Il processo dell’inchiesta sulla tentata scalata ad Antonveneta, è stato caratterizzato da un fatto senza precedenti: a giugno Brancher è stato nominato ministro (per il federalismo, trasformato in decentramento) da Berlusconi, che gli ha voluto lanciare il salvagente del legittimo impedimento ad hoc. La norma, che congela i dibattimenti del premier e dei ministri fino a 6 mesi di seguito, già ai primi di luglio è stata presentata in Tribunale dal pidiellino che – nonostante non avesse alcuna delega – accampava impegni istituzionali fino al 7 ottobre.
Ma le forti polemiche hanno costretto Brancher a dimettersi (con tanto di annuncio in Tribunale) e a scegliere il male minore: il rito abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena. E così, anche se dovesse essere condannato definitivamente, non andrà mai in carcere grazie all’indulto. Nelle motivazioni del giudice si legge che “appare del tutto plausibile” quanto affermato da Fiorani: con Brancher c’era “una sorta di intesa” per incassare “500/600 mila euro a più riprese” per “interventi diretti ad influenzare le nomine dei candidati alle elezioni nella circoscrizione lodigiana”. Effettivamente – ricorda la stessa Gatto – tra marzo e aprile 2001, Brancher riceve 200 mila euro e a Lodi, alle politiche del 13 maggio, viene candidato (ed eletto) Vittorio Falsitta, “ gradito all’ad”. Nelle motivazioni si parla anche di altri 200 mila euro consegnati a Brancher da Fiorani a fine marzo 2005. Metà di quei soldi – secondo l’ex banchiere – il deputato li avrebbe dati all’attuale ministro Roberto Calderoli. L’esponente leghista ha negato ogni addebito davanti al pm Eugenio Fusco. Brancher invece non si è mai fatto interrogare. Il sostituto, di fronte alla sola parola di Fiorani, ha chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione per Calderoli.