Emilia Romagna

Albanese, un attore per niente qualunque sul set del nuovo film di Woody Allen

Dal cabaret alla corte di uno dei più grandi cineasti del mondo: la storia di un comico nato per recitare. Le timide amicizie al Derby, poi lo Zelig, il teatro della Scala e i film d'autore: chi è l'uomo di Olginate

Ci vuole pane, coraggio, funambolismo. Ci vuole orecchio, per partire da un posto chiamato Olginate, 6690 abitanti, passare per viale Monza, numero civico 140 cioè lo Zelig di Milano, e arrivare a un provino davanti a un signore che si chiama Woody Allen. E soprattutto sentire il telefono che squilla e di là dall’Oceano un signore che ti dici: “Ok Mr Albanese, ci vediamo a Roma l’11 luglio per l’inizio delle riprese”.

Gli amici dicono che abbia resistito a fatica a rimanere nella pelle, Antonio Albanese, alias Frengo, Alex Drastico, Epifanio, Cetto La Qualunque e molti altri ancora. Ha chiamato gli amici, Gino e Michele, Paolo Rossi, Diego Abatantuono, Claudio Bisio. Ha telefonato a Enzo Jannacci, perché alla coppia Jannacci e Beppe Viola, i due papà del cabaret contemporaneo e alla milanese, deve molto della sua mimica, di quelle sue battute che riescono a esprimere il sale della vita come in pochi altri.

Albanese nasce dopo la coppia Jannacci-Viola, a Derby ormai chiuso. Il cabaret fucina, per usare un termine banale, ma efficace, aveva già chiuso da qualche anno. Lui e tutto quello che sarebbe diventato era ancora a Olginate e finiva di giocare a figurine quando al Derby si esibivano signori come Cochi e Renato, Paolo Villaggio, Gianfranco Funari, Nada, e in sala potevi scorgere, sempre circonadato da belle donne, un imponente Bettino Craxi e un piccolo Silvio Berlusconi (aveva meno capelli allora il futuro presidente del consiglio, e non portava le suolette coi tacchi), seduti accanto al tavolo che Francis Turatello, l’altro boss della mala milanese insieme a Renato Vallanzasca, si faceva riservare ogni fine settimana.

Riandatevi a guardare gli occhi di Albanese mentre canta a Rockpolitik con Celentano, Jannacci Gaber e Dario Fo Ho visto un re, e capirete quanto Albanese deve a quella generazione di geni e genialoidi cresciuti al Derby.

Quando arriva sul palcoscenico, Albanese, quella giostra del cabaret si era già trasferita in viale Monza, Naviglio Martesana, Milano. A capo della cooperativa non c’erano più Viola e Jannacci, ma i loro figliocci, Gino e Michele, e Giancarlo Bozzo. Ma il sottobosco diamine se esiste, e da quella scena, come era uccesso vent’anni prima al Derby, escono tutti i migliori cabarettisti che segneranno un’altra epoca: Claudio Bisio, Paolo Rossi, Bebo Stori, Antonio Catania, Silvio Orlando e, a seguire, Aldo, Giovanni e Giacomo, Maurizio Milani e lui, Antonio Albanese.

Da lì a breve ci sarà l’incontro con tre ragazzi che si chiamano Giorgio Gherarducci, Marco Santin e Carlo Taranto, che poi sono la Gialappa’s Band. Sono gli anni in cui Albanese esplode. I suoi personaggi sono citatissimi nelle fiaschetterie.

Ma Albanese, nonostante dica di non essere intelligente, ma di saper vivere nel suo ruolo, non si accontenta e recita sotto la guida di Carlo Mazzacurati un film forse sottovalutato come Vesna va veloce.

Il cabaret, le origini. Il cinema, punto di arrivo senza mai dimenticare da dove si è venuti. Così Albanese continua il suo pellegrinaggio fino all’incontro con Michele Serra, autore di tutti i suoi spettacoli. Vivono quasi in simbiosi. Abitano entrambi a Bologna – Albanese è rimasto, Serra è tornato a Milano già da qualche anno – ed è qui che nasce il personaggio Cetto la Qualunque, mascalzone calabrese, tanto simile a un Berlusconi meridionale da sembrare il suo avatar, l’ultimo successo al botteghino.

Ma dicevamo dell’orecchio e la voglia di non accontentarsi. Nel frattempo, tra uno stinco di maiale da Vito e una cotoletta alla bolognese all’Osteria de’ Poeti, nascono spettacoli teatrali come Giù al Nord e film come L’Uomo d’acqua dolce, Il nostro matrimonio è in crisi e ruoli da protagonista con Pupi Avati e Francesca Archibugi. Fino a quell’opera in cui Albanese mostra tutto il suo genio nell’opera Le Convenienze e Inconvenienze teatrali, di Gaetano Donizetti celebrata alla Scala di Milano.

Sarebbe potuta bastare una regia come questa. Ma Albanese non è uomo che si accontenta. Un mite per carattere, di quelli che fregano. A Bologna esistono migliaia di aneddoti su come Albanese provi a riuscire a passare inosservato. Quando si ferma in libreria, a volte, entra col caso. Il proprietario, che è suo amico, lo sa e ci ride su. Lui, Albanese, è capacissimo di uscire senza il suo libro pur di non farsi riconoscere. Ma non è un vezzo, è pura e semplice timidezza.

Tanto timido, quanto testardo nel lavoro. E – non a caso – Woody Allen lo ha voluto nel suo prossimo film. In soldoni la retribuzione è quasi inesistente – ma è una regola che da anni Allen fa rispettare a chiunque, da Julia Roberts a Michael Caine, la differenza tra lui e Hollywood – ma è una di quelle occasioni che possono cambiarti la vita. E se sei partito da Olginate puoi guardarti allo specchio e dire sì, era quello che volevo fare.