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Libia, Gheddafi alla Nato: “Stop ai raid”<br>La risposta: “Servono fatti, non parole”

Il leader libico Muammar Gheddafi ha lanciato un appello alle forze Nato per avviare negoziati che mettano fine i raid aerei sulla Libia. “Noi non li abbiamo attaccati, né abbiamo oltrepassato i loro confini: perché allora ci stanno attaccando?”, ha detto il Colonnello in un’apparizione in diretta tv. “Paesi che ci attaccate, fateci negoziare con voi”, ha chiesto Gheddafi. “La Libia è pronta già da ora ad un cessate il fuoco, ma che non sia unilaterale”, ha proseguito. “Siamo stati i primi ad accogliere un cessate il fuoco, ma l’attacco dei crociati Nato non si è fermato”, ha aggiunto il Colonnello. E bombe della Nato sono cadute su Tripoli nei pressi degli studi della tv proprio mentre parlava il rais.

”Servono fatti, non parole”: così la Nato risponde alla richiesta del rais Le nostre operazioni “proseguiranno – ha dichiarato un alto funzionario dell’Alleanza – fino a quando gli attacchi e le minacce contro i civili non finiranno. Appena poche ore prima della richiesta di tregua avanzata dal colonnello Gheddafi le sue forze hanno bombardato indiscriminatamente Misurata uccidendo molte persone, tra cui anche bambini”.

Il messaggio in tv di Gheddafi è arrivato a poche ore dall’ennesima dichiarazione di guerra ai ribelli. Il raìs era intervenuto con un messaggio ai ribelli: “Arrendetevi entro tre giorni o sarà un bagno di sangue”. Pochi minuti prima uno dei figli del Colonnello aveva avvertito: “non ci arrenderemo mai”. Nel pomeriggio, poi, le forze lealiste hanno bloccato il porto di Misurata.

Intanto, già da ieri mattina sono state udite violente esplosioni vicino all’aeroporto della città libica di Misurata. Mentre il porto della città è stato attaccato dalle navi dei lealisti. Poco dopo, sono iniziati i combattimenti nei sobborghi tra i ribelli e le forze governative di Gheddafi. Il bilancio di ieri, secondo fonti mediche, è stato di almeno 12 morti, due dei quali donne. Ferma è stata la condanna dell’alto rappresentante per la Politica estera Ue, Catherine Ashton, contro “l’impiego delle bombe a grappolo e di qualsiasi altro mezzo” verso i civili libici. E si combatte anche a Dehiba, al confine tra Libia e Tunisia. Le postazioni degli insorti in città erano state attaccate “con ferocia” in mattinata dall’esercito lealista, come riferisce la tv panaraba ‘al Jazeera‘, che si è scontrato anche con l’esercito tunisino. Poche ore dopo i ribelli hanno fatto sapere di aver ripreso il controllo della città. “La bandiera ribelle sventola sul confine, riapriremo la frontiera”, hanno dichiarato. Oltre ad esprimere soddisfazione, Khalifa al-Zwawi, capo del Consiglio transitorio di Misurata, ha ricordato che “la cosa più importante per noi ora sono le armi. Abbiamo bisogno di armi per affrontare Gheddafi. Non appena i nostri combattenti per la libertà raggiungeranno le persone in altre città, queste si uniranno alla nostra rivolta”. Un appello rivolto alla comunità internazionale attraverso un’intervista al quotidiano britannico ‘The Guardian‘. Per il momento da parte della coalizione continuano i raid aerei contro gli uomini del Colonnello. “Stamani la Nato ha attaccato le forze di Gheddafi posizionate a nord di Zenten, da dove hanno accerchiato la città. Cinque missili sono stati lanciati nella zona”, ha riferito al telefono il portavoce dei ribelli, Abdulrahman.

I tornado italiani, decollati dalla base di Trapani Birgi, hanno intanto effettuato oggi la loro seconda missione. Sul raid di ieri il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, si è rifiutato di fornire informazioni, perché “la Nato non distingue tra l’aereo francese, l’italiano, l’inglese. Dunque non tocca a me dire che fa l’aereo italiano rispetto al francese o all’inglese. Lo farà, se vorrà, soltanto la Nato”, ha spiegato. E poco dopo è arrivato il commento asciutto di Rob Weighill, sottocapo di Stato Maggiore delle operazioni Unified Protector: ”Nell’ultima settimana l’Italia ha partecipato ad attacchi che sono andati a buon fine”. La Russa ha poi sottolineato come voglia tutelare al massimo i piloti italiani dal rischio di errore durante i bombardamenti. “Sto facendo mettere al corrente la Nato di una sorta di caveat, di modalità delle regole d’ingaggio italiane. – ha detto il ministro – Vogliamo che i nostri aerei non agiscano aria-terra nelle città, a meno che non debbano salvare civili sotto attacco da un pericolo grave e attuale”.

“Sto cercando qualcosa da poter attaccare ai miei abiti per mostrare che sono dalla parte dei ribelli”. Secondo i testimoni, fuori dalla sede del Consiglio nazionale transitorio a Bengasi, l’atmosfera non è quella di un Paese in guerra civile. Come Omar Suleiman, medico di 53 anni, molti cittadini libici stanno acquistando spille e magliette “per mostrare la loro richiesta di libertà”, racconta Abu Bilal, commerciante egiziano di 40 anni che vive a Bengasi e gestisce una delle tante bancarelle appena fuori dalla sede del Cnt.