respingimento in mare” alla negazione del diritto d’asilo, dall’invenzione del reato di clandestinità alla detenzione arbitraria nei cosiddetti “centri di identificazione”, dalla caccia ai Rom alla tentata segregazione dei bambini nelle scuole) e l’eccesso unilaterale di potere in un governo composto da altre destre, fondate sul danaro, sulla occupazione (con profitto) dello Stato e su un bisogno apparente di “nazione” e “bandiera” continuamente contraddetto e disprezzato dall’interno dello stesso governo.

Ma il punto di squilibrio più grave, deliberatamente tenuto in ombra ma non nascosto, non abbandonato, dai portatori del progetto padano, è la secessione, ideologia e politica praticata e predicata da un partito a cui è stata affidata la gestione della polizia e della politica interna italiana, ma anche della politica estera, attraverso il disegno e il controllo di tutta la politica dell’immigrazione, fino al trattato con la Libia. Certo ne ha segnato i suoi aspetti qualificanti e cruciali, un’Italia crudele, indifferente, cieca.

L’Italia ha vissuto dunque la lunga e umiliante condizione di essere governata, in parti vitali e in funzioni essenziali, da un partito anti-italiano, che non si è mai neppure molto preoccupato di nascondersi e camuffarsi.

Pensate che, da un lato, il portavoce autorevole della Lega Nord (tre ministri in posti chiave di governo) è un personaggio politico come Borghezio, “d’accordo al 100 per cento con l’assassino norvegese Breivik”. Borghezio è il capo delegazione della Lega Nord al Parlamento europeo. Ha provocato qualche rapido e furtivo dissenso, senza che sia stata chiesta alla Lega alcuna dissociazione formale, o che vi sia stata.

E, dall’altro lato, il lato della finzione legale e del parlamentarismo regolare, il deputato Lega Nord Luciano Dussin, scrive il 23 agosto in un editoriale su La Padania: “L’Italia è una famiglia da cui bisogna uscire”. È importante tenere in vista e affiancate queste due facce del partito “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” che si chiama così e giura così (ogni ministro giura sulla Padania prima di recarsi al Quirinale a giurare sulla Costituzione Italiana, ogni comizio del ministro italiano Bossi e del ministro italiano Calderoli si concludono con il grido “Padania libera!”) mentre governa la Repubblica Italiana, mentre disprezza il tricolore, mentre rifiuta, in modo formale e senza incontrare obiezioni istituzionali, ogni evento o celebrazione che abbia riferimento con l’Unità d’Italia.

È necessario infatti respingere il gioco che vuole far apparire il pesante protagonista delle vicende della Lega Borghezio come un personaggio strano e marginale, quando invece quasi ogni immagine lo mostra accanto a Bossi tra i principali attori della politica leghista e degli stravaganti eventi di Pontida, con finti Templari e finti Crociati muniti di elmo e di spadone. È il partito che tende a usare o nascondere la bandiera secessionista a seconda delle dispute politiche interne alla maggioranza, senza mai però dismettere il disprezzo verso l’Italia e i suoi simboli. Il Dussin per bene e il Borghezio nazista ci servono per comporre un’unica immagine che è tetra e pericolosa persino al di là delle intenzioni di molti che partecipano o hanno partecipato alle avventure della Lega, vista spesso e soltanto come partito locale di ricordi e tradizioni, e barriera contro la paura.

Ecco il grande collante, la paura. Consente, a Breivik come al leghista di campagna con la finta barba verde, al templare della domenica e al bevitore di ampolle di acqua del Po, di avere paura del passato (il disprezzo per l’Italia, la sua bandiera, la sua liberazione, il suo inno, troppi volti e nomi ed eventi sconosciuti) e – allo stesso tempo – paura del futuro, a cui, una volta caduti nel pozzo del provincialismo più stretto, locale e claustrofobico, è facile dare un volto: lo straniero. Il fenomeno non è solo italiano.

Il New York Times del 25 agosto ha dedicato una pagina ai movimenti europei di destra xenofoba e razzista, dalla Svezia all’Ungheria. Non è un caso che la Lega Nord italiana non ci sia. Il camuffamento tiene grazie a due complicità. Una è quella della grande stampa Italiana. Ecco alcuni titoli di giornali italiani, mentre Bossi spiega che i giornalisti meritano legnate, che Casini è uno stronzo, che il ministro Brunetta è “il nano di Venezia”, che Tremonti merita una pernacchia e mentre il ministro per la Semplificazione Calderoli precisa: “Questi scribacchini che rompono le palle sono stronzi e comunisti, ma la parola comunisti vuole anche dire stronzi”.

Vediamo dunque i titoli, rispettosi e prudenti: “Bossi media con il Premier e attacca Casini” (Il Corriere della Sera, 21 agosto 2011); “Calderoli: capitolo chiuso, la previdenza non si tocca” (La Stampa, 22 agosto 2011); “Il Senatur non cede, Berlusconi trovi un’altra strada” (La Stampa, 21 agosto 2011); “Pernacchia di Bossi alla proposta di Alfano” (La Stampa, 22 agosto 2011); “Lega, secessione tattica per spostare sacrifici al Sud” (Il Corriere della Sera, 24 agosto 2011); “Padania, Berlusconi frena Bossi” (Il Corriere della Sera, 23 agosto 2011).

Intanto si schiera Comunione e Liberazione e mette a disposizione del ministro dell’Interno, che ha appena aumentato la detenzione illegale dei migranti da sei mesi a diciotto mesi nei famigerati “centri di identificazione”, veri campi di concentramento per esseri umani colpevoli di essere scampati al mare e alla guerra, i suoi applausi appassionati, scroscianti e, si deve supporre, cristiani e autorizzati dai Vescovi. Applaudono, i bravi ragazzi di Comunione e Liberazione, evidentemente indottrinati a sottostare alla autorità, quando Maroni dice: “Spero che riprenda il Trattato con la Libia. Quando era in vigore aveva ridotto l’immigrazione del 90 per cento”.

Applaudono i ragazzi di Rimini, come se non fossero in grado di capire che, per raggiungere la fermata quasi totale di migrazione in un mondo segnato da un immenso spostamento di popoli, occorre affollare di cadaveri il fondo del mare, come facevano scrupolosamente i libici, con navi e armi e ufficiali italiani. Invano lo hanno testimoniato gli scampati e le Nazioni Unite. I ragazzi hanno applaudito, il ministro dei campi di concentramento italiani e degli abbandoni in mare, ha incassato.

È la stessa persona che ha tenuto per tre mesi senza alcuna protezione da freddo, pioggia e vento, senza tende o acqua o cibo, migliaia di nordafricani fuggiti dalla guerra e approdati a Lampedusa tra marzo e maggio del 2011. Poi, in piena guerra e con l’inganno (la promessa era stata di permettere il transito verso altri Paesi europei) quei profughi sono stati rimandati verso i Paesi della fuga, luoghi di probabile pena di morte.

Ecco, questa è la Lega, il punto generatore di cattiva politica e di sentimenti spregevoli. Ha occupato col peggio delle sue idee e della sua politica un pauroso vuoto di civiltà nella vita italiana.

Il Fatto Quotidiano, 28 agosto 2011