Politica

Tabacci dimettiti. <br>Per Pisapia

Se il centrodestra si attacca al doppio incarico del neoassessore di Milano Bruno Tabacci, significa che la giunta messa in piedi da Giuliano Pisapia non ha molto da temere dall’opposizione. Fa quasi sorridere sentire il partito di Riccardo De Corato (per 16 anni vicesindaco e contemporaneamente senatore o deputato) invocare a gran voce le dimissioni da parlamentare del neo assessore al Bilancio del Comune. Ancora più grottesca appare la Lega. Davide Boni che candidamente riesce a dichiarare: “Se Tabacci non si dimette è una presa in giro per i milanesi”. Ma come? E Matteo Salvini? Per anni capogruppo del Carroccio in Comune e contemporaneamente eurodeputato a Bruxelles? O Daniele Molgora, dal 2009 presidente della Provincia di Brescia e deputato?

Se si prendessero poi in considerazione anche i parlamentari del Pdl l’elenco diventerebbe lunghissimo. Basta il dato della Lega a rendere l’idea: su 68 parlamentari ben 38 (cioè il 56%) hanno incarichi nelle amministrazioni locali. Ma per il Carroccio è normale occupare ciò che si può. La scusa con gli elettori, finora, è stata la sbandierata bravura a controllare e tagliare i costi. Così capita che il leghista presidente della Provincia di Como, Leonardo Carioni, sia anche sindaco a Turate, presidente dell’Unione delle province lombarde, di Sviluppo Sistema Fiere, e sieda nel consiglio di amministrazione della Pedemontana veneta e dell’Expo 2015 Spa, qui nominato dal Governo che detiene il 40% della società. Carioni è soltanto uno dei tanti pluripoltronisti.

Al confronto, insomma, Tabacci è un dilettante. Ma questo non basta a giustificarlo. O almeno non basta più. Perché Milano, votando Pisapia, ha creduto di scegliere una classe politica nuova, lontana dalla solita e vecchia spartizione partitica di poltrone e prebende, capace di costruire e lavorare in modo onesto per il bene della collettività. Aspettative create da Pisapia. I 25 mila milanesi che il 2 giugno si sono messi ordinatamente in coda in piazza della Scala e hanno aspettato ore per stringere la mano al nuovo sindaco, implicitamente lo hanno investito di un impegno non solo elettorale ma anche umano. “Non siamo voti, siamo persone e ci siamo fidati di te”. Ora spetta a Pisapia dimostrare che la fiducia è stata ben riposta.

Per questo Tabacci dovrebbe dimettersi. Avrebbe già dovuto annunciare la volontà di lasciare l’Aula. Invece, il giorno dell’insediamento a Palazzo Marino, ha detto di non essere intenzionato a farlo. Ieri ha corretto il tiro, concedendo al Corriere un “Ci sto pensando, valuterò nei prossimi giorni con il sindaco”. E’ già qualcosa. Ma come riconosce il suo collega di giunta, Pierfrancesco Majorino, “c’è una grande attesa nei nostri confronti”. E tuttavia aggiunge: “Credo che le polemiche sull’assessore al Bilancio siano fuori luogo”. Dimenticando che nella “grande attesa” c’era anche l’aspettativa di una classe dirigente capace di non dar adito alle polemiche.

Quindi Pisapia, che ha saputo scegliere la squadra di governo senza cedere alle ingerenze dei partiti, sappia ora pretendere le dimissioni di Tabacci. Perché non basta più essere i meno peggio, aveva promesso che sarebbe stato migliore. E la città gli ha creduto.