Emilia Romagna

Referendum scuola e credibilità del Comune

Lo stemma del Comune di BolognaQuesto post, ponderato e da leggersi seriamente, richiede un breve ricapitolo dei fatti finora occorsi ai promotori del referendum sui finanziamenti comunali alle scuole private paritarie (tutte cattoliche).

Questa la timeline:

– il 2 marzo depositiamo il quesito (lo Statuto del Comune assegna ai Garanti trenta giorni di tempo per decidere esclusivamente in merito all’ammissibilità del quesito proposto);

– i “Garanti” non decidono fino al 16 aprile (quarantaquattro giorni, due settimane in più);

– i “Garanti” ci consegnano una decisione giuridicamente esorbitante (“improcedibile”), priva di verbale e secondo la Segreteria Generale del Comune per averlo noi dovremmo – benché siamo un comitato referendario e come tale godiamo di diritti politici non comprimibili, stabiliti dalla Costituzione e dalla giurisprudenza in vigore – fare richiesta di consultazione di atti pubblici e loro ci risponderanno entro sessanta giorni;

– presentiamo ricorso d’urgenza al Tribunale, per chiedere che l’esproprio venga riparato;

– davanti al giudice scopriamo che, nonostante l’evidente infrazione dello Statuto e del Regolamento del Comune, il sindaco s’è costituito a difesa della decisione dei “Garanti” (il commissario Cancellieri aveva deciso di non farlo, Merola ha cambiato la linea dell’Amministrazione);

– il giudice ci da pienamente ragione, riconosce che stiamo subendo un danno ogni giorno più grave e impone ai Garanti di procunciarsi in merito all’ammissibilità del quesito referendario, entro sette giorni a partire dal 22 giugno;

– lunedì 27 giugno è convocato il “Comitato dei Garanti” per decidere sulla sorte del quesito.

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Alla luce di questo excursus, ricordo che a rimetterci non è soltanto in primis il Comitato Articolo 33 (che ha i suoi bravissimi giuristi e avvocati e saprà far valere i suoi diritti), ma in secundis (e ancor più importante) la credibilità delle Istituzioni e in particolare quella del Comune di Bologna ; tutte le forze politiche finora intervenute, a prescindere dal loro essere favorevoli o contrarie ai finanziamenti pubblici alle scuole private confessionali, hanno il dovere di difenderne l’integrità e di non essere causa di una sua caduta.

Mi riferisco chiaramente a quanto dichiarato in questi giorni dagli esponenti del Pdl, che hanno prima detto ai “Garanti” che erano “illegittimi” e non titolati a decidere, poi che se proprio devono decidere allora procedano per l’inammissibilità, perché il quesito sarebbe in contrasto con la legge di parità, la famosa 62/2000. Hanno “persino” minacciato di far intervenire il ministro Gelmini. Sai che paura, è così amata! Una chiosa, On. Garagnani: se Gelmini interverrà, non sarà più un referendum, bensì un plebiscito contro i finanziamenti. Cui prodest?

A Garagnani e a Castaldini ricordiamo inoltre che la legge 62/200 prevede un sistema integrato pubblico/privato d’istruzione che il quesito non mette neppure lontanamente in discussione; che la legge 62/2000 non pone ai comuni un obbligo di finanziamento delle scuole private paritarie – obbligo che non potrebbe nemmeno porre, sia per rispetto dell’autonomia costituzionale degli enti territoriali, sia perché non potrebbe imporre dei vincoli di spesa ad un bilancio, la cui decisione spetta alle scelte delle autonomie locali. Il referendum è consultivo ed è solo su questo secondo aspetto (si tenga presente che se il Pdl avesse ragione, sarebbero fuori legge tutti i comuni che non finanziano le scuole private paritarie; ebbene sì, ne esistono ed bene guardare in quella direzione).
Ai “Garanti” ricordiamo infine che sono un organo terzo, teoricamente indipendente, che deve garantire il diritto di partecipazione dei cittadini e non altre e diverse sollecitazioni; che non compiano nuovamente l’errore, questa volta imperdonabile, di giuridicizzare un’aspettativa politica.

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Se ciò avvenisse, la credibilità del Comune ne uscirebbe a pezzi.

Questo avremmo di fronte se i “Garanti” (e le virgolette non sono un vezzo stilistico) sbagliassero nuovamente e così grandemente.

Se l’appuntino tutti i protagonisti di questa vicenda: non sono ammessi altri errori.