Scuola

Scuola, tagli illegittimi: e le Regioni cosa fanno?

Il 29 luglio scorso il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza destinata a far parlare di sé, qualora la politica – e, nella fattispecie, l’opposizione – decida finalmente di svolgere il proprio mandato costituzionale. Noi, insegnanti, genitori, Ata, studenti, insieme all’associazione Per la Scuola della Repubblica, abbiamo fatto il nostro dovere di cittadini e lavoratori, esigendo che si segnasse un limite invalicabile: pretendere che non si continui impunemente a riproporre di anno in anno provvedimenti viziati da illegalità procedurali, che vanno a incidere pesantemente sul diritto allo studio e sul diritto al lavoro. Infine, sul diritto dei cittadini ad avere una scuola all’altezza di un Paese democratico e civile.

Il Tar del Lazio nell’aprile scorso, in seguito a un ricorso patrocinato dagli avvocati Mauceri, Virgilio e Buccellato, aveva dichiarato illegittimi i tagli agli organici della scuola. Il ministero si è appellato al Consiglio di Stato, che ha invece riconosciuto il pieno diritto delle componenti della scuola e dei loro comitati a impugnare organici illegittimi, ribadendo l’illegittimità dei decreti interministeriali che non hanno rispettato gli iter procedurali previsti dalla normativa vigente e sottolineando il ruolo delle Regioni che – per ammissione della stessa Avvocatura dello Stato – devono esigere che il loro parere (obbligatorio, sebbene non vincolante) venga richiesto, cosa che il ministero ha “dimenticato” di fare. Al ricorso hanno aderito ad adjuvandum – consapevoli dell’importanza dell’iniziativa – le Province di Bologna, Cosenza, Perugia, Pistoia, Vibo Valentia, e i comuni di Fiesole, Imola e del Circondario dell’Empolese-Valdelsa.

Le Regioni, che per prime avrebbero dovuto rivendicare un ruolo a loro illegittimamente sottratto, si sono misteriosamente defilate, nonostante i numerosissimi appelli. Per il momento, a qualche giorno di distanza dalla sentenza del CdS, è pervenuta dal mondo della politica solo la dichiarazione di Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc-Se: “Con la sentenza di ieri il Consiglio di Stato ha sancito definitivamente l’illegittimità dei tagli agli organici del personale della scuola degli ultimi tre anni. 150.000 posti di lavoro e 8 miliardi di euro sono stati sottratti alla scuola pubblica, allo scopo di minarne le fondamenta costituzionali, senza la benché minima parvenza di legalità. (…) Occorre vigilare perché il ministero, come più volte ha fatto, non agisca come se non fosse accaduto nulla. In ogni caso, un fatto di straordinaria importanza che potrà aiutare la mobilitazione per il prossimo autunno e che il PRC e la FdS sosterranno con determinazione.” Dichiarazione solitaria, purtroppo: troppo poco, considerando l’importanza della sentenza.

Misteriosa continua a sembrare invece l’esternazione dell’assessore regionale alla Scuola dell’Emilia Romagna, Patrizio Bianchi, che addirittura in aprile ha affermato: “La Regione Emilia-Romagna ha da tempo manifestato con forza il proprio dissenso e la propria preoccupazione di fronte ai nuovi tagli agli organici praticati dal Governo, ormai per il terzo anno consecutivo: lo ha sottolineato nelle sedi previste di confronto istituzionale, lo ha condiviso con tutte le forze sociali e con una lettera di richiesta di incontro del presidente Errani al ministro Gelmini, comunicazione che fino a oggi non ha ricevuto alcuna risposta adeguata e soddisfacente (…). L’invito che mi sento di rivolgere a tutte le forze politiche e a tutte le forze sociali è quello di dare voce al disagio profondo che oggi si vive nella nostra scuola, evitando le inutili strumentalizzazioni e operando insieme per rappresentare la necessità di non arretrare sul piano della qualità della nostra scuola, e di chiedere quindi con forza al Governo di dare all’Emilia-Romagna quanto gli spetta”. Ci chiediamo come mai Bianchi non abbia risposto alle numerose sollecitazioni inviategli: il suo invito è andato evidentemente inascoltato, in primo luogo dalla stessa Emilia Romagna, che si è accodata all’inerzia  delle forze politiche di opposizione e delle istituzioni democratiche.

L’acquiescenza di fatto ai tagli agli organici richiede un’immediata inversione di tendenza e un atteggiamento più operativo e responsabile, soprattutto ora che il ministero non ha più possibilità di procrastinare la presa d’atto del fallimento della politica di taglio senza regole ai danni della scuola. Oggi più che mai occorre un serio momento di riflessione per la costruzione di una linea di politica scolastica comune, in cui ciascuno assuma responsabilità e impegni concreti – al di là delle estemporanee dichiarazioni, non sostenute dall’azione politica – marcando una linea di discontinuità con atteggiamenti e (non) posizioni che a troppi di noi sanno di ambiguità e di inutile e inconcludente  strategia.