Cronaca

Bari criminale, sette agguati in venti giorni <br/> Torna l’incubo della guerra di mafia

Sulla situazione interviene anche il sindaco Michele Emiliano: "La città - dice - è diventata un centro di consumo nazionale della cocaina. E i clan confliggono perché si contendono le piazze dello spaccio"

A Bari torna l’incubo della guerra di mafia. Questa l’aria che si respira negli ambienti investigativi. Questo racconta la cronaca: sette agguati a mano armata, due dei quali mortali, in meno di venti giorni.

Tutto parte il 7 marzo, quando Cristian Lovreglio, nipote del noto boss Savinuccio Parisi, viene ferito in un centro sportivo di Japigia (quartiere di Bari). Seguono giorni di sparatorie, nelle quali viene ferito anche il cognato del boss Antonio Di Cosola mentre si reca nella caserma per l’obbligo di firma. Due i morti. Un ventiduenne di Grumo trovato crivellato a Bitonto (comune contiguo al capoluogo barese). E un trentanovenne incensurato ammazzato a Carbonara lo scorso 16 marzo.

Il sindaco di Bari Michele Emiliano ha una spiegazione, lui, che prima di diventare primo cittadino, ha avuto a che fare con la criminalità come magistrato: “Bari è diventato un centro di consumo nazionale della cocaina”, spiega al telefono. “Questo è un dato, la cocaina è la droga del sabato sera. I clan confliggono perché si contendono le piazze dello spaccio ”. “Probabilmente – prosegue – c’è molta gente che va a seguire Don Ciotti e Saviano, ma poi acquista fumo o cocaina da uno spacciatore. Così facendo, arma i clan”.

Nei giorni scorsi c’è stato un vertice in Prefettura a Bari, con la presenza del sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano. La decisione: potenziare i controlli, sia con l’utilizzo di uomini provenienti da altre regioni, sia con l’intensificazione della videosorveglianza. Ma per Emiliano, il nodo cruciale è la nomina del Prefetto. “Sono venti giorni che la aspettiamo, ed è bloccata da contrasti interni al governo di centro destra. Ci hanno fatto sapere che la nomina è pronta, attendiamo con fiducia”.

Tutte segnalazioni, quelle del sindaco, accolte dal deputato conterraneo Pierfelice Zazzera (Idv), in una interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Roberto Maroni. Ma non finiscono qui le richieste che il primo cittadino di Bari pone ai palazzi romani. “Antonio Laudati (procuratore di Bari, ndr) ha spesso lamentato la carenza di organico. C’è bisogno di un potenziamento del numero di magistrati qui a Bari”. Nel frattempo, si appella al lavoro delle forze dell’ordine baresi.

I due omicidi avvenuti nel “marzo di fuoco” barese sono gli unici occorsi in provincia durante il 2011. Nel corso del 2010, invece, in Terra di Bari e nella sesta provincia (Barletta-Andria-Trani) i dati della Prefettura parlano di ben ventiquattro omicidi. Tra questi, quattro nel capoluogo. Dei ventiquattro, almeno sei, tutti relativi alla provincia di Bari, sono sicuramente riconducibili alla guerra tra clan mafiosi.

Ma gli episodi degli ultimi giorni non sembrano poter rappresentare un epicentro per una guerra ancor più cruenta e sanguinaria. Secondo l’esperto criminologo Michele Cagnazzo, i clan baresi agiscono sempre allo stesso modo. “Dopo un tentativo di intervento armato, segue sempre una fase di mediazione”. “Non credo – prosegue – che gli ultimi avvenimenti siano avvenuti per mezzo delle nuove leve all’interno dei clan. Quelle ci sono sempre state. Credo sia solo una lotta per accaparrarsi dei territori”.

In questo momento, sembra essere il clan Strisciuglio a cercare di guadagnare una posizione dominante a Bari. Ma ad agire nel capoluogo pugliese ci sono anche i Parisi, Capriati, Diomede, Mercante e Di Cosola. Un mercato che abbraccia le attività di estorsione, usura e traffico di droga. Con una predilezione per i grandi appalti, a volte con l’intercessione di politici di primo livello.

E’ di poche settimane fa, infatti, la notizia dell’inizio del processo a carico della giovane deputata pugliese Elvira Savino. Come racconta il settimanale l’Espresso, l’onorevole – secondo la Procura di Bari – avrebbe fatto da prestanome proprio al clan Parisi, intestandosi un conto usato dalla famiglia mafiosa. Ma soprattutto, intercedendo con i ministeri di Istruzione e Sviluppo Economico per il progetto della malavita locale di costruire un Campus universitario nella città di Valenzano.