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NY, tra gli italo-americani volano i coltelli

Prima puntata del viaggio del fattoquotidiano.it nella campagna elettorale americana per le elezioni di mid-term. Si comincia dalla grande mela, dove due italo-americani particolari si fronteggiano per il posto di governatore dello Stato

NEW YORK – Sarà una crociata contro la Casa Bianca. Anzi, un’apocalisse. Parola di Carl Paladino, candidato a governatore per lo stato di New York. Verrebbe da dire che l’italo-americano è davvero il paladino del Tea Party, il movimento conservatore che vuole disarcionare Obama a metà della sua presidenza. I “leghisti d’America” hanno preferito il candidato di destra rispetto al più moderato Rick Lazio (che mastica amaro perché già nel 2000 venne battuto, alle elezioni per il Senato, da Hillary Clinton). Ma torniamo a Paladino. Le borse nere sotto gli occhi e l’immancabile smorfia, Paladino inquieta gli abitanti della Grande Mela, città cosmopolita che però non è la capitale dello stato di New York, che può essere particolarmente progressista nel Sud, ma poi si allunga verso Nord per centinaia di chilometri, fino alle cascate del Niagara, diventando sempre più conservatore man mano che le luci di Manhattan si allontanano.

La vera capitale di questo stato – geograficamente sterminato e socialmente complesso – è Albany. Una capitale dove, a sentire Paladino, regna “una corruzione diffusa” e scandalosi “conflitti di interesse” che lo fanno “uscire pazzo”.

Il candidato si scaglia contro la vecchia politica dai comizi di piazza e dai pulpiti del web. Anzi, sembra più efficace in versione telematica. Se andate sul suo sito internet (http://paladinoforthepeople.com/home.php), rimarrete sorpresi dall’ologramma di Paladino che spunta sullo schermo, minaccioso come i personaggi del film di Martin Scorsese.

“Sono un repubblicano”, dice l’uomo di Buffalo (una città dove non si scherza, parecchio lontana dai grattacieli della Grande Mela). “Un conservatore”, in secondo luogo. “Un businessman”, del settore immobiliare. Infine, “uno fuori dai giochi”. Uno che “ci esce pazzo” (diventando “mad as hell“) a vedere la corruzione che, a suo parere, si annida tra i corridoi del parlamento di Albany. Lui, che “si è fatto da solo”, è pronto ad iniziare con gli elettori una “rivoluzione”, una “crociata”, una “apocalisse” per “cambiare New York in meglio, per sempre”.

Poi magari ci si può spingere ancora più in là, verso Washington. Paladino lo ha già fatto in alcune email mandate a colleghi e conoscenti. Una di queste mostrava danze africane che sarebbero state la “preparazione del discorso inaugurale di Obama”. In un’altra c’era un fotomontaggio: la moglie del presidente era una prostituta, lui un magnaccia. E così via.

Ma al di là delle sparate, esattamente come con il leghismo italiano, ci sono proposte e contenuti che fanno presa. Certo, dichiarare “lo stato di emergenza fiscale” per l’intero stato di New York, come vorrebbe fare Paladino, sembra un’esagerazione. Ma non si è forse detto che l’America sta passando un nuovo 1929?

Ecco quindi la ricetta Paladino: un taglio del bilancio del 10-20%, con meno fondi alle scuole e ai servizi sanitari. Tanti organi pubblici – da quello che gestisce la zona naturalistica delle montagne Adirondack a quella per per far rinascere Ground Zero – finirebbero sotto la scure dei tagli. Per i sindacalisti, definiti “maiali” dal duro di Buffalo, le trattative sarebbero tutte in salita. Non parliamo delle tribù indiane degli Iroquois, che finora si sono rifiutati di pagare le tasse allo stato di New York: il candidato è pronto a confiscare le terre ai pellerossa, se questi non verseranno i contributi che devono. Vita dura pure per i musulmani che vogliono costruire la moschea vicino a Ground Zero. Il tempio andrebbe eretto “là dove la cenere delle vittime dell’attentato non è arrivata”. Più aperture, forse, per gli omosessuali: Paladino, contrario al matrimonio, chiederebbe il parere dei cittadini con un referendum, e ne rispetterebbe comunque il risultato.

Contro l’alfiere della destra conservatrice si erge Andrew Cuomo, che i colleghi del partito democratico dipingono come alfiere della giustizia (è procuratore generale dello stato di New York) e dei tanti senzatetto che popolano le strade d’America (è stato ministro per la casa e l’urbanistica con Bill Clinton). Forte delle sue battaglie in tribunale, Cuomo ha costruito un meccanismo narrativo che lo mette sempre contro i cattivi che tentano di approfittare dei più deboli. E’ il caso delle banche che, con generosi prestiti necessari a frequentare l’università, strozzano gli studenti. Poi è sceso a difesa dei navigatori, puntando il dito contro i gestori di Facebook che, a suo parere, non farebbero abbastanza per filtrare contenuti e minacce pornografiche.

Cattolico e italo-americano come il suo contendente, Cuomo era sposato con Kerry Kennedy, figlia di Bobby Kennedy e molto conosciuta in Italia. Adesso la sua compagna è Sandra Lee, una star del canale televisivo gastronomico Food Network. A far volare coltelli e forchette, comunque, ci hanno già pensato i due italo-americani che si contendono la poltrona di governatore: Paladino, padre di una figlia nata da una relazione extra-coniugale, ha puntato il dito contro Cuomo, che sarebbe colpevole di qualche infedeltà verso la prima moglie.

di Matteo Bosco Bortolaso

(fine prima puntata)