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Unità d’Italia, assessore leghista fa l’apologia anti-Risorgimentale. Il caso finisce in procura

Il fatto è avvenuto a Goito nel Mantovano. Remo Pagani ha letto il documento di un storico locale in cui si invita a “rimuovere la spessa coltre di retorica ampollosa e ridondante, la glassa osannatoria ed asfittica che ci ha immobilizzati per 150 anni

Non poteva passare inosservata l’ultima uscita di un esponente della Lega volta a mostrare il proprio dissenso per i festeggiamenti del 150esimo dell’Unità d’Italia. Proprio no. Se il teatro era poi una delle città simbolo della lotta risorgimentale: Goito.

A governare il centro del mantovano è una lista civica con una forte presenza leghista. L’assessore all’istruzione Remo Pagani, nel suo intervento in occasione dell’anniversario, ha però esagerato visto che una copia del documento che ha letto in pubblico è finita sulla scrivania d’un magistrato della Procura della Repubblica di Mantova, che ne valuterà gli eventuali risvolti penali e diffamatori.

Gli argomenti portati dall’amministratore del Carroccio, per sottolineare che sui fatti riguardati l’unità non la pensano tutti allo stesso modo, sono stati ritenuti talmente gravi che i carabinieri hanno immediatamente acquisito quel foglio per inviarlo – come confermano dal comando di compagnia di Castiglion delle Stiviere – al magistrato di turno.

I fatti risalgono a sabato scorso quando in un consiglio comunale aperto, che doveva essere una comune occasione di festa, Pagani ha voluto leggere una lettera scritta da tale professor Sante Bardini, un esperto di storia locale. A quel punto lo show è subito entrato nel vivo.

La lettera di Bardini attacca fin dalle prime battute e si stupisce di come non si sia ancora riusciti a “rimuovere la spessa coltre di retorica ampollosa e ridondante, la glassa osannatoria ed asfittica che ci ha immobilizzati per 150 anni”. Di seguito si considera il Risorgimento come esperienza nata dalla volontà di “un gruppo elitario ed una aristocrazia di pochi”. Degli italiani “unico elemento veramente unificante è stata la religione cattolica”.

Pagani, dando voce alle tesi di Bardini, ha poi sottolineato che il Risorgimento è costato caro a chi non la pensava a quel modo: “La repressione – ha letto l’assessore – ha avuto episodi ignobili e crudeli. Nel beneventano si sono bruciate vive delle donne rifugiatesi in chiesa durante una rappresaglia dell’esercito piemontese”. Di seguito ha quindi citato un patriota mantovano, che archiviava il tutto sotto un laconico: “Non ne valeva proprio la pena”.

A questo punto la gente accorsa per festeggiare il Risorgimento ha cominciato a rumoreggiare. È volato pure qualche fischio, mentre Pagani continuava nella sua lettura. La lotta per l’Unità è stata uno sbaglio, questo il senso profondo dell’intervento: “Ma ormai l’errore era stato compiuto – ha scritto Bardini – il latte era stato versato, ed allora si è tentato di soffocare il tutto con una retorica falsa, tronfia, reboante, apologetica e soprattutto ipocrita”.

Alla fine si parla della questione meridionale. L’annessione del mezzogiorno è stata “un fallimento”. “Ciò è successo perché i meridionali hanno acquisito nei secoli (giustamente si badi) una mentalità opportunista e concreta, risultato amaro di una lunga serie di dominazioni che li hanno ridotti quasi sempre alla pura sopravvivenza”. E ancora: “Io non ho nulla contro queste persone – spiega Pagani leggendo Bardini – ma ho tutto contro i loro comportamenti tesi a lucrare i vantaggi di una sempre invocata assistenza dagli ampi risvolti clientelari”.

I carabinieri di Castiglion delle Stiviere confermano che l’acquisizione del testo è avvenuta la sera stessa della sua lettura in consiglio. Per il momento non è arrivata nessuna querela, da parte di chi possa essersi sentito diffamato. Il magistrato quindi sta valutando se procedere d’ufficio o meno. Il sindaco di Goito, Anita Marchetti si è immediatamente dissociata dall’intervento del suo assessore e in città circola la voce che siano in molti quelli che ora chiedono la testa di Pagani. A Goito, nel 1848, l’esercito piemontese riuscì a bloccare l’avanzata delle truppe austro-ungariche del generale Radetzky. Ma oggi sul ricordo di quella battaglia tira un freddo “vento del nord”.