Cronaca

Il Viminale vieta alla polizia di telefonare all’estero. Non ci sono più soldi

I sindacati denunciano: a prefetture e uffici della Stradale è arrivata una circolare dal ministero dell'Interno che impone di disabilitare le chiamate internazionali

Se una telefonata allunga la vita, la sicurezza dei cittadini italiani ha i giorni contati. La disposizione arriva direttamente dal ministero dell’Interno, e impedirà alla polizia italiana di effettuare telefonate verso l’estero. “Operatività compromessa”, denunciano i sindacati. Ecco l’ennesimo taglio del governo alla voce Ordine pubblico e sicurezza. Ed è solo l’inizio: limitazioni potrebbero arrivare anche per le chiamate interurbane. Tutto perfettamente in linea con la politica dell’esecutivo. Nel 2009 aveva sforbiciato più di un miliardo alle Forze di Polizia, mentre quest’anno il budget complessivo è stato ridotto di altri 270 milioni, mentre ‘Immigrazione e accoglienza’ perde altri 380 milioni.

“È l’evoluzione naturale dell’ormai nota mancanza di benzina”, spiega Franco Maccari, da ventisette anni in polizia e segretario generale del Coisp, il sindacato indipendente di polizia, che ha lanciato l’allarme in un comunicato. “Nelle questure, negli uffici di frontiera e in tutti gli uffici di polizia stradale – spiega Maccari – stanno disabilitando le telefonate internazionali”.

Le disposizioni sono contenute in una circolare del Viminale, diramata attraverso un file criptato che non può uscire dagli uffici. Ma nella Prefettura e negli uffici della Stradale di Milano è già operativa. E se la prima segnalazione è giunta da una delle macroaree in cui è divisa la competenza territoriale per le telecomunicazioni delle forze di polizia, altre ne arrivano da uffici di Vicenza e Bologna.

Il danno è presto detto. La polizia stradale non potrà comunicare alle ditte di trasporti estere i fermi di veicoli pesanti che avvengono quotidianamente. E dagli uffici immigrazione nessuno sarà più in grado di contattare le ambasciate. Ilfattoquotidiano.it ha interpellato più volte l’ufficio stampa del ministero dell’Interno, senza però ricevere alcun chiarimento sulla vicenda.

L’8 settembre scorso, il comunicato del Coisp è stato ripreso anche da una interrogazione parlamentare al ministro Roberto Maroni. Un’iniziativa di Maurizio Turco, uno dei radicali eletti alla Camera con il Pd. L’interrogazione ad oggi attende risposta. Un ulteriore commento arriva da Gianmario Morello, segretario nazionale per il nord Italia della Confederazione sindacale autonoma di polizia (Consap): “Si tratta di un colpo durissimo, che avrà ripercussioni sociali sulla sicurezza dei cittadini”.

Nell’Italia del ministro Maroni e dei successi nella lotta alla criminalità organizzata, a certe cose si fatica a credere. Eppure i casi si moltiplicano, anche a livello locale. In una comunicazione del commissariato di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) si legge: “Per l’anno in corso non verranno più forniti blocchi verbalizzatori”. Dopodiché la raccomdazione “a un utilizzo più accorto di quelli in dotazione”. La disposizione, rivolta a tutto il personale in servizio, prevede la compilazione dei verbali  “solo ed esclusivamente” in caso di “fattispecie contravvenzionali pericolose”. Insomma, meno multe perché da Roma non mandano nemmeno la carta per i verbali.

“Nonostante le promesse, il governo non ha fatto niente per noi”, accusa Maccari. E rilancia: “Anzi, rivendica risultati che non gli appartengono. Dovrebbero vergognarsi”. Poi continua: “Le ditte private evitano i nostri appalti perché il ministero paga le fatture dopo tre o quattro anni”. E prosegue: “Addirittura il negoziante che fornisce il cibo per i cani poliziotto aspetta più di due anni”. Come fate allora? “Ci costringono a chiedere favori a contare sui rapporti di fiducia. Ma così si sfrutta la gente”. Lo stesso vale per la remunerazione delle missioni o degli straordinari agli agenti, che negli uffici si arrangiano come possono. “Ho dovuto metterli io i ventisei euro per il nuovo Codice della strada, quello in vigore da agosto”, ricorda sconsolato un agente della Stradale che però ci chiede di rimanere anonimo. Dopodiché confessa: “Ci mandano in giro con vetture che hanno più di duecentomila chilometri e in piena estate molti di noi indossano la divisa invernale”.

Franco Maccari conferma, e cita la recente consegna di una divisa datata 1989 (“c’era la targhetta”), ma anche una circolare dello scorso febbraio, in cui era disposto il blocco di qualunque riparazione alle autovetture perché i fondi, per quest’anno, sono già finiti.

Come si fa a lavorare così? “Spirito di servizio e disponibilità della gente nei confronti delle forze dell’ordine”, spiega Maccari. Che assicura: “Dovessimo eliminare tutto ciò che non è espressamente autorizzato e marchiato dal ministero dell’Interno, quasi tutti gli uffici sarebbero vuoti e inefficienti”.

E i risultati sbandierati da Maroni? “Non gli appartengono – ribatte seccato il sindacalista – . I politici non passano le notti insonni e senza mangiare, non fanno scorte, non fanno appostamenti, né ascoltano telefonate per ore”. Di più: “L’eccellenza di un arresto – garantisce Maccari – soprattutto nella lotta alla criminalità organizzata, è il frutto di anni di lavoro, decenni a volte”. E chiude: “Si vergognino delle frasi ad effetto, dei loro slogan. Non hanno fatto nulla per chi il crimine lo combatte davvero”.

Inevitabile il confronto con il mondo della scuola. Con i presidi e le famiglie che in questi giorni hanno denunciato le condizioni di aule, banchi, sedie. “Guardi che sono anche un padre – interrompe Maccari – . Quest’anno, nella scuola di mio figlio abbiamo comprato le cattedre e ogni famiglia ha versato settanta euro”.