Cronaca

Baglioni non fa rima con Falcone

Palermo, 23 maggio 2010. Un fiume di gente, in ricordo di Giovanni Falcone, parte in un corteo gioioso e da pelle d’oca, dall’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, per arrivare in via Notarbartolo, all’albero Falcone. Il tragitto non è molto lungo, un paio di chilometri scarsi in tutto. Ma il clima che si respira è favoloso: la banda che suona l’inno di Mameli, la gente che lo canta a squarciagola, gli studenti che sventolano il tricolore, le foto di Falcone e Borsellino tenute in alto da giovani e meno giovani. Anche qualche bandiera della Trinacria (tanto per ricordare che Falcone e Borsellino non sono solo “due eroi italiani”). Sul luogo troviamo anche chi, da via D’Amelio, ha organizzato un altro corteo partito proprio da dove fu ucciso Paolo Borsellino.

Davvero un mare di gente.

A un certo punto, però, sento una canzone in lontananza, “Strada facendo” di Claudio Baglioni.

Una versione cantata unplugged, cioè, senza strumenti elettrici, quindi solo con la chitarra. Da grande ascoltatore (ed ammiratore) di Baglioni (e da cantante che ha spesso “coverizzato” i suoi brani), non avevo mai sentito una versione così bella di “Strada facendo”. Nel corteo partito da via D’Amelio, pochi minuti prima, avevo visto un camion che “sparava” canzoni dall’impianto montato a bordo e quindi mi son detto “Saranno loro”. Ma poi, vedo la folla che si muove e si accalca in direzione dell’albero Falcone. Mi dirigo anch’io da quella parte ed effettivamente c’è Claudio Baglioni che canta dal vivo.

Bravo come sempre. Però, a parte il basso volume del microfono di Grasso (confermato da chi era distante e non sentiva ma che, invece, ha sentito benissimo Baglioni), quello che mi ha lasciato l’amaro in bocca è stato vedere la gente andar via subito dopo il minishow del cantautore romano mentre c’era ancora gente che stava parlando dal palchetto.

La domanda mi sorge spontanea: cosa c’entra Baglioni con Falcone?

Non l’ho mai visto né spendere due parole per il giudice né parlare di mafia.

Era davvero il caso di invitarlo?

di Tony Troja