Emilia Romagna

Marea nera al largo delle coste riminesi. E’ già morìa di pesci

Il fenomeno ha origine alla foce del Po: sono alghe derivate da una combinazione di azoto, fosforo e silicati. Gli esperti: "Non siamo preoccupati, ma in 30 anni non avevamo mai visto niente di simile"

Si fa largo un’anomala “marea scura” sulle coste adriatiche all’altezza del Riminese, che avanza minacciosa verso sud. Gli abitanti della zona si sono precipitati a segnalare tutto alle autorità competenti. In effetti, basta recarsi sul posto e dare un’occhiata per rimanere sbalorditi. Salendo di qualche metro rispetto al livello del mare, ecco lo spettacolo ‘double-face’: a sinistra le acque risultano chiaramente rossastre per non dire marroni, a destra, invece, tutto normale. Mistero.

Se poi si viene a sapere della recente moria di pesci, molluschi e crostacei proprio in questo lembo di Adriatico, si capisce che qualcosa che non va, almeno, c’è di sicuro. I bollettini della struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna riportano che le acque di colore bruno-rossicce notate dagli abitanti della zona “sono frutto di un’intensa proliferazione microalgale – Diatomee con Chaetoceros e Skeletonema costatum come microalghe dominanti – dovuta a cospicui apporti fluviali, del Po in particolare, con conseguente ‘fertilizzazione’ da nitrati, fosfati e silicati dell’area nord-occidentale del bacino adriatico”.

Dopo le “numerose” segnalazioni arrivate in questi giorni, anche Legambiente Emilia Romagna si è mossa. La proliferazione delle alghe “ha portato ad un fenomeno di eutrofizzazione acuta con conseguente innesco di condizioni di ipossia e anossia dei fondali”, conferma l’associazione ambientalista. Nell’area meridionale dell’Emilia Romagna e nel pesarese, rilevano in particolare le strutture Arpa, si sono verificati anche ripetuti fenomeni di spiaggiamento di pesce “collegati a tali condizioni, e favoriti da un movimento verso la costa di acque profonde prive di ossigeno, spinte da venti spiranti da terra”. L’evento è da considerarsi “straordinario per il periodo in cui si è verificato, e per i territori coinvolti”.

Sono frequenti, assicurano infatti gli esperti, i casi di anossia delle acque di fondo conseguenti a casi di eutrofizzazione, ma “questi fenomeni si verificano prevalentemente nel periodo estivo autunnale e solo nei territori centro-settentrionali dell’Emilia Romagna, in genere da Goro a Ravenna”. Prova di spiegare direttamente come stanno le cose il dottor Attilio Rinaldi, presidente dello stesso centro Ricerche marine di Cesenatico: “Nessun allarmismo, anche perché la situazione è ormai tornata alla normalità e non ci saranno conseguenze. Certo che in 33 anni che facciamo questo lavoro un fenomeno del genere, in questa zona e in questo periodo, non si era mai visto”.

Rinaldi, a capo della struttura di 40 dipendenti che fa capo ad Arpa Emilia Romagna, ricostruisce l’origine della “marea scura”. La maxi proliferazione delle micro-alghe (diatomee) alla base delle acque rossastre-marroni in prossimità di Cattolica è dovuta alla presenza di sostanze non inquinanti come azoto, fosforo e silicati. Una volta veicolati in mare attraverso il Po, tali elementi sono stati capaci di dare vita a qualcosa come 100 milioni di microalghe in un litro d’acqua (valore picco). Ciò ha causato casi diffusi di ipossia e anossia in grado di provocare, “15-20 giorni fa”, precisa Rinaldi, la moria di pesci, molluschi e crostacei rimasti privi di ossigeno gassoso sui fondi marini.

Al momento, però, la situazione sta tornando alla normalità: “Stiamo proseguendo nei monitoraggi, faremo ulteriori controlli all’inizio della prossima settimana. L’ossigeno si è quasi completamente ricostituito, la situazione è ormai normalizzata”, prosegue Rinaldi ripercorrendo le tabelle pubblicate sul sito web dell’istituto che presiede. A rendere il caso “eccezionale” è stata dunque la combinazione tra l’apporto di fosfati-nitrati dal Po e le temperature superiori alle medie stagionali, di almeno quattro gradi, verificatesi durante le scorse settimane.

“Ogni anno – riconosce il presidente del centro ricerche di Cesenatico – abbiamo a che fare con fenomeni di questo genere: il punto è che si sono sempre verificati a estate inoltrata o in autunno, quando le temperature del mare sono più alte, e comunque a ridosso del Delta del Po, al massimo fino al confine tra le provincie di Ferrara e di Ravenna. Insomma: mai nel riminese e mai in primavera”.

L’occasione è buona, allora, per richiamare chi di dovere non solo alle direttive europee sui nitrati, ma anche al rispetto del piano nazionale di risanamento contro l’eutrofizzazione. Se l’Emilia Romagna lo ha adottato,  regioni-chiave per la salute delle acque del Po come Piemonte e Lombardia non lo hanno rispettato: “Con l’eliminazione del fosforo dai detersivi – riepiloga Rinaldi- abbiamo tolto 10 mila tonnellate all’anno di fosforo dalle acque italiane, stiamo meglio rispetto agli anni ’70-‘80 ma bisogna proseguire. Tutti devono fare la propria parte. Basti pensare che Milano è una città depurata solo da 4-5 anni, o alla delicatezza delle grandi aree interessate alle coltivazioni agricole”.

Posto allora come sia indispensabile tenere alta l’attenzione sulle problematiche collegate al Grande Fiume, resta una bella curiosità: chissà cosa sarebbe successo se la chiazza scura fosse comparsa nel periodo di maggio-giungo e quali effetti avrebbe avuto sul turismo rivierasco, economia trainante della zona.

Carlo Kovacs