Scuola

Prove tecniche di repressione

Il senso della scuola e del futuro che vogliono è palese anche da questa notizia: è stato aperto un fascicolo a carico degli studenti maggiorenni che in novembre hanno occupato alcune scuole di Milano. Sarà la magistratura a doversi pronunciare su eventuali reati di occupazione abusiva e violenza privata. I dirigenti scolastici del Caravaggio, del Vittorio Veneto e del Pascal, del Manzoni e del Tenca hanno – come sono obbligati a fare in analoghi casi – informato Digos e carabinieri. Una prassi consueta e obbligatoria, si diceva, accompagnata – nei casi milanesi – da una relazione talmente allarmata da giustificare lo sgombero del Caravaggio da parte di agenti in tenuta antisommossa: infiltrazione dei soliti “centri sociali”, evocati ogni qualvolta ci sia bisogno di gettare discredito su una protesta. Di infangarla. Di consigliare a chi sta tentando di costruirsi un’identità politica e di cittadinanza attraverso la partecipazione di scegliere un’altra strada. Così è stato a Roma, il 14 dicembre, quando si è voluto rubricare sotto quella voce la giornata di mobilitazione, omologando alla condotta di alcuni scalmanati la contestazione pacifica e consapevole di migliaia di studenti.

L’avvocato storico dei movimenti giovanili milanesi, Mirko Mazzali, sostiene che “Negli ultimi vent’anni non si ha notizia di procedimenti per occupazione abusiva a carico di studenti: non è tollerabile, così s’innalza il livello repressivo. Sono sicuro che la magistratura archivierà tutto“.  La condotta del dirigente scolastico – in caso di occupazione – è determinante in una direzione piuttosto che in un’altra, nel senso dell’indirizzo più o meno tollerante che la situazione può assumere. Si faccia sgombrare o meno l’edificio, assai raramente si procede all’identificazione degli studenti, come è accaduto a Milano. Si tratta, probabilmente, di una delle tante conseguenze del “Codex” che Gelmini e Brunetta hanno approntato per irreggimentare la condotta dei dirigenti: obbedienti, rispettosi delle strategie ministeriali, diffidati ad esprimere pareri contrari all’amministrazione.

A Bologna, al Copernico, c’è l’occupazione da lunedì, nonostante le vacanze natalizie. Dopo la chiamata della dirigente, la Digos ha identificato alcuni studenti e si è fatta consegnare la lista delle firme degli occupanti. Ciò che dovrebbe spingere chi ci governa a riflessione (ma indurrà a repressione) è che i docenti precari hanno appoggiato l’occupazione con una lettera aperta. E, soprattutto, la Fiom – chiamata ad intervenire durante un’assemblea  –  ha caldeggiato una nuova strada (inaugurata con la straordinaria manifestazione del 16 ottobre a Roma)  – di sinergia tra studenti ed operai. Il segretario Bruno Papagnini ha lanciato la proposta di un patto: “Ci dobbiamo appoggiare, vi inviteremo alle nostre assemblee nelle fabbriche per farvi parlare direttamente con i lavoratori, spiegare i problemi e ascoltare quelli dei lavoratori“. “La violenza di Marchionne sugli operai è la stessa della Gelmini sugli studenti e la lotta, seppur democratica, non è mai un giro di valzer“. La Fiom lo sa. Questi 2 anni e mezzo di mobilitazione pesano sulle spalle della scuola, lasciata completamente sola da chiunque avrebbe potuto e dovuto prendere una posizione intransigente. La “riforma” è passata in modo rocambolesco nel silenzio di tutti: ben altro interesse (legittimo e sacrosanto) ha scatenato quella universitaria. Intanto, quotidianamente, studenti e lavoratori si trovano a fare in conti con le conseguenze di 8 miliardi di tagli: una cifra talmente tanto ripetuta che sembra non voler dire più nulla. Significa qualcosa solo per noi, che ogni mattina entriamo in una scuola sempre più malconcia e sempre meno coerente con il mandato che ha.