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Ciclismo, ecco il Giro di Padania. Corsa a tappe con sponsor politico leghista

L'iniziativa, proposta da Bossi lo scorso anno, si terrà nel mese di settembre. L'ex campione Bettini: "Una gara in più fa bene a questo sport". L'organizzatore dell'evento prima dice: "Non mi affiancherei a un evento politico". Poi corregge il tiro: "Se non hai un appoggio istituzionale non fai nulla"

Sul sito dell'Uci il Giro di Padania è inserito tra le corse ufficiali

Da qualche giorno è ufficiale. A settembre si correrà il primo giro ciclistico della Padania. E non sarà una scampagnata tra amici, ma una gara a tappe per professionisti, inserita nel calendario delle manifestazioni ufficiali dell’Uci (l’unione ciclistica internazionale). È un’iniziativa tutta leghista che nasce dalla volontà del Senatùr, Umberto Bossi. Ne aveva parlato nel settembre del 2010, a Venezia, quando aveva detto che: “il ciclismo è più popolare del calcio e fa conoscere alle persone la propria terra”, raccogliendo il plauso di tanti cicloamatori del Carroccio. La Lega conosce bene l’importanza dello sport e degli eventi mondani e da tempo ha imparato a sfruttarne i vantaggi (vedi nazionale padana di calcio, Miss Padania). E ora arriva anche il Giro di Padania. Si tratta di una mini corsa a tappe che si disputerà sulle strade delle regioni del nord.

L’annuncio è stato fatto dal leghista Michelino Davico, sottosegretario all’Interno, in occasione della presentazione della Tre Valli Varesine, dove era presente in qualità di presidente dell’associazione sportiva Monviso Venezia: “In pentola bollono grandi iniziative – ha detto -, un nuovo giro, un giro delle regioni del nord, una nuova occasione di sport e di ciclismo”. Nella stessa occasione l’ex campione Paolo Bettini ha commentato positivamente la notizia: “Mi fa piacere, negli ultimi anni ci si lamentava delle carenze del calendario italiano nel mese di settembre, importante per tutti i corridori che devono farsi vedere e hanno voglia di vincere per conquistare una maglia azzurra per il mondiale”.

L’organizzazione tecnico sportiva del Giro di Padania è in capo alla società Alfredo Binda di Varese, che ha all’attivo la pianificazione dei mondiali di ciclismo del 2008, nonché quella di alcune classiche come la Tre Valli Varesine o il Giro dell’Insubria: “La mamma della manifestazione è l’Asd Monviso Venezia – puntualizza il presidente Renzo Oldani -, loro ci hanno dato l’incarico dell’organizzazione tecnico sportiva dell’evento. Seguiremo quindi la parte relativa alle strutture, alla gestione del tracciato e l’organizzazione materiale”. Quando si cerca di approfondire il tema della scelta del nome, Oldani spiega che: “La Alfredo Binda è una società che organizza corse, non mi sarei mai affiancato a una manifestazione politica o a un pseudo giro. Il Giro di Padania è un giro a tappe di 5 giorni inserito nel calendario del’Uci. A settembre c’era un buco istituzionale che rendeva quel periodo particolarmente interessante per organizzare una corsa a tappe di buon livello, così abbiamo valutato che la cosa era fattibile. A noi interessa solo la possibilità di fare questa cosa, è una sfida e vogliamo vincerla offrendo una manifestazione di qualità”.

Il tracciato verrà presentato il prossimo 28 luglio ma c’è già qualche indiscrezione: “Si parte dal Piemonte per arrivare in Liguria, poi si passerà Lombardia, in Emilia Romagna, in Veneto e in Trentino”, spiega Oldani, che poi ribadisce: “A tutti gli effetti quello che mi interessa come presidente della società è di organizzate una corsa di livello tecnico sportivo importante. La politica non c’entra niente”. Beh, affermare che il Giro di Padania non abbia nulla a che fare con la politica puzza un po’: la gara è stata invocata da Bossi e battezzata da un senatore leghista, per di più porta il nome di un’area geografica che esiste solo nella testa dei tesserati di un partito politico e, manco a farlo apposta la maglia del leader della corsa sarà verde… lo sa bene anche lo stesso Oldani, che corregge il tiro ammettendo delle contiguità con la Lega: “Del resto se non hai un appoggio istituzionale non fai nulla. Questo è vero ovunque: ci sono anche altre corse che hanno appoggi politici, come il giro dei Paesi Baschi, la stessa Coppi Bartali o il giro di Sardegna. Nel momento in cui la politica fa sport e lo fa in maniera seria, ben venga. Diventa un’occasione di unione e di condivisione”.

Navigando in rete sono molte le informazioni che si raccolgono circa questa nuova manifestazione. A partire da un entusiastico post sul blog di Renzo Bossi, che nei giorni scorsi si è presentato a Vigevano in sella ad una bicicletta verde padano, indossando una maglietta bianca con spalle verdi e l’immancabile scritta “Padania”. Il Trota, che si era già esibito in una performance ciclistica prima di Pontida (dove era arrivato pedalando assieme ad alcuni militanti), ha percorso le vie del centro di Vigevano assieme al sindaco Andrea Sala. E’ stato lui a svelare che la sua città ospiterà l’arrivo della seconda tappa. Non mancano i commenti indignati alla scelta si accogliere il Giro di Padania nel novero delle corse ufficiali.

“Poiché la Padania non esiste, non più di un qualsiasi paese di Cuccagna, l’istituzione di questo Giro da parte delle nostre autorità sportive appare ingiustificata e rispondente soltanto alle finalità eversive della Lega Nord. Il Giro di Padania può infatti annoverarsi fra le trovate di stampo secessionista – come le grottesche campagne sul trasferimento a Nord dei ministeri o l’intollerabile rottura della solidarietà nazionale sul problema dei rifiuti di Napoli” scrivono Walter Peruzzi e Gianluca Paciucci in un accalorato intervento contro la manifestazione sportiva leghista: “Provocazioni, volgarità, eversione, sono del resto pratica quotidiana dei caporioni leghisti, così come il passivo silenzio delle forze politiche – aggiungono -. Ad esse, e al Capo dello Stato, chiediamo di porvi fine non solo condannando quest’ultima levata d’ingegno che offende la tradizione stessa del ciclismo italiano, ma impedendo l’effettuazione del Giro di Padania, almeno con questo nome”. Alcuni appassionati hanno mandato una lettera ufficiale all’Unione ciclistica internazionale, per sollecitare una discussione tra gli addetti ai lavori “circa l’opportunità di connotare in maniera così forte dal punto di vista politico un evento che dovrebbe rimanere “di tutti”, al di là del paese di provenienza o del colore della pelle e non lo specchio di un partito politico che non ci rappresenta”.