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Anche gli atleti mollano Murdoch: News International perde le Olimpiadi 2012

La federazione degli atleti sportivi britannici ha rotto il contratto che la legava ai giornali della società, in quanto "non ci sono più le condizioni". E mentre un giornalista coinvolto viene licenziato in tronco per dare un segnale, sul fronte delle indagini le acque sono solo apparentemente tranquille

Rupert Murdoch al lancio di "The Daily" il 2 febbraio 2011

Mentre lo scandalo delle intercettazioni illegali nel Regno Unito si allarga sempre di più – ora si parla anche di migliaia di e-mail “hackerate” – le testate di Murdoch si trovano di fronte a un nuovo, inaspettato problema. La federazione degli atleti sportivi britannici ha rotto il contratto che la legava ai giornali della News International di Rupert Murdoch, in quanto «non ci sono più le condizioni». L’accordo dava a Times, Sun e Sunday Times l’accesso privilegiato agli allenamenti, al backstage delle manifestazioni sportive e alla vita privata degli atleti. Ma ora la vergogna per lo scandalo – scoppiato quando si è scoperto che persino una adolescente sequestrata e poi assassinata fu intercettata – porta alla cancellazione di un patto che avrebbe significato, per le testate di Murdoch, tanta visibilità. E tanti, tanti soldi.

Ora Team 2012 – questo il nome della federazione – cerca nuove media partnership e News International non potrà più essere uno dei sostenitori ufficiali delle Olimpiadi. Un boccone amaro da ingoiare, visto che a Londra, al di là dello scandalo intercettazioni, non si parla di altro che dei giochi del 2012, con i lavori per la costruzione della cittadella già a buon punto e con tutta la zona orientale della metropoli alle prese con una rivoluzione di infrastrutture, trasporti, commercio. E persino nuova socialità, visto che vicino agli stadi verranno costruite anche tantissime abitazioni private e sono stati già tirati su centri commerciali come l’enorme Westfield, uno dei più grandi d’Europa.

Intanto, sul fronte delle indagini, le acque sono solo apparentemente tranquille. In molti dubitano ormai su quanto detto da James Murdoch in commissione parlamentare martedì scorso, avendo il vecchio Rupert sapientemente evitato di rispondere chiaramente alle domande che gli erano state poste. Ora due ex manager di News of the World accusano James di essere stato a conoscenza, già da tempo, di quanto avveniva nelle sue testate. E di non aver fatto abbastanza per evitare ripercussioni sulla stabilità dell’azienda di famiglia.

Ma le indagini sono anche interne. Così due giorni fa Matt Nixson, giornalista del Sun ed ex reporter di News of the World, è stato licenziato in tronco dai Murdoch, per i suoi legami con la vicenda. Un licenziamento più che plateale. Uomini della sicurezza sono andati a prenderlo sul posto di lavoro, hanno messo sotto sequestro il suo computer e lo hanno accompagnato, senza troppi convenevoli, alla porta, fra lo sgomento e l’incredulità dei colleghi. Ora, a Londra, molti giornalisti sudano freddo e la messa “sul mercato” di 250 persone in seguito alla chiusura del tabloid più spregiudicato del panorama britannico non è stato un buon momento per una professione in crisi in UK come è in crisi in tante altre parti del mondo.

Poi, il carrozzone mediatico. Sui giornali britannici concorrenti continuano le rivelazioni sulle presunte angherie di Rebekah Brooks “la testa rossa” sui suoi colleghi e sottoposti, così come continua la glorificazione di Wendi, la giovane moglie di Rupert Murdoch, diventata un’eroina in grado di sventare un “attentato” a suon di schiuma da barba. Con delle vere e proprie acrobazie giornalistiche, come le due pagine dedicate dal London Evening Standard alle capigliature delle donne famose. Un filo – rosso – che lega la chioma – rossa – dell’ex amministratore delegato di News International al trionfo di messa in piega di Margaret Thatcher, passando per il caschettone di Michelle Obama e la frangia possente di Arianna Huffington, matrona dell’Huffington Post, altro nuovo caso mediatico nel panorama anglosassone.

di Matteo Impera