Politica

Cade il tabù, Berlusconi: “Abbiamo dovuto mettere le mani nelle tasche degli italiani”

“Non potevamo fare diversamente, abbiamo deciso di ottemperare alle richieste della Bce”. Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha aperto la conferenza stampa dopo l’approvazione da parte del consiglio dei ministri del decreto legge sulla manovra fiscale. Un Berlusconi quasi funereo, di fronte alla necessità di fare l’annuncio per anni negato, esorcizzato e rimandato: il suo governo imporrà più tasse.

Il premier ha confermato i saldi della manovra: 20 miliardi nel 2012 e 25,5 nel 2013, approvati all’unanimità dal consiglio dei ministri. “Il provvedimento è equilibrato – ha detto – si compone di tagli e imposizioni (guai a dire “tasse”), salvo poi finalmente ammettere: “Il nostro cuore gronda sangue nel pensare che avevamo il vanto di non avere mai messo le mani nelle tasche degli italiani, ma non potevamo fare diversamente”. Il premier ha poi ritrovato slancio ricordando l’intervento sull’ormai famigerata casta: “Sui costi della politica per la domanda dell’opinione pubblica, ci sono numerosi interventi, credo anche eccessivi rispetto a ciò che sarebbe giusto ma abbiamo seguito i desiderata dei cittadini che guardando alle loro condizioni e ritengono che i politici abbiano entrate eccessive”. In totale, ha assicurato il premier saranno tagliate “54mila poltrone della politica”, dimezzando consiglieri comunali, provinciali e regionali.

E’ toccato poi al ministro Tremonti spiegare le misure, salvo rimandare ad un successivo incontro con i giornalisti i dettagli. Il ministro dell’Economia ha spiegato che fuori dai tagli sono stati lasciati “scuola, sanità e 5xmille”. La previsione di rapporto deficit/pil passa all’1,4% per il 2012. Per Tremonti si tratta in realtà di numeri “sottostimati” per prudenza. Insomma, la manovra potrbbe fruttare anche più del previsto e i conti potrebbero essere riassestati con maggiore facilità.

Quando la parola è tornata al presidente del Consiglio, il discorso si è fatto nuovamente politico. Il premier, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha confermato che sulla manovra non ci sarà voto di fiducia, anche “perché l’opposizione ha mostrato un comportamento responsabile”. Siamo “addolorati – ha detto il Cavaliere – di avere dovuto fare questa manovra, ma siamo anche contenti di avere svolto il nostro lavoro fino in fondo. E credetemi – ha concluso – non è stato facile”.

Le Reazioni

Calma ritrovata, almeno apparentemente, nella maggioranza. Lega soddisfatta sulla manovra. Secondo quanto si apprende, i tre ministri del Carroccio sono “contenti” perché le pensioni di anzianità sono salve, non sono state toccate. Ora è tutto ok, viene fatto notare. E la quadra sarebbe stata raggiunta nel corso dei numerosi contatti tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, per ultimo in un faccia a faccia tra i due leader a palazzo Chigi che si è tenuto nel pomeriggio prima della riunione del Consiglio dei ministri. Unico motivo di irritazione degli esponenti del Carroccio, viene riferito, sarebbe stato a causa della decisione di sopprimere più province rispetto a quanto deciso in precedenza.

Di opinione diametralmente contraria l’opposizione che attacca con il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani. ”Vi indicheremo noi le cose difficili da fare, quelle che non volete fare perchè colpirebbero i vostri, quelli cioè che non pagano le tasse. Senza fare le cose difficili che voi non volete fare questo Paese non si salvera”. Il riferimento, indiretto, è alla scarsità di misure, almeno stando alle indiscrezioni, destinate al recupero dell’evisione fiscale. In particolare il passaggio sulla tracciabilità spiegato dal ministro Tremonti, che scatta solo per importi superiori ai 2500 euro.

Ancora più dure se possibile le parole di Nichi Vendola: “Un atto di guerra contro l’Italia”. Così il presidente di Sinistra Ecologia Libertà, bolla la manovra del governo Berlusconi-Tremontì. “Misure punitive per gli Enti Locali – prosegue il leader di Sel – devastante riduzione di servizi sociali e di diritti, un colpo alla civiltà del lavoro. E nessuna scelta per la crescita e lo sviluppo. Occorre – conclude Vendola – una reazione durissima”