Cronaca

Sanità e ‘ndrangheta in Lombardia, il direttore dell’Asl di Milano è stato indagato per mafia

Il nome di Pietrogino Pezzano emerge dall'inchiesta Infinito. In curriculum mette anche una condanna definitiva per lesioni gravi. Il 23 dicembre è stato nominato dg dell'azienda sanitaria più grande d'Italia. Ora il Viminale rivela che per oltre un anno è stato iscritto per mafia, posizione poi archiviata

Pietrogino Pezzano, direttore della Asl di Milano

Al telefono parlava in libertà. Faceva di più: prometteva appalti pubblici in cambio di banali favori. Peccato che i suoi interlocutori fossero uomini della ‘ndrangheta. I brogliacci delle intercettazioni messe agli atti dell’inchiesta Infinito sono chiarissimi, e nonostante questo, Pietrogino Pezzano, classe ’47 di Palizzi in provincia di Reggio Calabria, il 23 dicembre scorso, viene nominato direttore generale dell’Asl di Milano, la più grande d’Italia. Nomina voluta dal governatore Roberto Formigoni e controfirmata dall’assessore alla Sanità, il leghista Luciano Bresciani. Adesso, però, il carico da novanta arriva direttamente dal ministero dell’Interno. Pezzano, infatti, per oltre un anno è stato indagato per associazione mafiosa nella stessa indagine sfociata nel maxi-blitz del 13 luglio scorso. Il dato è certo. E ora la palla passa direttamente alla Regione che dovrà decidere del suo futuro. Tanto più che come può rivelare il Fatto, negli anni Settanta, Pezzano è stato condannato in appello per il reato di lesioni gravi e continuate.

La risposta del ministero, resa nota ieri, arriva in seguito all’interrogazione alla Camera del deputato Pd Vincenzo Piluffo. La richiesta viene avanzata il 10 gennaio scorso. Stesso giorno in cui l’Idv lombardo per mano del consigliere regionale Giulio Cavalli presenta alla giunta di Formigoni una mozione di sfiducia nei confronti di Pezzano. Otto giorni dopo la mozione naufragherà in consiglio. Ma ecco cosa rispondono gli uomini del Viminale: “Per quanto riguarda i fatti rientrati nella competenza della procura milanese, si fa presente che Pietrogino Pezzano è stato iscritto nel registro degli indagati, unitamente a numerosi altri soggetti, per il delitto di cui all’articolo 416-bis”. Pezzano finisce sotto la lente degli investigatori alla fine del 2008 e ci rimarrà per oltre un anno, quando la sua posizione viene stralciata e archiviata dal gip il 3 dicembre 2010. Per tutto il periodo, il dirigente della sanità lombarda ricopre il ruolo di direttore generale nell’Asl di Monza e Brianza. Ed è qui che entra in contatto con il milieu mafioso della zona. Suoi referenti sono i boss della potente cosca Moscato di Desio. Agli atti, infatti, risultano diverse sue fotografie in compagnia di Saverio Moscato. Scenario confermato anche dal ministero dell’Interno che segnala i suoi contatti con Giuseppe Sgrò finito in carcere la scorsa estate. Pezzano, annotano i magistrati, gli farà avere appalti per l’installazione di condizionatori in alcune Asl locali. Tanto che Sgrò al telefono conferma: “Dobbiamo chiamare il direttore generale, che è amico mio, così lo chiamiamo e fissiamo un appuntamento”.

L’attuale dirigente dell’Asl di Milano può anche contare su conoscenze influenti come quella di Rosario Perri, ex consigliere provinciale, da sempre attivo nella vita politica brianzola e molto vicino a Massimo Ponzoni, ex assessore regionale tra i prediletti di Formigoni. Pezzano, dunque, conosce Ponzoni, ma anche Giancarlo Abelli, deputato azzurro ascoltatissimo da Berlusconi, che, pur non indagato, è finito spesso nelle intercettazioni per il suo rapporto con Carlo Antonio Chiriaco, ras della sanità pavese.

L’informativa del Viminale rappresenta solo l’ultimo inciampo di Pezzano. A fine gennaio, infatti, l’amico dei boss promuove a direttore sanitario il messinese Giovanni Materia che pochi giorni dopo finirà rinviato a giudizio in Sicilia per abuso d’ufficio. Per l’accusa avrebbe favorito l’ex presidente del consiglio regionale Umberto Bonanno in un concorso all’Istituo di medicina del lavoro del Policlinico di Messina. E del resto, Pezzano è uno che “fa favori a chiunque”. Parola di Pino Neri, avvocato tributarista, massone, ma soprattutto superboss della ‘ndrangheta pavese.