Il segretario del partito democratico alla direzione nazionale: "Il governo si presenti in aula dimissionario". Si raffredda l'ipotesi di alleanze con il Terzo Polo. Botta e risposta con il leader di Sel: "Affidabile? Vedremo". E lui replica: "Giudizio meschino, non siamo sotto esame"
Tradotto: senza Sel, il Pd non vince. Il riferimento, ovviamente, è alle ultime amministrative, dove i candidati vicini a Sinistra e Libertà – Pisapia a Milano e Zedda a Cagliari – hanno strappato risultati insperati, conquistando quel voto moderato che doveva, sulla carta, rifuggire il pericolo rosso come la peste.
Eppure per il partito democratico e per il suo segretario Bersani la giornata era cominciata con la rivendicazione di un trionfo, e l’annuncio dei successi prossimi venturi. Il leader democratico, riunita la direzione nazionale, si è presentato spavaldo: “La maggioranza non è piu’ quella uscita dalle elezioni. Siamo al ribaltone e al teatrino della politica – ha detto il segretario Pd – il governo presenti dimissionario alla verifica parlamentare. La nostra strada maestra sono le elezioni. Siamo disponibili a considerare eventuali condizioni per cambiare legge elettorale”.
Una relazione, quella del segretario, che ha raccolto consensi scontati e altri più insperati. Da D’Alema a Zingaretti, e persino Veltroni si sono spesi per elogiarlo. Oltre gli apprezzamenti, tuttavia, il nervo delle alleanze, compresa quella con Sinistra e Libertà, continua ad essere scoperto. Se fino a ieri il segretario aveva continuato a rimarcare la “sovrapposizione” avvenuta tra gli elettori di centro e di sinistra, oggi il discorso sul rapporto con il terzo polo ha segnato una battuta d’arresto. Non tanto, o comunque non solo per l’irritazione di Vendola, che a torto o a ragione sente di avere portato la vittoria nelle mani del centrosinistra. Quanto per il distacco nuovo con cui una buona parte della dirigenza democratica guarda a Casini & co.
In primis la presidente del partito Rosi Bindi, che nella Democrazia cristiana è politicamente nata e cresciuta e che sulla questione ha parlato in modo chiaro. “Non si vince se per fare nuove alleanze si immagina di rompere il campo del nuovo Ulivo o fare a meno di Di Pietro e Vendola”, ha detto la Bindi. Dopo aver espresso “apprezzamento” per l’agenda di lavoro indicata da Bersani nella sua relazione, la Bindi ha sottolineato che il voto “ha dimostrato che nella società si è messo in moto un movimento di resistenza morale e civile al berlusconismo. Un movimento diffuso che ha cominciato a dire ‘basta’ e che non è più disponibile a concedere tutto all’imperatore. Non abbiamo ceduto al moderatismo, non abbiamo rincorso le parole d’ordine né dei nostri avversari né dei nostri potenziali alleati. Il voto – ha concluso – ha fatto giustizia di alcune favolette: noi non abbiamo mai proposto un governo di responsabilità nazionale con un asse preferenziale con il Terzo Polo. Ma abbiamo sempre perseguito una strategia che vede nel Pd l’architrave di un nuovo centrosinistra”. Se i pilastri reggeranno anche il peso delle polemiche, tuttavia, è ancora presto per dirlo.