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No al parlamento dei nominati, i cittadini ricorrono alla Corte costituzionale

Al tribunale di Milano oggi si è svolta l'udienza per una causa molto importante: quella intentata da un gruppo di persone contro la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno per rivendicare l'incostituzionalità dell'attuale legge elettorale

Una cinquantina di persone ha stazionato oggi nel corridoio dell’aula della Prima Sezione del Tribunale di Milano, dove si teneva l’udienza conclusiva di una causa molto importante: quella intentata da un gruppo di cittadini contro la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’Interno per rivendicare il proprio diritto a esercitarne compiutamente un altro: quello di voto. Un diritto che trova origine nella Costituzione e che i ricorrenti lamentano essere gravemente leso a causa della legge n.270 del 21.12.2005, meglio nota come legge “porcellum”.

L’udienza avrebbe dovuto essere aperta a pubblico, ma le persone erano troppe per entrare nella piccola aula, così, seppure a malincuore, i ricorrenti hanno preferito che si svolgesse a porte chiuse piuttosto che venisse rimandata a data da destinarsi in un’aula più capiente.

Ci si aspettava una sentenza rapida: di rigetto del ricorso o di sospensione del giudizio con remissione alla Corte Costituzionale. Il giudice unico della Prima sezione, dottoressa Baccolini, si è presa invece del tempo, trattenendo la causa in decisione. Si prevede un’attesa di almeno una decina di giorni.

La materia, ancorché discussa in punta di diritto, è incandescente: non per niente viene rimpallata da due anni di giudice in giudice, senza che si arrivi a stabilire se questa legge elettorale che stabilisce un premio di maggioranza abnorme e prevede candidati imposti direttamente dai partiti, sia legittima. O se, come sostengono i ricorrenti, viola gravemente il diritto dei cittadini italiani a scegliere liberamente i propri rappresentati in Parlamento.

L’avvocato Aldo Bozzi (nipote dell’omonimo parlamentare che partecipò alla Costituente), il primo a ricorrere contro la legge fin dal 2008, alla vigilia delle elezioni dalle quali uscì il secondo (brevissimo) governo Prodi, contesta non solo la legittimità giuridica della legge ma anche i suoi effetti politici, totalmente contrastanti con le motivazioni addotte da chi la firmò e la votò, e cioè favorire la formazione di governi più stabili. “Da quando è in vigore il porcellum”, i governi non sono stati mai così tormentati e instabili” dice. “Ed è ovvio il motivo: i parlamentari non sono degli eletti ma dei nominati, e rispondono non al popolo ma a chi li ha messi in lista”. Con quel che ne consegue: ricatti, promesse, compravendite di deputati da parte dei partiti in grado di garantire la rielezione. Basta vedere i guai che sta passando in questo momento Berlusconi con il rimpasto di Governo, dove deve trovare spazio ai nominati (eletti) della parte avversa senza scontentare i propri.

Il ricorso sul quale deve pronunciarsi il giudice riguarda gli articoli della Costituzione che disciplinano l’esercizio del diritto di voto. Un diritto che “non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”, (art. 48) e che deve essere “diretto e uguale” (art. 56): non vi devono cioè essere intermediazioni tra il corpo elettorale (il singolo elettore) e i suoi rappresentanti (gli eletti). E deve essere esercitato in uguali condizioni da tutti i partecipanti, sia attivi (gli elettori), sia passivi (i candidati). “La nuova disciplina sottrae invece del tutto all’elettore la potestà di esprimere il proprio voto di preferenza per i candidati compresi nella lista votata” – dice Bozzi – e lede il principio di uguaglianza istituendo due coefficienti, uno per la maggioranza uno per la minoranza, con un effetto paradossale: per ottenere un seggio, alla minoranza servono più voti che alla maggioranza. Una disuguaglianza che aumenta enormemente con il premio di maggioranza senza quorum (per ottenerlo basta un voto in più) che attribuisce ai vincitori il 55 per cento dei seggi del Parlamento”.

Una maggioranza così formata è in grado aggiudicarsi un potere quasi assoluto, perché con i suoi voti controlla l’elezione del presidente del Consiglio, del presidente della Repubblica, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale e dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura. “Questa legge elettorale garantisce l’autoriproduzione infinita e l’intangibilità assoluta della Casta”, conclude Bozzi.

Il ricorso, firmato da altri avvocati e giuristi, è molto complesso, ma la risposta che dovrà dare il giudice è relativamente semplice. Potrà respingerlo o sospendere il giudizio rimettendo il quesito alla Corte Costituzionale. Nel primo caso non tutto è perduto, perché un analogo ricorso pende presso la Corte Europea di Giustizia. Nel secondo caso si darebbe finalmente modo alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sul famigerato “porcellum”.