Politica

Un governo tecnico per la sopravvivenza

Se ci serviva una prova definitiva che i tempi sono maturi per un “governo tecnico” l’abbiamo avuta la settimana scorsa, quando Alfano ha preso la parola in Parlamento. Lui già è intelligente di suo; dopo il balbettio di B. ha fatto un figurone. Solo che, è strano, questa volta non ha pensato bene a quello che ha detto. “Niente governi tecnici: mettono le tasse e poi se ne vanno. Non rispondono al popolo”. Questo, più o meno, il suo discorso. Che naturalmente è giustissimo. E proprio questa è la ragione per cui, adesso, a noi serve un “governo tecnico”.

Che siamo alla canna del gas non lo può contestare nessuno. Che sia una questione di soldi nemmeno: qui si deve decidere dove risparmiarli e, siccome i risparmi non bastano, dove prenderne altri. E poi si deve decidere anche che, nel prossimo futuro, la si pianta di fare debiti. Ora, nessuno discute che queste scelte siano intrinsecamente di natura politica; e, quando le cose vanno bene, o comunque non troppo male, è più che giusto che sia la politica ad adottare le scelte contenute nel programma che la maggioranza dei cittadini ha dimostrato di condividere. Poi, se le scelte erano sbagliate o se sono state realizzate male, alla prossima elezione ne risponderà. Ma, quando non ci sono alternative, quando la scelta una sola è, risparmiare e prendere soldi, la politica è del tutto inidonea a conseguire l’obbiettivo. Facciamo due esempi molto banalizzati.

Servono soldi e al potere c’è la destra. Dove li prende? Ovviamente dai lavoratori dipendenti e dai pensionati. Dove taglia? Ovviamente nei servizi sociali, sanità e istruzione. Lotta all’evasione, “perseguitiamo” i lavoratori autonomi e gli imprenditori? Ma siamo matti? Ovviamente non si vuole suicidare. I cittadini che sceglie di tartassare non sono, per definizione, elettori di destra, il loro voto non cambierà dopo i prelievi forzosi. E, alle prossime elezioni, il consenso su cui conta la destra non sarà stato intaccato.

Servono soldi e al potere c’è la sinistra. Dove li prende? Ovviamente dal popolo delle partite Iva, dai “padroni”, dagli evasori fiscali. Questa gente non vota a sinistra; e quindi il discorso non cambia.

Insomma, ogni provvedimento scontenta qualcuno; è un’illusione pensare che i cittadini siano disposti a sacrificarsi. C’è sempre una clausola standard: prima quell’altro, che è molto peggio di me.

Nel casino in cui ci troviamo non c’è dubbio che si devono scontentare tutti. I lavoratori dipendenti e i pensionati perché, a breve termine, non c’è modo di stanare gli evasori che costituiscono il popolo della partita Iva e gli imprenditori medio-piccoli. E i soldi servono adesso. Ma anche questi avranno da mugugnare perché, con effetto immediato (ma economicamente i risultati li avremmo tra qualche anno) si deve varare una politica di accertamenti e sanzioni fiscali e penali che non gli lasci scampo. E nessuno, medio-povero, medio-ricco o ricco, vuole sentir parlare di patrimoniale. E anche i tagli alla sanità e all’istruzione scontentano tutti, con prevalenza del ceto meno abbiente. Insomma, in bancarotta come siamo, tutti devono mettere mano al portafoglio. E nessuno lo vuol fare. E la politica è timida nell’obbligarli perché vuole sopravvivere.

Sicché Alfano ha proprio ragione: il “governo tecnico” è quello che se ne frega del consenso dei cittadini, che “mette le tasse e poi se la squaglia”. Ecco è proprio quello che ci vuole.

Il Fatto Quotidiano, 12 agosto 2011