Politica

Governo, Bertone “offre” Casini a Berlusconi

Il premier non si dimetterà. E' certo di avere i numeri alle Camere per incassare la fiducia, seppur di pochi voti. Poi salirà al Colle per il nuovo mandato e l'Udc entrerà nell'esecutivo. I finiani insistono: "Lasci o votiamo la sfiducia"

Tarcisio Bertone, Cardinale e Segretario di Stato

L’atto finale dello scontro tra Gianfranco Fini e il premier ha un protagonista assoluto: Pierferdinando Casini. La Santa Sede ha bloccato sul nascere l’alleanza tra il leader centrista e i finiani. Il Cardinal Ruini ha convocato a pranzo, la scorsa settimana, il presidente dell’Udc per dirgli di non sostenere in alcun modo Fini, considerato, per le sue posizioni sull’eutanasia, vicino a Pierluigi Bersani.

Il presidente della Camera è disposto a sostenere un Berlusconi bis a condizione che includa l’Udc e, soprattutto, che il Cavaliere si dimetta prima del passaggio in aula per la fiducia. Il presidente del Consiglio, invece, è disposto a coinvolgere nell’esecutivo gli uomini di Casini, ma a lasciare l’incarico prima del 14 dicembre non ci pensa neanche. Perché sarebbe la resa a Fli, significherebbe certificare che gli uomini di Futuro e Libertà sono determinanti. Il Cavaliere vuole incassare la fiducia per poi salire al Colle con una maggioranza risicata in mano, avendo così garanzie di ricevere dal Capo dello Stato il mandato esplorativo per individuare una nuova maggioranza. Che includerà anche l’Udc con almeno due ministeri e il sottosegretariato alla famiglia. Questa è la proposta che Silvio Berlusconi illustrerà al pranzo all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede dove incontrerà il Cardinale Tarcisio Bertone. I due si erano già visti settimana scorsa in Kazakhistan, ad Astana, in occasione del vertice dell’Ocse. In un incontro definito “casuale” avevano parlato di Casini. Il Cardinale vuole far riavvicinare l’Udc all’area di Governo. L’argomento era già stato affrontato da Gianni Letta quindici giorni fa durante una cena dal cardinale segretario di stato. E settimana scorsa il leader centrista è stato ricevuto dal cardinale Angelo Bagnasco che, seppur defilato, ha vagliato la disponibilità di Casini.

Il pranzo di oggi sarà dunque occasione per individuare definitivamente il percorso di riavvicinamento dell’Udc, caldeggiato dalla Santa Sede. Seppure l’occasione sia la nomina di dieci cardinali, Berlusconi sarà accompagnato da mezzo Governo: il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, il ministro degli esteri Franco Frattini, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, unica donna presente all’incontro e i sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti. Subito dopo, Berlusconi porterà la proposta al vertice del Pdl nel primo pomeriggio. Il rientro di Casini nel Governo piace al Cavaliere perché così ucciderebbe sul nascere il terzo polo. Alfano ha anticipato l’unica certezza della giornata: “L’ipotesi di dimissioni di Berlusconi non è tra quelle contemplate né immaginate e conseguentemente l’ipotesi di un Berlusconi bis non esiste”, ha detto stamani. Mentre i finiani ribadiscono: “Prima di aprire qualsiasi discussione, Silvio Berlusconi deve dimettersi”. In caso contrario Futuro e libertà voterà la mozione di sfiducia già depositata a Montecitorio. Lo ha dettoil coordinatore di Fli, Adolfo Urso, al termine del vertice di stamani con Gianfranco Fini. Un incontro che il presidente del Consiglio ha aperto così: “Vedete cosa significa fidarsi di quest’uomo?”. Il riferimento è al premier e alla cena che ha avuto con Italo Bocchino, che, nonostante le smentite, c’è stata ma sulla quale Berlusconi aveva garantito assoluta segretezza. Fini aveva inviato il capogruppo a vagliare se ci fosse una disponibiltà di dialogo per evitare la crisi di Governo nel momento di grave difficoltà per il Paese ma il premier non è preoccupato dalla posizione di Fli: Berlusconi è convinto di farcela anche (e soprattutto) senza i finiani.

Se palazzo Madama è oggettivamente blindato (il Cavaliere conta su 163 voti contro una soglia di 158), la partita si combatte sui tavoli di Montecitorio. Dove pesa la doppia mozione di sfiducia (Pd-Idv e Fli-Udc-Api). Ad oggi l’ago pende a favore di Berlusconi con 314 voti a favore, 307 contrari e 3 astenuti. Situazione fluida, dunque. Il 14 dicembre (al Senato il premier parlerà il 13) in aula ci saranno anche due assenti. Causa gravidanza mancheranno Cosenza di Fli e Mogherini del Pd. Smentita, dunque, quanto annunciato da Bocchino due giorni fa: “Abbiamo 317 voti”. In realtà la conta finale ruota attorno a cinque nomi . Quattro sembrano ormai convinti. Si tratta di Massimo Calearo (ex Pd), Bruno Cesario (ex Api ora gruppo Misto), Maurizio Grassano (ex leghista, ora Lib-dem), Giampiero Catone (ex Fli ora gruppo Misto). Ultimo, ancora indeciso, è Scilipoti dell’Idv mentre è certo il sostegno del suo collega del partito di Antonio Di Pietro, Antonio Razzi che oggi ha annunciato di aver raggiunto la decisione “sofferta, di passare a Noi sud”. Dopodiché ci sono i sei deputati radicali (leggi l’articolo). Cosa faranno resta un mistero. Anche se l’incontro di ieri sera tra Marco Pannella e Silvio berlusconi fa pensare che una decisione sia già stata presa. A ratificare questa possibile scelta le parole del leader dei Radicali contro “logore e scredite ammucchiate, dette e riproposte come unità nazionale”.