Politica

Maroni vince la lotta interna alla Lega. E Bossi è costretto a “incoronarlo” a Pontida

Pontida sceglie Maroni. E a Bossi non rimane che ascoltare la base e incoronare il ministro dell’Interno. La via d’uscita dalle spaccature interne del partito, come previsto, al Senatur la offre proprio il popolo Padano. E per quanto possa andare storto all’eterno nemico Roberto Calderoli e a una buona parte del Carroccio, il Capo ha scelto di accogliere l’investitura di Roberto Maroni. Magari nei prossimi giorni dirà che hanno scelto insieme, che da Capo è in totale sintonia con il proprio popolo. Ma certo le circa due ore di comizio sul prato bergamasco hanno confermato, minuto per minuto, che l’astro nascente è il titolare del Viminale.

Lo vuole la base, lo sostiene parte del Carroccio e, adesso, anche Bossi. Il discorso del Capo, per la prima volta scritto su un foglio, ha praticamente elencato (ripetendoli) i diktat che ha scandito negli ultimi mesi il titolare del Viminale. Due su tutti: l’alleanza con Berlusconi scade il 2013 e se non rispetta gli impegni anche prima; Giulio Tremonti deve avere coraggio e rimettere mano al patto di stabilità e alla riforma fiscale. Il discorso di Bossi in pratica è il battesimo di Maroni. Lo striscione “Maroni presidente del consiglio”, e i volantini che aggiungono “subito” hanno accelerato i tempi della successione ma hanno fornito la via d’uscita, la migliore per la Lega, dalla crisi che sta allontanando la base dai leader del partito, ormai distanti. E a Bossi non serve dunque alzare troppo i toni, come ha fatto negli anni passati, ma si limita a elencare i desiderata di Pontida.

(video di Franz Baraggino)

Una passeggiata, considerata l’alta attesa dei Palazzi per quanto sarebbe accaduto oggi. Certo, qualche passaggio criptico, in particolar modo sull’alleanza con Silvio Berlusconi, c’è stato. Da una parte minacciato (“la leadership la decideranno le elezioni”), dall’altra rassicurato con il timore della sinistra: “Se stacchiamo la spina si va a elezioni, non ci sono altre strategie e in questo momento faremo un favore alla sinistra”. Dal pratone arriva qualche fischio, bordate leggere. Bossi alza un po’ il tiro. Poi tenta un leggero affondo: “Berlusconi non dia nulla per scontato, può darsi che la Lega dica stop”. Proprio come invocano da mesi la base e Maroni. C’è poi il capitolo Tremonti. L’amico del senatur, che insieme a lui festeggia il compleanno del titolare di XX Settembre a Calalzo di Cadore; il ministro dell’economia considerato leghista. “Caro Giulio se vuoi ancora avere i voti della Lega in Parlamento non puoi più toccare gli artigiani e le piccole imprese altrimenti metti in ginocchio il Nord”. Quello che chiede Maroni.

E così, incassata la fiducia del Capo dal palco di Pontida, considerata sinora la festa di Bossi e basta, il ministro dell’Interno sale sul palco e parla di Libia, di immigrazione, si prende meriti sulla lotta alla clandestinità, alla mafia, sulla legalità. Unico sul palco a non indossare la camicia verde d’ordinanza, Maroni va avanti. Fino ad approvare quanto detto da Bossi. In pratica, a ruoli invertiti rispetto agli altri anni. “Bene ha fatto Umberto a dire di rivedere il Patto di stabilità, soprattutto per le spese sulla sicurezza perché i sindaci hanno il diritto di investire per la sicurezza dei propri cittadini”. Forse sul prato sacro non hanno colto neanche quando detto, ma quando vedono Maroni andare al microfono parte il coro: “Maroni, Maroni, Maroni”. Lui li ascolta, quasi gongolando. Sa di aver vinto la sfida interna. E così si spinge ancora oltre, a promettere ciò che spetterebbe solo al capo dire. “Noi abbiamo un grande sogno, una Padania libera e indipendente. Voglio ringraziarvi davvero tutti, in barba ai gufi romani, che dicevano che a Pontida non sarebbe venuto nessuno. A loro dico: guardateli”.