Politica

Al premier non tornano i conti, <br/> e senza i 316 voti la Lega staccherà la spina

Se Berlusconi non troverà una maggioranza alternativa escludendo i finiani, la Lega staccherà la spina al Governo e si andrà a elezioni anticipate accorpandole alle amministrative di marzo. Il Carroccio non sosterrà il premier se tornerà alle Camere inviato da Giorgio Napolitano, né appoggerà un qualsiasi esecutivo tecnico alternativo, neanche se a guida Giulio Tremonti. Umberto Bossi è stato chiaro. In un incontro a Palazzo Grazioli, andato in scena settimana scorsa, il leader in canotta ha dettato le condizioni per continuare a sostenere l’esecutivo: fuori i finiani.

Così, Silvio Berlusconi il 28 settembre deve ottenere la fiducia sui punti programmatici con 316 voti favorevoli, esclusi quelli di Futuro e Libertà. Se riuscirà, ci sarà una riorganizzazione dell’intero esecutivo. Alla Lega sarà assegnato anche il ministero dello sviluppo economico o quello dell’agricoltura, oggi in mano a Giancarlo Galan. Se il tentativo fallirà e la maggioranza starà in vita solo con il sostegno del gruppo di Italo Bocchino, Umberto Bossi ordinerà ai suoi di sfilarsi. Roberto Calderoli l’ha detto più che chiaramente. Con la terza gamba, rappresentata da Fli, “si rallenta o s’inciampa”.

Per il premier il momento è più che cruciale. E ad appena otto giorni dalla fiducia il risultato è ancora lontano. Al momento i voti certi sono 303. Di cui 237 del Pdl, 59 della Lega, 5 di Noi Sud e due del gruppo Misto, Francesco Nucara (eletto con il Pdl) e Francesco Pionati (eletto con l’Udc). In forse 3 liberaldemocratici e 5 dell’Udc (i quattro siciliani capitanati dal condannato in secondo grado per fatti di mafia Totò “vasavasa” Cuffaro e il campano Michele Pisacane). Totale 311. Sono quindi essenziali i cinque del Movimento di Raffaele Lombardo, indagato per concorso in associazione mafiosa e re delle geometriche politiche: domani varerà il quarto governo regionale con assessori di ogni provenienza, compreso il Partito Democratico. Così si arriva 316. Necessario anche il sostegno di Massimo Calearo. Ex numero uno di Federmeccanica e presidente del gruppo Calearo (l’azienda di famiglia che oggi ha circa 300 dipendenti), è stato eletto nelle file del Pd, poi passato all’Api di Francesco Rutelli e ora è pronto al grande salto: senza tante remore si è proposto al premier chiedendo in cambio il ministero dello sviluppo economico. Nell’esecutivo entrerà, come sottosegretario, anche Nello Musemici della Destra di Francesco Storace. Altra “pedina” giocata per allontanare ulteriormente Fini. L’ex ministro della salute non ha perso tempo e stamani da Taormina ha attaccato il presidente della Camera. “Due anni fa – ha ricordato Storace – lessi un’intervista in cui mi definiva il passato, ora gli dico: il passato ritorna”.

Con Calearo si arriva a 317. Basta una defezione e il gioco salta. Per questo da una parte il democristiano Vincenzo Scotti, veterano dei Palazzi, sta lavorando per raccogliere gli insoddisfatti dell’ombra parlamentare; dall’altra lo stesso Berlusconi si è attivato per risolvere la “crisi” Toscana: cinque (tre deputati e due senatori) del Pdl, capitanati da Alessio Bonciani, si sono ribellati contro il trattamento che Denis Verdini (pluri-inquisito per l’eolico in Sardegna, la nuova P2 e la gestione della sua banca) ha riservato loro, cacciandoli come “dissidenti”. Tra loro Deborah Bergamini, la “dama bianca” del premier, passata da Mediaset a capo del marketing Rai e poi approdata nel Pdl. Bergamini non entrerà n Fli, mentre gli altri quattro “dissidenti” toscani hanno lasciato intendere di aver accarezzato l’idea. Il premier li ha ricevuti settimana scorsa a Palazzo Grazioli, ma non è stato sufficiente. Così, tra mercoledì e giovedì, dovrà trovare un nuovo spazio in agenda. Verdini minimizza, “non c’è di che preoccuparsi”, ha detto. Forse, ma non a otto giorni dalla fiducia. Con il tentativo di dar vita al gruppo di responsabilità lanciato da Nucara il mercoledì e fallito il giovedì. E la manovra di avvicinamento, anch’essa naufragata, ai due deputati dell’Italia dei Valori: David Favia e Antonio Razzi.

Più si avvicina il voto più aumentano gli scettici. Secondo Pierferdinando Casini il premier “non troverà i 316 voti necessari”. E la finiana Angela Napoli sottoscrive. “Casini ha ragione, credo che Berlusconi non ce la farà perché in buona parte dei colleghi parlamentari credo prevalga l’etica, la morale e il senso di responsabilità. Altrimenti sarebbe una compravendita a cielo aperto, già la legge elettorale purtroppo impone di essere soggiogati al padrone di turno”. Se davvero “dovesse esserci un risultato positivo frutto di una vendita di cariche e incarichi non so come poi possano presentarsi ai cittadini”. I 35 deputati di Futuro e Libertà garantiscono il sostegno al premier. Il capogruppo di Fli alla Camera, Italo Bocchino, ribadisce che “il sostegno all’attuale esecutivo è garantito fino all’ultimo giorno”. E annuncia che “a breve arriveranno altri due deputati con noi”. Toscani? A otto giorni dal voto di fiducia i numeri continuano a non tornare. Il premier è ancora costretto al pallottoliere, conscio che la Lega le promesse le mantiene.