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Kandahar, kamikaze uccide il sindaco<br>“E’ la città più pericolosa dell’Afghanistan”

Con questo nuovo omicidio, la città si conferma come la più pericolosa dell'Afghanistan, secondo i funzionari di governo. Per l'Onu, metà degli "omicidi mirati" condotti dai talebani negli ultimi tre mesi sono avvenuti proprio nella "capitale" del sud del paese

Ghulam Haidar Hameedi, sindaco di Kandahar, è stato ucciso questa mattina da un attentatore suicida che aveva nascosto l’esplosivo nel turbante. L’attentato è avvenuto nel corridoio dell’ufficio di Hameedi, secondo quanto ha detto alle agenzie di stampa Zayman Ayoubi, portavoce del governatore di Kandahar.

Il capo della polizia di Kandahar, Abdul Razq, ha detto che Hameedi stava partecipando a un incontro con alcuni anziani delle tribù e comunità locali, quando uno dei delegati gli si è fatto più vicino e ha fatto esplodere la bomba.

Con questo nuovo omicidio, Kandahar si conferma come la città più pericolosa dell’Afghanistan, almeno per i funzionari di governo. Secondo l’Onu, metà degli «omicidi mirati» condotti dai talebani negli ultimi tre mesi sono avvenuti proprio nella «capitale» del sud del paese, già centro del potere dei turbanti neri dal 1996 al 2001.

L’omicidio di Hameedi è stato rivendicato dai Talebani, attraverso una telefonata all’Agence France Presse di uno dei loro portavoce ufficiali, Qari Yousef Ahmadi. Secondo Ahamadi, la decisione di uccidere il sindaco di Kandahar è stata presa per vendicare la morte di due bambini, periti nel crollo di un’abitazione abusiva nel quartiere di Lowayala. Il sindaco aveva ordinato la demolizione di circa 200 case costruite illegalmente in quel quartiere e ieri durante le operazioni di sgombero degli abitanti e distruzione delle case, due bambini sono morti sotto le macerie.

Se anche la ragione immediata per questa azione fosse la ritorsione descritta da Ahmadi, non ci sono dubbi che anche l’omicidio di Hameedi rientra nella strategia di «azioni mirate» lanciata dai Talebani all’inizio della primavera. La vittima più illustre, finora, di questa strategia è stato il fratellastro del presidente Hamid Karzai, Ahmed Wali Karzai, ucciso nella sua casa di Kandahar lo scorso 12 luglio.

Tra i due omicidi, peraltro, sembra esserci un collegamento, visto che anche il sindaco di Kandahar, rientrato in Afghanistan nel 2006, si era impegnato in politica per esplicita richiesta del presidente Karzai. Secondo la stampa afgana, era uno dei politici più stimati della zona, ed era già sfuggito a un attentato nel 2009, mentre due suoi vice erano stati uccisi nel 2010. Il sindaco di Kandahar, peraltro, era considerato uno dei possibili successori al ruolo di persona di fiducia del presidente lasciato vacante dalla morte del fratellastro Wali.

Dopo la morte di Wali Karzai aleggiava una domanda, tra gli esperti degli equilibri instabili dell’Afghanistan meridionale. Una domanda diventata più urgente dopo il nuovo colpo dei turbanti neri: che succederà adesso a Kandahar? Secondo alcuni osservatori, le principali tribù pashtun della zona, a partire dai Poplazai, il clan dei Karzai, sono in attesa di capire come si rimoduleranno gli equilibri, sia nella regione che nei rapporti tra Kandahar e Kabul. Il nuovo leader dei Popolazai, un altro fratello del presidente, Shah Wali Karzai, viene considerato troppo debole per riuscire a tenere le fila del complicato network di alleanze e interessi, anche poco chiari, costruito dal fratello Ahmed Wali. Nella famiglia Karzai, inoltre, iniziano a venire alla luce divisioni profonde, con un altro fratello Mahmoud Karzai che critica apertamente la gestione del potere da parte «del presidente».

Che impatto tutto ciò possa avere sulla sicurezza generale della regione non è ancora del tutto chiaro, ma l’escalation delle ultime settimane non lascia presagire niente di buono. E se nel resto dell’Afghanistan, da Bala Murghab alla provincia di Helmand, la guerriglia sta facendo di tutto per fare deragliare il “processo di transizione” avviato all’inizio di questo mese, a Kandahar sembra che, oltre alla guerra contro le truppe straniere, si stia aprendo anche un fronte interno, tra gli stessi pashtun, una parte dei quali, finora, ha sostenuto il presidente Karzai, sia per convinzione che per convenienza. I crescenti segni di stanchezza della comunità internazionale, forse, iniziano a consigliare un cambiamento di alleanze per ritrovarsi in una posizione di forza quando – e se – i contingenti militari internazionali inizieranno davvero a ritirarsi. Secondo Al Jazeera, le milizie locali afgane stanno rialzando la testa proprio in vista del passaggio della gestione della sicurezza all’esercito e alla polizia locali.

Anche di questo il nuovo comandante statunitense John Allen e il nuovo ambasciatore Usa a Kabul Ryan Crocker, dovranno tenere conto, così come dovranno tenerne conto i comandi Nato, impegnati nell’elaborazione di un nuovo Piano strategico per l’Afghanistan che dovrebbe vedere la luce a ottobre, a ridosso del decimo anniversario dell’inizio dei combattimenti contro i Talebani.

di Joseph Zarlingo – Lettera22