Emilia Romagna - Cronaca

Calcio scommesse: arrestato Beppe Signori. “Capo dell’organizzazione bolognese”

Sono sedici i professionisti (o ex) finiti agli arresti, di cui tre a Bologna. 28 le persone indagate, tra cui Stefano Bettarini e Cristiano Doni dell'Atalanta, oltre al presidente del Ravenna Gianni Fabbri e altri dello staff tecnico della stessa squadra

Sono cinque i personaggi residenti in Emilia Romagna finiti nella rete dell’operazione “Last bet”, l’ultima scommessa, coordinata dalla procura di Cremona e condotta dalla squadra mobile della città lombarda e dallo Sco. Si tratta di Giorgio Buffone (custodia cautelare in carcere), nato nel 1955 a Canistro (L’Aquila) e residente a Cattolica, direttore sportivo del Ravenna Calcio.

Poi ci sono due commercialisti: Francesco Giannone (in carcere), che vive a Bologna e che è nato nel 1964 Santa Caterina dello Ionio (Catanzaro), e Manlio Bruni (arresti domiciliari), stessa età di Giannone, originario di Catanzaro e con residenza nel capoluogo emiliano. C’è inoltre un cittadino un cittadino albanese del 1959 che abita a Ravenna, Ismet Mehmeti (domiciliari). E infine Giuseppe Signori, per tutti Beppe, nato il 17 febbraio 1969 ad Alzano Lombardo (Bergamo) e residente a Bologna (anche per lui sono stati disposti gli arresti domiciliari).

I ruoli degli emiliano-romagnoli. Estremamente variegato il ruolo di ciascuno nell’organizzazione. L’ex della nazionale Signori è ritenuto dagli investigatori – recita l’ordinanza firmata dal gip Guido Salvini – un “elemento centrale del gruppo di scommettitori di Bologna, ha partecipato con Giannone e Bruni a una serie di scommesse sulle partite truccate, in particolare con riferimento alla

partita Internazionale-Lecce, di 150 mila euro”. Di lui nelle telefonate è praticamente vietato parlare “anche per scherzo” e, se proprio si deve fare riferimento alla sua persona, semmai è “Beppe Nazionale” o quello “che ha segnato 200 gol”.

Per quanto riguarda gli altri, partiamo da Giorgio Buffone, colui che prima degli altri entra tra gli “osservati speciali” degli inquirenti. Direttore sportivo del Ravenna, viene descritto come un “accanito scommettitore, utilizzava la sua posizione non soltanto per influire sulle partite affrontate direttamente dalla sua squadra, oggetto delle scommesse, ma sfruttava le sue conoscenze con personaggi del mondo del calcio [come] il presidente dell’Alessandria e […] la dirigenza del Verona”. Inoltre “teneva contatti con gli scommettitori albanesi Ismet Mehemeti e Antonio Shytaj, entrambi procedenti a scommesse in Albania sulle partite truccate”.

Francesco Giannone, invece, sarebbe un “organizzatore, promotore e scommettitore […] ‘dei

bolognesi’ che provvedeva successivamente a effettuare le puntate di denaro”. Ruolo analogo, secondo la ricostruzione della procura di Cremona, per Manlio Bruni. Infine il cittadino albanese Ismet Mehmeti avrebbe avuto “il ruolo di referente per quanto riguardava l’effettuazione materiale delle scommesse strettamente collegate alle partite di calcio manipolate dall’organizzazione. Alcune di queste scommesse venivano effettuate direttamente in Albania, nel periodo in cui il cittadino Albanese si trovava in patria (fine marzo 2011).”

La fisionomia del “gruppo dei bolognesi”. Sono loro dunque che farebbero in sostanza parte di quello che nell’ordinanza viene chiamato “il gruppo dei bolognesi”. È un gruppo di scommettitori che costituisce “una parte dell’associazione che contestualmente sostiene economicamente e istiga moralmente a combinare le partite l’altra parte dell’associazione che ne costituisce il braccio operativo ”. E il gruppo si muove solo dietro garanzie, niente pacchi. Nell’ordinanza si legge infatti ancora che si “pretendeva[no] dagli intermediari titoli bancari a copertura delle giocate di denaro da effettuare, rilasciando a loro volta come garanzia dell’avvenuta scommessa un assegno pari all’importo della giocata effettuata”.

E quando qualcosa non funziona, c’è sempre qualcuno disponibile – almeno in un primo tempo – a sistemare le questioni aperte. Per esempio, quando la partita Inter-Lecce non va secondo le “previsioni”, viene detto a Giannone che la preoccupazione è quella “in primis fare recuperare i soldi a te… a Manlio [Bruni] e a Beppe [Signori]… La prossima partita ve la diamo gratis e loro recuperano tutto” .

In febbraio l’ingresso nel giro. L’indagine parte il 10 dicembre 2010 quando Sandro Turotti, direttore generale della Cremonese (Lega Pro), denuncia lo strano malessere accusato da 5 dei suoi giocatori e da componente dello staff (tutti hanno gli stessi sintomi e addirittura uno ha un incidente stradale a causa dei essi). Si accerterà dall’esame delle urine che in loro c’erano tracce di Lormetazepam, principio attivo delle benzodiazepine , sostanze psicoattive per calmare l’ansia e i disturbi del sonno.

Partiti i primi accertamenti, dal 12 gennaio i telefoni di alcuni sospetti iniziano a essere intercettati e seguono ulteriori verifiche sui conti correnti, assegni e carte di credito e prepagate in loro possesso. Il ruolo degli emiliano romagnoli emerge il 27 febbraio con la partita Verona-Ravenna in programma un mese dopo (27 marzo) e conclusasi con il risultato di 4 a 2. In questo contesto salta fuori il nome di Giorgio Buffone e i suoi rapporti con altri due dell’organizzazione, Massimo Erodiani e il dentista Marco Pirani, già sotto l’occhio degli investigatori. E sempre Buffone sarebbe coinvolto nella manipolazione del match Ascoli-Atalanta (12 marzo) terminato 1 a 1.

C’è poi Taranto-Benevento (13 marzo, 3-1 il risultato finale) e soprattutto Atalanta-Piacenza del 19 marzo (3-0), quando entra in scena anche un altro degli emiliano-romagnoli, Manlio Bruni: sarebbe a questo punto ufficiale il coinvolgimento del gruppo dei bolognesi. Il ruolo di Signori emergerebbe poi il 15 marzo 2011 in base ad accertamenti condotti dalla squadra mobile di Cremona. Accade in un incontro a Bologna, in via Ugo Bassi, che Signori venga fotografato con altri indagati intorno alle 21.30, ma le fotografie scattate in quell’occasione non sono chiare e allora gli uomini della mobile si mettono a pedinare un’auto, una Smart, che risulta intestata a una società, ma in uso all’ex giocatore che vive a Bologna.

Da intercettazioni del giorno dopo, alcuni indagati confermano l’incontro con il “Beppe nazionale”. E confermano anche che i numeri in gioco sono consistenti: “La reale dimensione dell’enorme flusso di denaro giocato sull’incontro di calcio [parla di un importo tra] uno o due milioni di euro sui siti Asiatici”.

I quattrini da far “rientrare” e i toni sempre più aggressivi. La partita del 19 marzo però non si conclude con il risultato “sperato” e allora “al termine delle varie conversazioni [intercettate], tutti pensavano di poter recuperare parte dei soldi perduti investendo sulla partita Benevento-Pisa fissata per il giorno successivo ”. Si sarebbe consentito così ad alcuni dei bolognesi, tra cui Signori, di rientrare in possesso degli importi andati in fumo.

Ma i toni sulla questione quattrini iniziano a diventare tesi proprio in occasione di Benevento-Pisa (21 marzo), incontro in cui si farebbero i nomi, sempre secondo la ricostruzione effettuata a Cremona, Giannone, Bruni, Signori e Buffone. Nello specifico, spiega l’ordinanza, “al termine di questo incontro di calcio veniva registrata una serie di telefonate anche minacciose [da parte] di Antonio Bellavista [altro indagato], Erodiani e, successivamente, anche Francesco Giannone, il quale, utilizzando un linguaggio tipico della malavita organizzata, chiedeva il rientro dei soldi investiti dalla sua organizzazione che faceva capo a una persona che in serie ‘A’ aveva segnato oltre 200 reti [Signori] quantificando al contempo il danno subito in oltre 300 mila euro”.

Se ci sono sms del tenore “penso che hai ragione: questo è da ammazzare ”, in una conversazione tra Massimo Erodiani e Antonio Bellavista, parlando di un terzo dell’organizzazione, viene detto:

Bellavista: Ma questo non è normale… Questo veramente è da pigliare a schiaffi pugni e cazzotti se posso.. . […] In macchina lo lo pesto porca puttana ma stiamo a scherzando ragazzi …

[…]

Erodiani: Se ha fatto una cosa del genere deve morire… Se ha fatto una cosa del genere deve morire perchè mette mette a repentaglio me… Di riflesso te [e] tutti i terzi che hanno fatto…

B.: a parte che io cioè neanche lo conoscevo mi ha messo mi ha bruciato un canale… […] M’ha bruciato i soldi

E.: […] Ce li deve ridare tutti fino alla fine, non me ne frega un cazzo, pignorerà pure l’anima santa… ma questo deve ridare tutto […]. Noi intanto speriamo che esce… Insomma loro non perdono poi .

B.: Va bho..

E.: Poi lo andiamo a prenderlo lo stesso .

I pedinamenti, oltre all’ascolto delle conversazioni telefoniche, sono un’altra costante dell’indagine. Oltre che seguire gli indagati nei vari spostamenti in auto, anche i viaggi aerei sono sempre accompagnati da uomini della polizia. Dal lavoro investigativo ne emerge quindi un quadro probatorio – delineato nelle 611 pagine dell’ordinanza – intessuto di “elementi inconfutabili attestantanti come l’organizzazione criminale abbia pianificato e manipolato incontri di calcio […] evidenziando come da tempo i rei si adoperassero nell’illecita condotta criminale ”. Inoltre “il delitto è ancora più grave in quanto la presenza […] di alcuni gruppi dai contorni incerti, quale quello degli “Zingari”, o quello albanese, creano un terreno fertile per l’insinuazione di elementi di una criminalità organizzata ai più alti livelli”.