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Come difendere Gheddafi con la paura

Purtroppo c’era da aspettarselo. Il Governo italiano fa il tifo per il colonnello Gheddafi. Dopo aver evitato per giorni di disturbare il Capo Beduino e dopo aver risparmiato parole chiare di condanna della mattanza, ora il governo sembra aver trovato giustificazione al suo cinismo. Come da copione tira fuori un vecchio arnese: la strategia della paura. Infatti, in questi giorni l’attivismo del governo in politica estera è riassumibile in una parola: allarmismo! Due sono le direttrici sulle quali il governo sta marciando: da una parte agita il pericolo islamico e dall’altra alimenta una sindrome dell’invasione.

Forse questa strategia serve per gestire meglio un’opinione pubblica decisamente schierata con le “piazze della libertà” che si delineano nella sponda sud del Mediterraneo. Forse serve anche per allentare l’attenzione sulle difficoltà di politica interna. Oppure si tratta solo di calcolo cinico per la salvaguardia di interessi economici di cui l’amico Gheddafi è garante. Allora teniamoci il colonnello finché ci garantisce ed evitiamo un salto nel buio di una democrazia che non sappiamo quel che riserva. Si noti en passant la profezia di Frattini che afferma che, liberandosi della dittatura di Gheddafi, il popolo libico si ritroverebbe sotto l’incubo del fondamentalismo islamico. Dando per scontato che le piazze che si ribellano non sappiano cosa siano la libertà e la democrazia!

In ogni caso Frattini, nel riferire alla Camera sulla Primavera Araba, ha dato i numeri per motivare le sue tesi allarmistiche e descrivere gli scenari di eventuali invasioni bibliche, esibendosi in abili capriole statistiche! Il ministro riferisce di 2 milioni di stranieri in Libia, pari al 30% della popolazione totale, e ne deduce delle stime sull’eventuale emergenza che potrebbe coinvolgere dal 10 al 15 per cento di loro: secondo l’allarme lanciato dal titolare della Farnesina, 200/300 mila profughi potrebbero varcare le nostre frontiere nelle prossime settimane. Naturalmente sono stime su scenari ipotetici e dunque il condizionale è d’obbligo. Come dire, sono Sirene (Stime su Ipotetico Rischio di un Eventuale Nuova Emergenza). Inoltre, Frattini se la prende con l’Ue, colpevole di non aver ancora detto nulla di “ufficiale” sulla proposta italiana di smistare gli “eventuali” flussi dei profughi nei paesi europei.

Ora, esaminando nel dettaglio la mantica dei numeri a cui si è dato il nostro ministro, ci sarebbero da fare alcune domande. Se confrontiamo i dati, notiamo che la Libia ha metà degli immigrati rispetto all’Italia, che ne ha 4 milioni. L’incidenza degli immigrati rispetto alla popolazione totale è del 30% nel caso libico mentre è del 7% nel caso dell’Italia. Allora c’è da chiedersi: come mai un piccolo paese di 6 milioni di abitanti come la Libia è riuscito a gestire una percentuale così alta di presenza straniera senza pagare lo scotto dell’invasione? Perché un grande paese di 60 milioni di abitanti come l’Italia dovrebbe andare in tilt di fronte all’eventualità di un’emergenza che coinvolgerebbe 200/300 mila profughi?

Poi, stando sempre ai dati, l’obiezione da muovere alla tesi emergenziali è semplice, basterebbe riguardarsi la storia dell’immigrazione nel nostro Paese. Infatti, c’è da ricordare che da più di 20 anni il trend di crescita della presenza straniera in Italia si attesta strutturalmente su una media di 300 mila unità l’anno. Certo, la differenza la fa il ritmo degli arrivi, ma comunque l’Italia non è la Slovenia. Ammesso e non concesso che arrivino queste masse di profughi, il Paese non subirà contraccolpi tali da prefigurare scenari di invasione…