Politica

Micciché: “Lascio il Pdl, ma resto fedele a B.”

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio fonda il nuovo Partito del Popolo siciliano, ma si definisce berlusconiano. Attacca La Russa e poi chiede scusa. Queste sono solo le ultime contraddizioni e giravolte del suo agire politico

Il dado è tratto: Gianfranco Micciché lascia il Pdl e fonda il Partito del Popolo siciliano. Una sorta di Lega sud che dovrebbe fare da contraltare ai leghisti del nord. Il programma? Più sud e presa d’atto che la mafia sta scomparendo: “La situazione criminale è cambiata – dice Micciché al Corriere – e l’ultimo omicidio di mafia è avvenuto alcuni anni fa”.

Del resto Micciché, nella girandola di contraddizioni che hanno contraddistinto il suo agire politico degli ultimi tempi, su questi due punti ha tenuto sempre ferma la barra. Già un anno fa, infatti, parlava di Partito del sud a un convegno organizzato agli inizi di luglio da “Democratici siciliani”, la neonata associazione del capogruppo Pd in Assemblea regionale siciliana (Ars) Antonello Cracolici. E qualche giorno prima aveva annunciato a Klaus Davi: “La mafia nel tempo ha lasciato la Sicilia. Oggi la sento molto ma molto meno presente rispetto agli anni Novanta. Oggi è possibile un improvviso sviluppo della regione, anche perché pressione mafiosa non ce n’è. Almeno secondo la mia personale esperienza”. Sulla quale non c’è da dubitare. Qualche dubbio si potrebbe nutrire, invece, sulla sua passata frequentazione con l’imprenditore palermitano Mario Fecarotta, condannato per mafia a Palermo e coinvolto nell’inchiesta fiorentina sulla Protezione civile. Ma Micciché si è subito affrettato a prendere le distanze da quel personaggio: “Eravamo amici, ma non lo vedo da anni. Quando ho saputo cosa faceva, ho smesso di frequentarlo”.

Come il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al Cipe intenda collocarsi nel futuro scacchiere della politica siciliana non è ancora chiaro. Se ne va dal partito, ma dice di rimanere fedelissimo al suo mentore Silvio Berlusconi. E anche il rapporto con il governatore della Sicilia è ambiguo. Micciché sostiene che fino a ieri lui e Raffaele Lombardo erano come fratelli. Ma non è esattamente così. Alla vigilia delle ultime regionali siciliane, infatti, Micciché lanciò “Rivoluzione siciliana”, per contendere a Raffaele Lombardo la candidatura a presidente della Regione. Lombardo replicò: “Micciché nelle vesti del rivoluzionario Che Guevara non glielo vedo per niente” e sfumò il progetto di Micciché. Che, dopo essere rientrato nei ranghi, diede vita al Pdl Sicilia, accarezzando con Lombardo il progetto del Partito del sud. In parallelo cercò di convincere Cracolici e il senatore Pd Beppe Lumia, coi quali finora ha condiviso l’appoggio al governo regionale, a fare un Partito democratico siciliano. Adesso, alla vigilia del quarto governo siciliano, dal quale Micciché viene tenuto fuori, dice di essere stato lui a mollare Lombardo per incompatibilità col Pd. A dirlo è lo stesso Micciché che per qualche mese fu vicesindaco di Termini Imerese, ai vertici di una anomala giunta di centrosinistra più Mpa.

L’ultima giravolta è di oggi. Nell’intervista al Corriere ha dato del volgare e fascista a Ignazio La Russa? Perché non scusarsi subito dopo? “Non era mia intenzione offenderlo. Talvolta la dialettica politica è così serrata da indurci a considerazioni estemporanee. Spero che il ministro voglia accettare le mie scuse”. Stupefacente Micciché.