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Spagna, gli indignados lasciano <br/> le piazze per passare ai barrios

Il movimento 15-M ha tolto i presidi a Puerta del Sol a Madrid e in Plaza Catalunya a Barcellona. "Andremo di quartiere in quartiere per incontrare i cittadini". Il 19 giugno una manifestazione raggiungerà la sede del Congresso nella capitale

“Riprendiamo la strada, quella che si percorre passo dopo passo. E’ il cammino che ci aspetta se vogliamo ottenere risposte ai nostri sogni”. Rocío parla dall’accampamento di Madrid della Puerta del Sol senza enfasi. Da quasi un mese è questo il tenore dei discorsi che si alzano dalle piazze degli indignados della Spagna. Per il movimento 15-M, che sta sorprendendo con la forza delle parole una classe politica imbalsamata, è arrivato il momento di prendere una nuova rotta per rinnovarsi. Sabato 11 giugno l’assemblea dell’accampamento di Madrid ha deciso di lasciare il presidio e di diventare un movimento itinerante: “Andremo di quartiere in quartiere, di paese in paese con le nostre tende e sogni. Montando e smontando di volta in volta i nostri punti di incontro con i cittadini” continua Rocío.

L’idea di partire si concretizza la stessa notte di domenica. Lasciata la Puerta del Sol, alcune centinaia di manifestanti sfilano per il centro della capitale fino alla sede del Congresso dei deputati. Si susseguono i ricordi di quasi un mese di vita in comune: “E’ qui che ho imparato a lavorare con gli altri e soprattutto a pensare in modo collettivo. La mia università è questa piazza – dice Bertha, della commissione sull’informazione – ora mi porto via nel cuore tutto: nuovi amici, l’aver imparato ad ascoltare e soprattutto l’idea di una rivoluzione possibile”.

Anche Blanca, studentessa di lettere porta con sé un patrimonio: “Abbiamo imparato a vivere nella tolleranza al mille per mille, ad un rispetto dell’altro totale. Questa è stata un’ università aperta sul mondo”. La scelta di percorrere una nuova tappa è molto sofferta. Ma forse necessaria per evolvere. Reggere l’occupazione cominciava a diventare difficile. Al movimento si erano affiancati tanti, troppi elementi esterni, disinteressati.

Ma lasciare le piazze, non significa solo lasciare i luoghi simbolici e visibili delle città spagnole. Significa diventare anche più vulnerabili e per certi versi facili obiettivi da colpire. A dimostrarlo, le ultime iniziative contro gli insediamenti delle nuove giunte comunali, risultato delle elezioni dello scorso 22 maggio. La polizia ha caricato in modo pesante le iniziative degli indignados di Valladolid, Alicante, Salamanca e della stessa Madrid. Nella capitale spagnola gli agenti hanno colpito i ragazzi che si erano seduti a terra, realizzando resistenza passiva nelle strade blindate intorno alla sede del Comune, dove si stava insediando la giunta del sindaco Alberto Ruiz-Gallardón. Le cariche che hanno provocato diversi feriti tra i manifestanti sono proseguite mentre si alzavano gli slogan “Siamo pacifisti, non terroristi” o “Non ci rappresentate”.

Le iniziative progettate sabato scorso rientrano nelle decisioni del movimento “Democracia Real Ya” di partecipare in modo attivo alla scena politica facendo sentire la propria voce a livello delle istituzioni locali e regionali. “Non è il caso di dire che ce ne andiamo. Ci stiamo trasformando. Il movimento continua”, insistono dalla Puerta del Sol dove oltre a preparare nuove proteste per i prossimi giorni, guardano con fiducia verso il 19 giugno, quando le manifestazioni da tutta la Spagna confluiranno verso la sede del Congresso dei deputati di Madrid.

Anche a Barcellona, gli indignados stanno lasciando lentamente il presidio di Plaza Catalunya, dove però rimarrà con tutta probabilità una postazione fissa per garantire informazioni ai cittadini interessati a partecipare al movimento. “Noi guardiamo all’Islanda – dice Pau, studente catalano – e agli islandesi che stanno riscrivendo la Costituzione. I cittadini hanno preso la parola e hanno voce in capitolo”. Per raccontare l’essenza della “rivoluzione” democratica in Islanda, a Barcellona sono sbarcati due militanti delle “associazioni dei cittadini contro il debito” di Reykjavík. Sono tra coloro che sono impegnati in Islanda a portare i banchieri davanti al tribunale, rifiutandosi di pagare per la crisi finanziaria. E che vogliono partecipare con il “crowdsourcing” alla stesura della nuova Costituzione, attraverso internet e i social network.

di Cristina Artoni