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Cuba tra turismo e crisi

Nonostante la crisi, a Cuba il turismo aumenta. E’ l’unico settore dell’economia dell’isola che cresce. La One (Oficina Nacional de Estadísticas), una specie di Istat locale, ha fatto sapere che nei primi dieci mesi del 2010 più di due milioni di persone hanno scelto il paese socialista come meta. Un 3,4% in più rispetto allo scorso anno. Un record assoluto.

Dato che conforta la costruzione spasmodica di alberghi e residence. Come il Meliá Buenavista, 105 camere, collocato su una isoletta davanti alla costa nord di Cayo Santa María. La venticinquesima struttura di questo genere della catena spagnola Sol Meliá. Per un totale di 10340 camere.

Un settore quello turistico che si conferma il traino dell’economia di un intero paese. Che, ad essere sinceri, dà solo segnali di crisi. Lo scorso 16 novembre il governo ha varato un programma per il risparmio energetico denominato “Llamado de ahorro” e finalizzato alla diffusione di una cultura energetica più responsabile. In concreto, si è trattato di un aumento di circa il 15% delle tariffe dell’elettricità. Che arriva dopo un aumento del 18% del gasolio nel mese scorso. Il governo cerca di fare cassa.

Segno evidente della crisi è pure la decisione annunciata da Raúl Castro di tagliare nei prossimi anni ben 500mila posti di lavoro statale. Il governo assicura che saranno previste delle forme di occupazione alternativa per i licenziati, soprattutto nel settore privato, e che quindi verrà rispettato un caposaldo dello stato socialista cubano: un lavoro per tutti. Di sicuro, questa maxi riduzione di impiegati è il segno di una inversione di tendenza delle logiche stataliste che hanno regolato fino ad oggi l’isola dei Castro. Bisognerà vedere se poi ci saranno i soldi per la conversione.

Alfredo Guevara, intellettuale molto vicino a Fidel, direttore del Festival del Nuevo Cine Latinoamericano de La Habana, ha definito la “destatalizzazione” della società una delle proposte più interessanti da parte del governo perché contribuirà a un “maggiore livello di indipendenza e maturità della società cubana rispetto alla tutela istituzionale statale”.

Di fatto, questi mesi sono stati contraddistinti da continue e significative riforme di tipo liberale. Per esempio, la liberalizzazione delle licenze dei venditori ambulanti dei mesi scorsi oppure l’annuncio della liberalizzazione delle vendite di materiale per l’edilizia, prevista per gennaio. Un passo fondamentale per questo settore, se si tiene conto che dai 7 prodotti odierni, si passerà a ben 144 prodotti che potranno essere venduti in punti vendita privati. Inoltre, dopo gli uragani degli anni passati, attualmente si stima un deficit di ben 600mila abitazioni per la popolazione. Insomma, si stanno gettando le basi di un vero e proprio mercato del mattone.

Queste riforme sono niente se si considerano quelle che si prevedono a partire dal 2011 per i prossimi cinque anni. Sono previsti tagli al sistema dei servizi sanitari, un vero e proprio fiore all’occhiello del sistema castrista. Allo stesso modo, verranno limitati i finanziamenti pubblici per l’educazione.

Ma è la notizia dell’eliminazione della libreta de abastecimiento: la tessera annonaria che ogni cubano possiede. Un’istituzione presente dal 1962. Uno dei cimeli della cultura rivoluzionaria. E che ormai ha più un valore simbolico che pratico.

In tutto ciò, il ritorno di questa estate di Fidel Castro assume sempre di più un senso diverso da quello che alcuni giornali hanno indicato come una semplice rivalità tra fratelli per la leadership. È invece il senso del ritorno di chi, con il suo comprovato carisma, vuole accompagnare il suo popolo lungo la transizione a un inevitabile sistema capitalista di libero mercato, cercando così di attutirne l’impatto, di salvare il salvabile della storia e della cultura socialista.

Castro ha ripreso con regolarità a scagliare i propri anatemi contro un capitalismo e un imperialismo nordamericano indifferente ai valori della persona. Questi giorni ha più volte attaccato Obama definendolo prima Re mago e poi incantatore di serpenti. Per via delle finte e solo proclamate rotture con la politica imperialista di Bush. Ma le parole di Castro si diffondono attraverso i media mentre i giovani cubani, quotidianamente, affinano l’hip hop e vengono scoperti da produttori stranieri. Mentre, come in questi giorni, si svolgono festival rock, dal titolo Rock Ciudad Metal, e sul quotidiano di Juventud Rebelde, compaiono liberamente descrizioni e interviste di una piccola Woodstock caraibica. Dopo che per anni la musica rock era stata proibita per gli effetti negativi sui ragazzi. Definiti diabolicamente “elvispreslianas”.